Un percorso lungo più di dieci anni, che finalmente pareva essere approdato a una svolta e che invece continua a procedere a singhiozzi. Il futuro dell’ex-BredaMenarinibus (Bologna, controllata da Finmeccanica) e dell’ex Irisbus (Flumeri, nell’avellinese, controllata da CNH Industrial di Sergio Marchionne), confluite nel 2014 newco Industria Italiana Autobus, resta ancora in penombra. Ieri è andato in scena il primo incontro al Mimit – presieduto dal Ministro Urso e dalla sottosegretaria con delega alle crisi industriali Fausta Bergamotto, alla presenza dei rappresentanti del Comune di Bologna, delle Regioni Campania ed Emilia-Romagna, i vertici del gruppo Seri Industrial, di Invitalia ed i rappresentanti dei sindacati confederali – dopo l’acquisizione del 98% della proprietà da parte Seri Industrial del Gruppo Civitillo risalente allo scorso 19 giugno. E ci si aspettava l’illustrazione del piano industriale da parte della nuova proprietà, ma non un approfondimento, non un documento esaustivo è stato fatto circolare, senonché le fasi dovrebbero essere due: la prima di risanamento, in cui affrontare e risolvere con risolutezza le decennali criticità di IIA, e una seconda di rilancio.
Ricapitoliamo. Fino a qualche mese fa la cordata di IIA era formata da tre soci: l’agenzia governativa Invitalia, entrata in IIA nel 2019 al 42,76%, che è arrivata a scadenza di mandato (cinque anni); Leonardo (ex Finmeccanica), presente dalla nascita di IIA nel 2014 e che a novembre 2023 aveva deciso uscire dall’azienda cedendo il suo 28,65%; la turca Karsan, detentore del 28,59%, che fino al 2014 aveva prodotto modelli di autobus su licenza per BredaMenarinibus. Ma le continue difficoltà finanziarie che hanno tenuto e continuano a tenere in stallo la produzione dei due siti di Bologna e Flumeri, nonostante le ripetute iniezioni di finanziamenti pubblici per provare a salvare l’azienda, hanno sostanzialmente portato allo scioglimento del trio e a spianare la strada a un nuovo attore. Seri Industrial, appunto.
Dall’acquisizione del 98%, Invitalia resterebbe a capo di una quota simbolica del 2%, a sostanziale garanzia per la corretta esecuzione del piano industriale e come supervisore di eventuali operazioni pregiudizievoli dell’interesse sociale o inadempienti dell’accordo. Una scelta che ha fatto storcere il naso ai sindacati di categoria Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil, Fismic e Uglm, “contrari al disimpegno del socio pubblico e preoccupati per il futuro di una fabbrica” anche per via della scarsa esperienza della famiglia Civitillo nell’automotive, specializzata invece com’è nel settore degli accumulatori di energia. Quella di Seri Industrial, tra le 23 manifestazioni d’interesse, è però parsa al Ministero l’unica offerta vincolante, impegnandosi a non trasferire o dismettere la società o asset produttivi e a tutelare i livelli occupazionali.
Ma soprattutto, in un balletto di conferme e smentite, già a giugno Seri Industrial ha palesato l’intenzione di intraprendere un’eventuale partnership internazionale per lo sviluppo e la produzione di veicoli ad alta tecnologia votati alla transizione ecologica (già da qualche tempo, infatti, circolava il nome del colosso cinese China City Industrial Group, in visita in entrambi gli stabilimenti e ricevuto a colloquio dal ministro Urso). E dopo l’incontro di ieri arriva la conferma: è imminente la stipula di un memorandum of understanding per la partecipazione in Industria Italiana Autobus di un primario attore cinese nel settore degli autobus con una quota del 25% nel capitale sociale. L`operazione, che risulta in uno stadio molto avanzato della trattativa, prevede inoltre un investimento finalizzato alla produzione di veicoli commerciali. La notizia segue anche le dichiarazioni del ministro Urso di alcune settimane fa, allineato sulla posizione di Seri Industrial, che aveva annunciato che il dicastero era al lavoro per la realizzazione di partnership di alto profilo con attori internazionali per il rilancio di Industria Italiana Autobus. L’ipotesi preoccupa i sindacati, poiché l’ingresso dei cinesi “consentirebbe l’accesso a componentistica a prezzi molto bassi, riservandosi comunque di proporre nelle gare i propri mezzi laddove IIA non fosse in grado di fornirli. Quest’ultimo particolare fa temere che IIA possa diventare in pratica un veicolo di commercializzazione di autobus prodotti in Cina”. Timori smentiti dal Mimit, poiché “il piano industriale di IIA prevede anzi di aumentare la produzione da 1 a 5 autobus al giorno, soddisfacendo pienamente le richieste del mercato con i mezzi realizzati in Italia. Gli accordi sottoscritti al Mimit prevedono che i prodotti – compresi anche i futuri autobus di IIA – siano “Made in Italy” e cioè soddisfino la regola di origine Ue, attraverso il mantenimento di una quota sostanziale di componentistica italiana”.
Quanto ai livelli occupazionali, Seri Industrial prevede una significativa espansione della base dei lavoratori (quasi 600 unità)per guidare la transizione verso l’elettrico: 60 nuovi dipendenti a Bologna (di cui 40 ingegneri per la divisione ricerca e sviluppo) e ulteriori 180 lavoratori finalizzata a Flumeri finalizzato all’incremento dei livelli produttivi. Quindi si scongiura il trasferimento dei 77 lavoratori emiliani in Irpinia e la conseguente chiusura dello stabilimento bolognese – oggetto di una dura contesa con i sindacati che ha portato al ritiro della procedura, ma che resta comunque sullo sfondo fino alla vera e propria presentazione e discussione del piano industriale – e si conferma l’intenzione di concentrare la parte produttiva in Campania e trasformare l’ex BredaMenarinibus in un polo di ricerca e sviluppo. Ma per i sindacati resta fondamentale conseguire continuità industriale e occupazionale in entrambi i siti di Bologna e di Flumeri e, avvertono, “in assenza di risposte riprenderemo le mobilitazioni”, manifestando quindi una certa diffidenza nelle promesse presentate.
Per parte propria l’azienda ha lamentato di aver trovato una situazione “estremamente complessa” al momento del suo insediamento, “frutto di anni di cattiva gestione: costi e tassi di inefficienza elevatissimi, con un livello di assenteismo superiore al 10%. Basti pensare – descrive Vittorio Civitillo, presidente di Seri Industrial – che nello stabilimento di Bologna, allo stato attuale, vengono prodotti 3 bus al mese (0,2 al giorno), mentre per ripristinare la redditività è fondamentale raggiungere l`obiettivo minimo di 3 mezzi prodotti al giorno. Allo stato attuale, il tasso di dispersione industriale è al 20% e l`azienda perde 30 milioni di euro l`anno”.
“Ora ci aspetta un percorso di risanamento e di rilancio dell`azienda – ha aggiunto -. Il piano industriale che presentiamo ha l`ambizione di incrementare la produzione, guardando con determinazione alla transizione verso l`elettrico potenziando l`area di ricerca e sviluppo di Bologna, che dovrà essere il cuore dell`azienda”.
Su intervento del Mimit e degli enti locali, riferisce il ministero, IIA e le organizzazioni sindacali torneranno a incontrarsi per approfondire il piano industriale e le relative azioni di rilancio dell’azienda, senza l’attivazione in questa fase di alcuna iniziativa unilaterale da parte della società. In programma un nuovo confronto con la proprietà, prima in sede locale e poi, il 16 settembre prossimo, a livello nazionale.
Elettra Raffaela Melucci