Il Consiglio Competitività dell’Ue ha concordato e adottato oggi a Bruxelles il suo “orientamento generale” (che ora difenderà nel negoziato con il Parlamento europeo) riguardo alla direttiva sul “dovere di diligenza” in materia di sostenibilità ambientale e rispetto dei diritti umani da parte delle grandi imprese dell’Ue o con un fatturato rilevante nell’Ue.
La direttiva sul dovere di diligenza (proposta dalla Commissione europea nel febbraio scorso) stabilisce norme e obblighi, per le aziende che rientrano nel campo di applicazione, in merito agli effetti negativi, effettivi o potenziali, sui diritti umani e sull’ambiente, causati dalle loro operazioni e da quelle delle loro controllate, e anche dalle attività svolte dai loro partner commerciali diretti e indiretti con cui hanno rapporti consolidati, ovvero lungo tutta la catena del valore a monte (e solo in parte a valle) della produzione.
Gli obblighi da rispettare sono definiti in base a un lungo elenco di convenzioni internazionali relative alla protezione dell’ambiente e alla tutela dei diritti umani, contenuto nell’allegato 1 della direttiva.
La direttiva contiene anche norme sulle sanzioni in caso di violazione degli obblighi previsti e sulla responsabilità civile nei confronti delle persone danneggiate da queste violazioni.
Ogni impresa interessata, inoltre, dovrà adottare un piano che assicuri che il suo modello di business e la sua strategia siano compatibili con l’accordo di Parigi sul taglio delle emissioni a effetto serra.
L’accordo di oggi è stato possibile grazie a un compromesso, preparato nei giorni scorsi dalla presidenza di turno ceca del Consiglio Ue e dai rappresentanti permanenti degli Stati membri presso a Bruxelles, che ha accettato la richiesta della Francia e di altri paesi di escludere sostanzialmente il settore finanziario dal campo di applicazione obbligatorio della direttiva (ma con la possibilità per ogni paese di includerlo nella propria legislazione nazionale).
Un altro elemento che ha permesso l’accordo è stato la proposta, da parte della presidenza di turno ceca, di un compromesso riguardo alla definizione di “catena del valore”, che è stata sostituita da quella finora inedita di “catena di attività”. In questo modo, in sostanza, verranno parzialmente escluse dal campo di applicazione della direttiva le attività dei partner commerciali a valle (“downstream”) della catena del valore (distribuzione, trasporto, stoccaggio, gestione dei rifiuti e riciclaggio), ovvero, come spiega una nota del Consiglio, “la fase di utilizzo dei prodotti dell’impresa o la fornitura di servizi”.
Le nuove norme sul dovere di diligenza si applicheranno innanzitutto alle società a responsabilità limitata dell’Ue con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale che supera i 150 milioni di euro; al di sotto di queste due soglie, entreranno nel campo di applicazione inoltre le altre Srl che operano in determinati settori a impatto elevato, e che hanno più di 250 dipendenti e un fatturato netto a livello mondiale pari o superiore a 40 milioni di euro. Per questo secondo gruppo di società, le norme inizieranno ad applicarsi due anni dopo rispetto al primo gruppo.
Le imprese del primo gruppo dovranno predisporre anche un piano per garantire che la loro strategia commerciale sia compatibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 °C, in linea con l’accordo di Parigi.
Un terzo gruppo riguarda infine le imprese di paesi terzi attive in Europa con una soglia del fatturato generato nell’Ue in linea con le soglie del primo e secondo gruppo.
I settori definiti “a impatto elevato” sono in particolare: tessile, abbigliamento, cuoio e calzature; agricoltura, foreste, animali vivi, legname, pesca e acquacoltura; alimentare e bevande; estrazione di minerali (incluse le fonti energetiche), manifattura di metalli, commercio di materie prime e di e minerali di base e intermediari.
Il compromesso del Consiglio Ue ha introdotto, in più, un approccio graduale per quanto riguarda l’applicazione delle norme stabilite nella direttiva alle diverse tipologie di imprese. Le norme si applicherebbero in primo luogo alle aziende molto grandi, con più di 1000 dipendenti e 300 milioni di euro di fatturato netto mondiale (e, per le imprese extra Ue, 300 milioni di euro di fatturato netto generato nell’Unione), a tre anni dall’entrata in vigore della direttiva (che a sua volta è prevista due anni dopo l’adozione formale).
Per le altre aziende, sempre secondo il compromesso, l’applicazione avverrebbe quattro dopo l’entrata in vigore per le Srl con più di 500 dipendenti e un fatturato netto a mondiale oltre i 150 milioni, e cinque anni dopo per le imprese nei settori a impatto elevato con oltre 250 dipendenti e un fatturato netto a partire da 40 milioni di euro.
Al fine di rispettare il dovere di diligenza, le imprese devono: 1) integrarlo nelle politiche aziendali; 2) individuare gli effetti negativi reali o potenziali sui diritti umani e sull’ambiente; 3) prevenire o attenuare questi effetti potenziali; 4) porre fine agli effetti reali o minimizzarli; 5) istituire e mantenere una procedura di denuncia; 6) monitorare l’efficacia delle politiche e delle misure messe in atto in virtù del dovere di diligenza; 7) darne conto pubblicamente.
Le imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della proposta dovranno adottare misure adeguate (“obbligatorietà dei mezzi”), tenendo conto della gravità e della probabilità dei diversi effetti.
Gli Stati membri dovranno designare una autorità amministrativa nazionale responsabile del controllo di queste nuove norme, che potranno imporre sanzioni “efficaci, proporzionate e dissuasive” in caso di inosservanza degli obblighi. A livello europeo, la Commissione istituirà una rete che riunirà i rappresentanti di questi organismi nazionali, per garantire un loro approccio coordinato.
Gli Stati membri, infine, dovranno garantire che le vittime dell’eventuale inosservanza di queste norme da parte delle imprese abbiano la possibilità di intentare azioni legali per il risarcimento dei danni che avrebbero potuto essere evitati con le misure adeguate previste dal dovere di diligenza.
Il Parlamento europeo non ha ancora adottato la sua posizione negoziale sulla proposta di direttiva, che è attesa per l’inizio del 2023. Successivamente, cominceranno i negoziati a tre col Consiglio Ue e la Commissione per arrivare all’adozione finale del testo.
E.G.