Si intravedono rischi sul quadro programmatico nel caso in cui dovesse calare l’export e apprezzarsi il cambio dell’euro. Così il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e senato sul Def.
Le simulazioni realizzate, ha spiegato Alleva, “suggeriscono che i rischi relativi al quadro programmatico contenuto nel Def sono prevalentemente concentrati sul proseguimento delle condizioni favorevoli del commercio internazionale e del tasso di cambio nel 2016. Nel medio periodo il rafforzamento della domanda interna dovrebbe invece avvenire in linea con le previsioni contenute nel Def”.
“L’ipotesi di un apprezzamento del tasso di cambio dell’euro (+1%, a fronte del deprezzamento di circa l’1% ipotizzato nel Def) nel 2016, mantenuto poi costante nel triennio successivo, avrebbe un effetto negativo sulle esportazioni e, di riflesso, sul Pil: rispetto allo scenario presentato nel Def, in media d’anno si avrebbe una riduzione di 0,7 punti percentuali dell’export, unito a una riduzione dell’import di minore entità (0,3 punti percentuali), con una minore crescita del Pil di 0,2 punti percentuali. Nel periodo 2017-2019 non si avrebbero differenze rilevanti nel quadro macroeconomico poiché la crescita è prevista essere alimentata prevalentemente dalla domanda interna. Un effetto analogo sarebbe prodotto da una crescita più contenuta del commercio internazionale”, ha detto Alleva.
“Gli effetti indotti da un diverso scenario del prezzo del petrolio risulterebbero meno intensi. Ipotizzando un aumento del 5% del prezzo del petrolio al barile in dollari per ciascun anno a partire dal 2016, crescerebbe il valore delle importazioni e del deflatore dei consumi. L’impatto in termini reali sui consumi delle famiglie e sul Pil sarebbe comunque contenuto e pari a 0,1 punti percentuali nel biennio 2017-2018”.