Mi si nota di più se ci vado o se non ci vado? Se ci vado e mi metto in un angolo della piazza a vedere l’effetto che fa, oppure se me la guardo in televisione così non mi comprometto? Ma, dando per scontato che l’iniziativa lanciata da Michele Serra su “Repubblica” è in teoria giusta, anzi sacrosanta, cioè una manifestazione per un’Europa più giusta e non guerrafondaia, la domanda che ci si pone è se sia possibile oggi un’Europa di questo genere o se, invece, scendere in piazza oggi per l’Europa non significhi appoggiare l’Europa che esiste. Quella, per intenderci, che oggi propone di spendere 800 miliardi di euro per il riarmo e quasi nient’altro per tentare (almeno tentare) di rimettere a posto questioni cruciali per la vita dei cittadini europei, la sanità prima di tutto, la scuola, la formazione, la povertà e via elencando.
E’ infatti evidente che, vista la situazione economica dei 27 Paesi dell’Unione, se investi in armamenti non potrai farlo per altri problemi piuttosto urgenti. Ed è altrettanto evidente – basta conoscere un po’ di storia – che più armi si possiedono e più diventa necessario usarle. Altrimenti possederle per farle riposare nei magazzini non avrebbe alcun senso. Si risponde a questa obiezione che invece servono come deterrente, cioè per far capire a Vladimir Putin che l’Europa sa come difendersi e che quindi non si azzardasse ad attaccare uno dei nostri Paesi, magari quelli che confinano con la Russia e che fino a 40 anni fa facevano parte dell’Unione sovietica. Può darsi che sia vero, anche se tutti sappiamo che per costruire un esercito europeo degno di questo nome e sufficientemente armato per fronteggiare l’armata russa ci vorranno diversi anni, forse dieci.
Lasciamo allora perdere quella che è l’Europa di oggi e scendiamo in piazza sabato 15 marzo per auspicare e rivendicare un’altra Europa, quella appunto che dovrebbe seguire l’indicazione di Sandro Pertini che risale a una quarantina di anni fa: “Si svuotino gli arsenali e si colmino i granai”.
Ma questo giusto monito del Presidente più amato dagli italiani oggi suona purtroppo utopico: il disimpegno trumpiano dall’Europa e dalla guerra ucraina ci mette in una condizione di estrema debolezza di fronte al pericolo russo, e così scegliamo la risposta che sembra più semplice e più convincente per i cittadini: armiamoci e difendiamoci. Peccato che si tratti di pura propaganda, utile solo a racimolare qualche consenso qui e là, ma totalmente inefficace anche dal punto di vista di chi la propone (Ursula von der Leyen), che conosce molto bene i limiti economici, organizzativi e politici dell’Unione che presiede.
Non a caso si tratta di una linea che divide l’opinione pubblica e i partiti che la rappresentano, sia a destra che a sinistra. Nella maggioranza che governa l’Italia per esempio possiamo registrare non solo la ferrea opposizione del leghista Salvini al piano di Ursula, ma anche i profondi dubbi della nostra premier. La quale continua a galleggiare in mezzo all’Atlantico senza riuscire a scegliere su quale sponda le convenga approdare.
E la sinistra, anzi il centrosinistra che fa, che dice? Tanto per cambiare si divide, almeno in Italia. Si divide tra il Pd e i partiti centristi (Renzi e Calenda) e all’interno dello stesso Partito democratico. Il quale nella sua maggioranza che sostiene Elly Schlein si dichiara contrario al riarmo europeo, scontando però non solo un isolamento europeo visto che tutti gli altri socialisti del continente sono d’accordo con Ursula, ma anche una seria spaccatura interna. Che, come sempre, vede i cosiddetti riformisti da una parte e i sostenitori della leader dall’altra. E infatti il voto sulla risoluzione proposta da von der Leyen ha visto il Pd dividersi in tre pezzi tra chi si è astenuto secondo l’indicazione della segretaria, chi ha votato sì, e anche qualcuno che ha votato no. Ovviamente la linea dell’astensione è stata una sorta di furbo escamotage per evitare uno scontro con il gruppo dirigente europeo e con molti eurodeputati pidini, ma anche un modo per non scontentare tutti quegli elettori di sinistra che pensano che il riarmo sia un ostacolo alla pace.
E allora per quale Europa scenderemo in piazza sabato prossimo? Questo è il dilemma amletico che non sarà risolto né prima né durante né dopo la manifestazione. Il risultato sarà che ognuno parteciperà con la sua idea di Europa, per molti l’Europa che non c’è. Come l’isola di Peter Pan.
Maurizio Ricci