Sono stati diffusi oggi i risultati della 164ª edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica. Dopo un primo semestre 2022 caratterizzato da segnali contrastanti, l’attività produttiva metalmeccanica nel periodo luglio-settembre ha registrato un peggioramento.
Sulla dinamica produttiva, ancorché sulle previsioni, continuano a pesare gli ulteriori incrementi dei prezzi dell’energia e delle materie prime dovuti al prolungamento del conflitto russo-ucraino e la politica zero-covid adottata dalla Cina che contribuisce a creare sempre maggiori difficoltà nelle catene di approvvigionamento globali.
Nel terzo trimestre dell’anno in corso, infatti, i volumi di produzione in termini congiunturali hanno evidenziato una sostanziale stabilità (+0,1%), dopo il progresso dell’1,1% osservato nel secondo, mentre nel confronto con l’analogo periodo del 2021 sono diminuiti del 2,1%, in ulteriore calo dopo il -1,2% registrato nel precedente trimestre.
Complessivamente nel periodo gennaio-settembre 2022, la produzione metalmeccanica è mediamente diminuita dello 0,6% rispetto ai primi nove mesi del 2021, a fronte della variazione positiva fatta registrare invece dall’intero comparto industriale (+0.8%). Nell’ambito del settore si confermano andamenti produttivi tendenziali contrastanti nei diversi comparti. Nei primi nove mesi di quest’anno, infatti, sono diminuite in particolar modo le attività della Metallurgia (-7,9% rispetto allo stesso periodo del 2021) ma anche la fabbricazione di Prodotti in metallo (-3,9%) e quella di Macchine e apparecchi elettrici (-2,8%), mentre la produzione di Autoveicoli e rimorchi si è ridotta dell’1,6%. Sono invece aumentate le fabbricazioni di Computer, radio TV, strum. medicali e di precisione (+7,2%), degli Altri mezzi di trasporto (+3,5%) e delle Macchine e apparecchi meccanici (+2,1%).
Nei principali paesi dell’Unione europea, la produzione metalmeccanica è mediamente aumentata dell’1,8% nel confronto con i primi nove mesi del 2021. Con riferimento ai principali paesi europei, a fronte della variazione negativa registrata per l’Italia (-0,6%), l’attività produttiva è cresciuta in Spagna del 2,5%, in Francia dell’1,4%, mentre in Germania l’incremento è stato più contenuto e pari a +0,9%.
Nei primi nove mesi del 2022 le esportazioni metalmeccaniche sono mediamente aumentate del 13,5% nel confronto con l’analogo periodo del 2021, evidenziando una dinamica in attenuazione nel corso dei singoli trimestri, mentre le importazioni sono cresciute in misura maggiore pari al 23,2%. Occorre, inoltre, osservare che gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una forte crescita dei valori medi unitari.
Per quanto riguarda le aree di destinazione dei prodotti metalmeccanici, i flussi in uscita hanno fatto registrare un incremento più marcato per i prodotti diretti verso i paesi dell’Unione Europea (+15,0%) rispetto a quelli destinati ai mercati esterni all’area (+11,8%). Tra gennaio e settembre 2022 l’export settoriale diretto in Germania e in Francia è aumentato rispettivamente del 13,1% e del 12,2%, ancor di più verso la Spagna (+20,8%), l’India (+23,4%), la Turchia (+25,0%) e gli Stati Uniti (+25,3%) che si collocano al secondo posto come mercato di destinazione dei nostri prodotti metalmeccanici. All’opposto, sono diminuiti fortemente i flussi diretti in Russia (-19,5%) e, in misura più contenuta, verso la Cina (-4,3%).
Gli indicatori previsivi contenuti nell’indagine trimestrale confermano il peggioramento della congiuntura settoriale evidenziato nella precedente rilevazione. Le attese sono all’insegna di una contrazione dell’attività produttiva e di un ulteriore ridimensionamento dei livelli occupazionali. Il 23% delle imprese intervistate si dichiara soddisfatto del proprio portafoglio ordini, quota in discesa rispetto al 27% della scorsa rilevazione. Il saldo è negativo per la prima volta dai tempi della pandemia. Il 26% prevede incrementi di produzione a fronte del 28% che pronostica riduzioni. Il saldo è pertanto negativo per il secondo trimestre consecutivo. Il 17% ritiene di dover aumentare, nel corso dei prossimi sei mesi, gli attuali livelli occupazionali rispetto al precedente 21%. Si evidenzia, inoltre, un aumento della quota di imprese che giudicano cattiva o pessima la situazione della liquidità aziendale: 14%, valore raggiunto soltanto nei mesi immediatamente successivi alla pandemia. Le attese delle imprese sono inoltre fortemente condizionate dalle conseguenze economiche e umanitarie del prolungamento del conflitto russo-ucraino che continua a inasprire la spirale dei prezzi dei prodotti energetici e delle materie prime rendendo più complessa e onerosa l’attività produttiva delle imprese.
Al fine di valutare l’impatto dell’attuale fase economica sull’attività di investimento delle nostre imprese metalmeccaniche, Federmeccanica ha inserito alcune domande specifiche nel questionario dell’indagine congiunturale a cui hanno partecipato oltre 500 imprese. A fine settembre sono pari al 64% quelle che prevedono di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi.
Con riferimento alla tematiche ambientali, nel 63% dei casi le attività di investimento avranno ricadute positive sia sul risparmio energetico sia sulla sostenibilità ambientale. Il 30% delle imprese si focalizzerà solo sul risparmio energetico e il restante 7,0% invece sulla riorganizzazione processo produttivo e/o adozione di nuovi modelli di produzione; utilizzo materie prime seconde (es. recupero e riutilizzo scarti del processo produttivo); contenimento emissioni atmosferiche; riutilizzo/riciclo acque di scarico; ecc.. Per quanto riguarda le altre aree di investimento, le risorse finanziarie delle aziende saranno destinate per il 31% ad accrescere il capitale fisso (capannoni, macchinari ecc.), per il 26% a investimenti in tecnologia e digitalizzazione (es. Industria 4.0). A seguire troviamo allocazioni per la formazione (20%) e gli investimenti in ricerca e sviluppo (19%).
L’aumento dei prezzi del gas e dell’energia, oltre a quello delle materie prime, rende sempre più onerosa l’attività produttiva delle imprese e, infatti, i risultati dell’indagine mostrano come, in questo terzo trimestre, sia cresciuta la percentuale di imprese che risentono dell’impatto di tali rincari sui costi di produzione: 83% in salita dal precedente 79%. Nel 51% dei casi gli elevati costi delle materie prime e dell’energia hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva, nel 23,0% si è verificata una riduzione dell’attività di investimento, mentre il 18% ha dichiarato altre conseguenze. La percentuale di imprese che ha indicato come possibile conseguenza l’interruzione dell’attività aziendale è stata pari all’8% , era il 7% nel secondo trimestre e il 4% nel primo. L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche continua a ripercuotersi sui prezzi alla produzione e nel settore metalmeccanico, che risulta il maggior utilizzatore di metalli, a settembre i prezzi alla produzione sono aumentati in termini tendenziali del 10,3%. Tali dinamiche hanno un impatto negativo sulla competitività di molte imprese e stanno fortemente ridimensionando i margini di profitto ulteriormente erosi dall’incremento dei costi dell’energia: il 74% delle imprese ha registrato una riduzione del Margine Operativo Lordo, dopo il 68% ottenuto nella precedente rilevazione e il 62% di fine marzo.
Infine, il 52% delle imprese partecipanti all’indagine sta risentendo delle ripercussioni del conflitto russo-ucraino: il 60% prevede una contrazione dell’attività produttiva (era il 54% nella scorsa rilevazione), mentre il 5% corre il rischio di doverla interrompere; il 16% (in salita dal precedente 12%) prospetta la riduzione dell’attività di investimento e nel 20% dei casi si sono verificati altri effetti.
E.G.