Pagine che suonano come un manifesto identitario, un’affermazione di chi siano e che cosa facciano i navigator. È questa l’anima del libro Navigator (a vista). Storia e storie del reddito di cittadinanza realizzato da ANNA, l’Associazione nazionale navigator e pubblicato da Mimesis. Poco più di 300 pagine che ci trascinano in un viaggio dalla rotta non sempre definita, nel quale i gorghi, i mulinelli e le secche delle vite dei beneficiari del reddito di cittadinanza e dei navigator si fondono e si confondono in un intreccio dal quale emergono paura per il futuro, sconforto, esclusione, frustrazione, ma anche voglia di mettersi in gioco, dimostrare alla società, ma prima di tutto a se stessi, che ancora si vale qualcosa e qualcosa di buono lo si può ancora fare. Non un saggio asettico su come funziona il reddito e i compiti dei navigator, ma una bussola, una sorta di diario di bordo, delle memorie fatte di persone e umanità, di ossa e carne.
La narrazione inizia con la selezione dei futuri navigator, nell’estate 2019. 80mila domande per poco meno di 3mila posti disponibili. Uno dei concorsi più partecipati degli ultimi anni. Insomma una botta di adrenalina per la gestione pubblica delle politiche attive, sotto stanziate e con un personale insufficiente e dalle competenze non sempre al passo con le trasformazioni del mercato del lavoro. Un esercito in prevalenza di donne, con un’età media di 35 anni e una laurea magistrale come titolo minimo, che da lì a poco avrebbe pacificamente invaso i centri per l’impiego.
Questi nuovi operatori, dal nome quasi esotico, descrivono il primo contatto con la realtà di quelli che una volta si chiamavano uffici di collocamento come una sorta di allunaggio, l’approdo in una terra vergine e non ancora esplorata. Si sentono dei pionieri, degli esploratori e sanno che la loro impronta è la prima di questo genere. In effetti mai era esistita una figura come quella dei navigator nel calderone delle politiche attive, un unicum, molto probabilmente destinato a estinguersi alla fine di quest’anno. Come ci accoglieranno? Che cosa andremo a fare? Sono queste le domande che si accavallano nella testa dei navigator al momento della presa di servizio. Ossia quello che devono fare lo sanno benissimo. Infatti, dopo aver vinto il concorso, hanno avuto, per tutta l’estate, giorni e giorni di formazione. Ma sono altrettanto consapevoli che un conto è il manuale, l’altro è applicare e concretizzare la teoria sulle vite dei beneficiari, sui loro bisogni e le loro richieste. Insomma il primo e decisivo passo per diventare navigator a tutti gli effetti.
I beneficiari, dicevamo, perché alla fine, raccontano i navigator, i veri protagonisti del reddito di cittadinanza sono loro. Un microcosmo, uno spaccato di umanità con tante storie diverse. C’è il giovane neet, lontano dal mondo della formazione e del lavoro, la donna di mezza età con bassa scolarizzazione che per tutta la vita si è divisa tra la cura per la famiglia e lavori saltuari al nero. E ancora il bracciante agricolo, lo stagionale, il muratore. Chi da poco ha perso il proprio lavoro, magari a causa della pandemia, ed è fiducioso di poterne trovare uno nuovo abbastanza rapidamente. Chi, invece, un’occupazione non ce l’ha da molto tempo e deve aggiornare le proprie competenze per tornare a essere nuovamente appetibile dalle aziende. Chi ha buone competenze informatiche, e chi non sa compilare un curriculum o inviare una email. Chi si esprime prevalentemente in dialetto. Italiani e straniere, alcuni con lauree altamente qualificanti, ma che non sono riconosciute nel nostro paese. Molti varcano la soglia del centro per l’impiego con il primitivo e inconfessabile desiderio di ricevere una parola di conforto, un impulso a rimettersi in carreggiata, altri sono più consapevoli del loro valore, di quello che sanno fare e di quello che vogliono imparare di nuovo. Esperienze e desideri diversi che richiedono, come si legge nelle parole dei navigator, percorsi personalizzati e non standardizzati.
È grazie alla narrazione di questa quotidianità che si può avere una fotografia autentica su che cosa facciano i navigator, su chi siano i percettori del reddito di cittadinanza e su quello che avviene ogni giorno all’interno dei centri per l’impiego. Riprendendo l’immagine del viaggio, quello dei navigator è stato disseminato di intralci, buche e ostacoli più o meno grossi, attacchi politici e gogna mediatica. Alle difficoltà burocratiche, legislative e informatiche, basti pensare alle problematicità riscontrate dai vari attori istituzionali a interagire tra loro, si devono sommare le diversità territoriali dovute alla regionalizzazione delle politiche attive, per cui fare il navigator in Lombardia o Emilia Romagna non è la stessa cosa che esserlo in Calabria o Campania.
Tommaso Nutarelli