Questa mattina due ore di sciopero in uscita per tutti i lavoratori dei settori dell’edilizia e della metalmeccanica proclamato da Fillea-Cgil, Feneal-Uil, Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil di Bologna dopo l’incidente mortale che ha coinvolto Francesco D’Alò, addetto alla segnaletica stradale, in un cantiere di Autostrade per l’Italia, travolto, insieme ad altri colleghi, rimasti feriti, mentre stava lavorando sulla tangenziale di Bologna. Contestualmente si terrà un presidio alla rotonda in via del Triumvirato, in prossimità dell’uscita 4 della tangenziale.
L’incidente, sottolineano i sindacati in un comunicato unitario, è accaduto a un anno esatto dalla tragedia alla centrale elettrica di Bargi, dove sono morti 7 lavoratori, “di cui ad oggi, ancora non si sa nulla su cosa sia accaduto e di chi siano le responsabilità”, e il giorno dopo la chiusura delle indagini sulla morte di Attilio Franzini, morto nella stazione di San Giorgio di Piano, l’ottobre scorso, mentre era impegnato nella manutenzione della rete ferroviaria, investito da un treno, perché la linea era stata riaperta prima del previsto senza che i lavoratori, ancora sui binari, venissero avvisati.
“Oltre ad esprimere il nostro profondo cordoglio e la nostra vicinanza ai familiari, ci costituiremo parte civile nell’eventuale processo perché incidenti come questi colpiscono tutti i lavoratori ed esortiamo le autorità preposte ad accertare quanto prima dinamica dei fatti ed eventuali responsabilità”, dichiarano il segretario generale della Fillea-Cgil di Bologna, Luca Simonazzi, il segretario generale della Feneal-Uil di Bologna, Riccardo Galasso, il segretario generale della Uilm-Uil di Bologna, Stefano Lombardi, il segretario generale della Fiom-Cgil di Bologna, Simone Selmi, e il segretario generale della Fim-Cisl AMB, Massimo Mazzeo. “Ancora una volta ci troviamo nella condizione di dover denunciare che la mancanza di sicurezza sia un fattore strutturale, se non strategico, del modo di fare impresa in questo paese, e che i numeri impietosamente ci dicono che la vita dei lavoratori viene continuamente messa in secondo piano rispetto ai profitti delle imprese. I morti sul lavoro sono nei fatti un rischio calcolato di questo sistema produttivo”.
“Più in particolare – aggiungono – da troppo tempo continuiamo a denunciare la sempre maggiore compressione dei tempi di esecuzione nelle manutenzioni ferroviarie e stradali, dei sempre maggiori pericoli derivanti da interferenze tra lavorazioni diverse, eseguite in contemporanea, dalla compresenza di molteplici aziende in appalto e subappalto, dall’applicazione di molteplici contratti nazionali, dall’elusione degli obblighi contrattuali di formazione dei lavoratori sulla sicurezza. In cantieri come questi troviamo sempre più spesso lavoratori, impegnati in lavorazioni edili, dipendenti di aziende in appalto e subappalto, a cui vengono applicati i contratti della metalmeccanica, come probabilmente in questo caso, dell’agricoltura o dei multiservizi, in una mera logica di risparmio sul salario, sulla formazione e sulla sicurezza”.
“È necessario un cambiamento radicale – concludono – che coinvolga tutto il tessuto produttivo del Paese, che metta al centro la sicurezza di lavoratrici e lavoratori e che faccia della qualità del lavoro nel suo complesso un fattore strategico di sviluppo delle imprese e del sistema economico”.