Nel quadro europeo l’Italia mostra un notevole ritardo nei settori legati all’innovazione e alla ricerca. È quanto si legge nel rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile. Il nostro paese si colloca infatti molto al di sotto, rispetto alla media europea, per l’intensità della spesa per la ricerca e lo sviluppo, l’intensità brevettuale, la quota di occupazione nei settori high-tech e l’impiego di figure professionali altamente qualificate.
L’incidenza sul Pil, della spesa per ricerca e sviluppo, si è attestata all’1,38% nel 2014, in aumento rispetto all’anno procedente, ma ancora inferiore se paragonata alla quota dell’1,53% di Europa 2020. Solo il Nord si avvicina a questo traguardo, con un 1,5%.
Nel comparto industriale, nel triennio 2012-2014, meno delle metà delle imprese con 10 o più addetti (44,6%) ha investito sull’innovazione, quota che scende di 7,3 punti percentuali rispetto al triennio precedente. Solo un terzo delle imprese meridionali svolge attività di innovazione e la quota si riduce di 9,4 punti percentuali rispetto al triennio precedente.
Il 2015 ha visto un aumento dei lavoratori della conoscenza, arrivando a 15,9% del totale, rispetto al 15,5% del 2014 e al 13,4 del 2010. Un dato che diventa ancora più alto se si tiene conto dell’occupazione femminile, arrivando al 19,8%, che raggiunge il 21,7% nel Mezzogiorno, un livello superiore a quello rilevato sia al Nord (18,8%) che al Centro (20,3%).
Il rapporto sottolinea come gli italiani, tra i 15 e i 64 anni, che navigano in rete è il 63,4%, un dato inferiore alla media europea. Maglia nera è il Meridione, con una percentuale che arriva al 55%, in forte ritardo rispetto al Nord (68,4%), e al Centro (66,4%).