Con la Brexit è andata in scena a Piazza Affari la Caporetto delle banche italiane, che hanno registrato perdite intorno ai venti punti percentuale, mai registrate prima. Nonostante la Bce abbia assicurato di essere pronta a garantire liquidità addizionali, se necessario, in euro e in valute estere, a Milano, così come nel resto d’Europa, sono stati i titoli bancari a essere i più colpiti dal risultato del referendum britannico.
A Piazza Affari, tra le blue chip, Bper ha lasciato sul terreno il 24,61%, Bpm il 24,28%, Unicredit il 23,79%, Banco Popolare il 23,3%, Intesa Sanpaolo il 22,94%, Mediobanca il 21,22%, Ubi il 20,69%. Unicredit, alle prese con la ricerca del nuovo Ceo, è scivolata a quota 2,076, portando la sua capitalizzazione a scendere a 12,8 miliardi. Un anno fa valeva tre volte tanto. In una nota questa mattina il ministero del Tesoro, che ha riunito il Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria, aveva cercato di assicurare il mercato affermando che i fondamentali del nostro sistema bancario “restano solidi” e che, “in un contesto di volatilità generalizzata a livello globale, le autorità stanno seguendo con attenzione la situazione”.
Ma a essere in ginocchio è stato l’intero comparto creditizio europeo: la spagnola Santander, molto presente nel Regno Unito, ha perso il 19,89%, Bankia il 20,78%, Bbva il 16,18%. A Francoforte Deutsche Bank ha ceduto il 14,13%, Commerzbank il 12,99%; a Parigi Credit Agricole il 14%, SocGen il 20,57%, Bnp Paribas -17,4%; a Zurigo Credit Suisse il 13,4%, Ubs l’11%.
Peggio della performance delle italiane hanno fatto le banche della Grecia: Eurobank -30%, Alpha Bank -29,66%, National Bank of Greece -28,57%, Piraeus Bank -29,6%.