Anche Gianfranco Rastrelli ci ha lasciato. E’ un altro collega che esce di scena, una persona cha ha fatto parte della mia generazione. Dopo Pierre Carniti, Giacinto Militello ed Aris Accornero. Non fa differenza che fossero più grandi di me. Hanno vissuto un’importante esperienza sindacale nella medesima epoca in cui c’ero anch’io. Abbiamo lavorato insieme. Con Rastrelli ho fatto parte della segreteria confederale della Cgil dal 1987 fino alla sua uscita per andare a dirigere il sindacato pensionati al posto di Arvedo Forni.
Essendo io il segretario che aveva la responsabilità delle politiche sociali mi adoperai per favorire questo ricambio e proposi come segretario generale aggiunto dello Spi, Raffaele Minelli, uno dei migliori quadri socialisti di quel periodo. Per la contiguità dei ruoli la collaborazione con Gianfranco divenne molto stretta e leale. Da leader dello Spi – una vera e propria potenza sul piano sindacale – accettò con correttezza le mie eresie in materia di previdenza e di politiche del welfare, dimostrando una tolleranza che non ho trovato in altri compagni. Anche se – tutto sommato – non ho nulla di cui lamentarmi nei confronti della Cgil, dalla quale ho ricevuto sempre e comunque più di quello che ho dato. La vita ci fece incontrare nuovamente al di fuori del sindacato.
Dopo una sola legislatura (dove era stato vice presidente della Commissione Lavoro della Camera) Gianfranco non fu più rieletto. Il governo di allora lo nominò nel consiglio di amministrazione dell’Inpdap, dove io svolgevo il compito di presidente del Collegio dei Sindaci. Ci incontravamo, spesso, in treno sulla medesima linea, come pendolari di fine settimana. Poi le nostre strade si divisero del tutto. Addio Pennellone (così lo chiamavamo per la sua statura)! L’Italia di oggi non merita più persone come te: serie, riservate, competenti. Convinte delle proprie idee ma comprensive con quelle degli altri.
Giuliano Cazzola