Tra i manager italiani Franco Bernabè ha una delle carriere più interessanti. A capo dell’Eni negli anni di transizione post Mani Pulite, poi della Telecom travagliata dalle scalate, poi ancora presidente dell’ex Ilva, con tutti i suoi guai. Nel mezzo, incarichi di prestigio in banche internazionali come in compagnie petrolifere cinesi, nonché membro del ristretto “club” Bildelberg. Questa premessa per dire due cose: la prima, che quando parla -di economia, di geopolitica, di industria o di quant’altro- Bernabè sa perfettamente quello che dice; e, seconda cosa, non ha paura di dire quello che pensa. Nel suo ultimo libro, scritto assieme a Paolo Pagliaro (“In trappola: ascesa e caduta delle democrazie occidentali”) non mostra infatti alcun timore revenziale nel picconare idee correnti e consolidate, spiazzando continuamente il lettore fin dal primo capitolo, nel quale smonta scientificamente e spietatamente un idolo del progressismo mondiale come Bill Clinton. Capitolo che, tanto per non mandarla a dire, si intitola “Un disastro iniziato con Clinton”.
Le colpe che Bernabè attribuisce all’ex presidente americano sono molte e varie, a partire dall’aver creato le condizioni per la crisi dei subprime del 2007, riverberata poi nella drammatica crisi finanziaria mondiale degli anni successivi, che a sua volta ha gettato le basi per la crescita del populismo oggi dilagante in occidente. “La presidenza Clinton -scrive – è considerata uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo mondo. Ma nel senso opposto a quello che sostiene la vulgata progressista. Io penso che con Clinton sia iniziato il declino dell’Occidente e soprattutto il declino della democrazia’’. E tuttavia, Clinton continua a essere un faro per i democratici di tutto il mondo: nel corso dei suoi mandati, ricorda Bernabè, c’è stata una crescita economica ininterrotta, 22 milioni di nuovi posti di lavoro, l’inflazione al 2 per cento, la disoccupazione al 4 per cento, e una super crescita della capitalizzazione di borsa. ‘’Un’età dell’oro’’, insomma. Che però oggi presenta il conto. Non solo agli Usa, ma a tutto l’occidente: ‘’è stata decisiva la sua idea (…) di fare un mondo a immagine e somiglianza degli Stati Uniti. Questo ha innescato paradossalmente il declino dell’occidente’’. In sintesi: Clinton ha commesso ‘’un peccato di grave presunzione intellettuale”.
Bernabè analizza con identica spietatezza anche le debolezze del nostro continente, sottolineando l’incapacità dell’Europa di realizzare una vera integrazione, lasciandosi lentamente soffocare da una burocrazia ottusa: ‘’la verità è che il mondo è cresciuto, l’Europa no. Si è ridotta al ruolo di paladina dei consumatori, sentinella dell’efficienza della riduzione dei prezzi. Un po’ poco’’. E varrebbe la pena di chiedersi, a questo punto, quanto abbia senso “l’idea di un progetto federale con una ’integrazione politica tra paesi cosi diversi”.
Altri concetti spiazzanti rispetto al pensiero comune sono quelli relativi alle sanzioni alla Russia: “l’errore dell’occidente è stato quello di sottovalutare la capacità di adattamento del sistema economico a un cambiamento cosi radicale”, afferma Bernabe’. Oltre a non aver ottenuto di far desistere Mosca dall’aggressione all’Ucraina, spiega, si sono create le condizioni per dare benefici alla Cina e consentire alla Russia di rafforzare ulteriormente il proprio apparato bellico. Inoltre, il blocco delle riserve valutarie russe ha disorientato altre banche centrali non occidentali, “che hanno iniziato a rimpatriare le riserve auree detenute all’estero”. Senza contare che la privazione del gas russo a basso costo sta mettendo in ginocchio le industrie tedesche, e non solo quelle.
Critiche anche al Green deal: “tutta l’industria meccanica e automobilistica europea rischia di scomparire’’, lasciando al suo posto ‘’tanto rancore’’. Sulla sempre più drammatica crisi del clima, Bernabè si dice ‘’ottimista” e non “catastrofista’’: non è prossima la fine dell’umanità, “c’e’ semmai un problema di adattamento”; ma se “vogliamo essere proprio pessimisti, e crediamo all’estinzione, vorrà dire che dopo di noi ci saranno forme di vita ancora più evolute’’. Cinquantasei milioni di anni fa un episodio di riscaldamento globale “ha determinato effettivamente un’estinzione di alcune specie. Ma ha determinato anche un’esplosione di vita di altre specie, a cominciare dai mammiferi’’. E ancora: “Il deserto del Sahara ottomila anni fa era verde’’, e la vite un tempo si coltivava in Inghilterra. “Insomma, il clima muta, e con esso la vita’’. Basta adattarsi.
Ma è praticamente impossibile rendere nelle poche righe di una recensione un insieme di pensieri variegato come quelli che il manager esprime nel colloquio con Pagliaro, spaziando dall’economia alla religione, all’informazione, alla demografia alla politica. E ovviamente anche all’intelligenza artificiale, con un ennesimo giudizio controcorrente: ‘’non è intelligente, perché non capisce quello che dice”, ma soprattutto non e’ intelligente perché ‘’non è in grado di confrontarsi, scambiare opinioni: sta li, in una cassa di ferro, a consumare elettricità.” E ancora, parlando dell’occupazione, Bernabè si dice convinto che il lavoro sarà sempre più una parte poco rilevante nella vita degli individui, perché stiamo andando verso quella che definisce una “welfarizzazione del reddito’’: “già adesso -osserva- abbiamo 22 milioni di pensionati e 23 milioni di lavoratori, siamo già quasi in una situazione in cui il non lavoro prevale sul lavoro. Questa tendenza non si invertirà, ma soprattutto non si invertirà in occidente”. Quanto all’Italia, ‘’se è cresciuta negli ultimi cinque o sei anni è grazie alle riforme di metà degli anni Dieci”, quelle, in sostanza, del governo Renzi: il Jobs act, gli interventi di defiscalizzazione, i super ammortamenti, il Patent box, l’Industria 4.0. Oggi abbiamo un paese dove ‘’la natalità ristagna e i giovani più brillanti se ne vanno”, mentre per rimettere in moto il paese servirebbe “una visione di lungo periodo e iniziative coraggiose, che la politica non è in grado di proporre’’.
L’ultima domanda che Pagliaro rivolge al suo interlocutore è sulla probabilità di una nuova guerra mondiale: e Bernabè non la esclude, ricordando come talvolta le grandi svolte siano state causate ‘’da traumi profondi come una guerra’’. Ma, dice, ‘’la speranza è che questa volta non serva, e che l’Occidente ritrovi lo scatto di orgoglio necessario per ripartire’’. (Diversamente, finiremo come i dinosauri, e speriamo davvero che, dopo, arrivi una qualche specie più evoluta). Come già detto, un libro spiazzante, ma certamente pieno di spunti di riflessione. E a questo proposito, val la pena di ricordare che nell’ormai lontanissimo 2012 Bernabè aveva dato alle stampe per Laterza “Libertà vigilata: privacy, sicurezza e mercato della rete”: un breve saggio dedicato ai nuovi rischi che la diffusione di internet avrebbe portato per la sicurezza e la riservatezza delle informazioni, e alle conseguenze che questo avrebbe avuto sulle società democratiche. Timori, i suoi, che all’epoca sembravano perfino un filo eccessivi; e che invece abbiamo verificato, anno dopo anno, quanto fossero esattamente fondati.
Nunzia Penelope
Titolo: In trappola- ascesa e caduta delle democrazie occidentali (e come possiamo evitare la Terza guerra mondiale)
Autori: Franco Bernabè e Paolo Pagliaro
Editore Solferino
Collana Ritagli
Pagine 240
Data di pubblicazione 2024
Prezzo 17,90 euro
ISBN 9788828215677