Sono ripresi oggi, a Roma, gli incontri del negoziato sindacale relativo alla progettata acquisizione del gruppo Ilva da parte di AM InvestCo Italy. Perché abbiamo parlato di negoziato “sindacale”? Perché il gruppo Ilva si trova, ormai da più anni, in amministrazione straordinaria. I Commissari Straordinari, nominati nel gennaio 2105, hanno avuto dal Governo una missione precisa: trovare un compratore affidabile a cui vendere il gruppo. Alla fine della primavera 2017, questo compratore è stato individuato, appunto, in AM InvestCo Italy, la cordata creata ad hoc da ArcelorMittal, il colosso franco-indiano dell’acciaio, con il concorso di Marcegaglia, noto gruppo siderurgico italiano.
Ora il punto è che, in base alle leggi vigenti nel nostro paese, qualora l’acquirente di un gruppo in amministrazione straordinaria intenda mutare qualcosa nell’assetto delle relazioni di lavoro esistenti nell’azienda che si propone di acquisire – e cioè il totale degli occupati e/o le loro condizioni retributive – l’assenso dei rappresentanti dei lavoratori è una condizione necessaria per poter perfezionare l’acquisto. Da settembre 2017, ha preso dunque avvio una trattativa che si è rivelata come particolarmente complessa. Ciò, in primo luogo, per le proporzioni stesse del gruppo Ilva. Basti pensare che il suo stabilimento di Taranto costituisce l’acciaieria più grande d’Europa e impiega circa 14mila dipendenti. Ma anche a causa di altri fattori, tra cui gli intricati strascichi lasciati dalla vecchia proprietà, quella che faceva capo alla famiglia Riva, nonché le gravi questioni ambientali che riguardano proprio lo stabilimento di Taranto.
A ciò va poi aggiunto il fatto che il progettato acquisto del gruppo Ilva da parte di un colosso come ArcelorMittal va naturalmente a ricadere sotto l’esame delle autorità antitrust dell’Unione Europea. Esame in corso e il cui esito è atteso, grosso modo, per l’inizio della prossima primavera.
Ma, come se tutto questo non bastasse, a partire dalla fine dell’anno scorso si è anche acceso un conflitto formalmente tecnico, ma sostanzialmente politico, tra le Istituzioni locali – Regione Puglia e Comune di Taranto – e il Governo nazionale rispetto alla quantità e alla qualità dei vincoli ambientali che la nuova proprietà dovrà assumersi, all’atto dell’acquisizione del gruppo Ilva, rispetto alla situazione ambientale di Taranto.
A questo proposito, nella serata di lunedì 29 gennaio si sono prodotte delle novità. Come già riportato dal Diario del lavoro, al termine di una riunione cui hanno partecipato ben quattro Ministeri – Sviluppo Economico, Coesione territoriale e Mezzogiorno, Ambiente, Salute – il Governo ha respinto, con argomenti di merito, la proposta di accordo di programma relativa allo stabilimento tarantino avanzata nelle settimane scorse da Regione Puglia e Comune di Taranto. D’altra parte, però, lo stesso Governo ha controproposto ai suoi interlocutori pugliesi di trasformare in accordo di programma, ovvero in uno strumento giuridicamente più complesso e più vincolante, la bozza di protocollo d’intesa, concernente gli stessi argomenti, già redatta in precedenza dall’Esecutivo e inviata in Puglia. Inoltre, lo stesso Governo ha anche proposto di arricchire la parte ambientale di tale bozza.
A ciò, nella giornata di oggi, non sono però venuti segnali incoraggianti dalla Puglia. Anzi, il Sindaco di Taranto, Melucci, ha alzato il tiro. Da un lato, ha ventilato l’ipotesi di ripresentare al Tar di Lecce la richiesta di sospensiva dell’efficacia del Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) emanato nel settembre 2017 e concernente, per l’appunto, le condizioni ambientali entro cui sarebbe possibile riprendere appieno l’attività produttiva dell’acciaieria di Taranto. Abbiamo scritto ripresentare perché tale istanza era stata già presentata al Tar di Lecce da Regione e Comune ed era stata poi ritirata; ciò dopo le molteplici richieste venute in tal senso non solo dal Governo, per bocca del Presidente del Consiglio, Gentiloni, ma anche dai sindacati. E ciò perché, senza Dpcm, decade anche l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) che costituisce la cornice giuridica in assenza della quale i Commissari straordinari, come sottolineato dal ministro Calenda (Sviluppo Economico) non potrebbero far altro che avviare le procedure di spegnimento degli altoforni.
Ma non basta. Perché il Sindaco Melucci ha anche avanzato l’ipotesi di presentare un esposto alle competenti autorità dell’Unione Europea “circa la procedura di aggiudicazione del compendio industriale”.
Mentre dunque la guerriglia legale condotta dalle Istituzioni pugliesi contro il Governo nazionale si arricchisce di nuove ipotesi di intervento, al ministero dello Sviluppo economico si è svolto, nell’arco di circa quattro ore, un nuovo incontro triangolare. Da un lato, i rappresentanti di AM InvestCo Italy; dall’altro quelli dei sindacati dei metalmeccanici e delle confederazioni sindacali; al vertice, il Governo, rappresentato dal viceministro Teresa Bellanova. La quale, in una breve pausa dell’incontro, ha incontrato i cronisti stazionanti sotto al Ministero per confermare che giovedì 1° febbraio partiranno i lavori per la copertura dei cosiddetti parchi minerali, una delle principali fonti dell’inquinamento atmosferico che grava sulla città di Taranto.
Poche, invece, le notizie filtrate circa quanto avvenuto al tavolo dell’incontro. In sintesi, il candidato acquirente ha illustrato ai sindacati una serie di aspetti dei suoi piani produttivi, facendo ripetutamente riferimento al modo in cui la produzione è organizzata nell’impianto di Gand, in Belgio; ovvero nello stabilimento che, tra quelli posseduti da ArcelorMittal in Europa, sarebbe il più simile a quello di Taranto.
Per mercoledì 31 gennaio il calendario prevede, in mattinata, la prosecuzione dell’esame dei progetti produttivi relativi all’acciaieria di Taranto e, nel pomeriggio, il passaggio all’esame delle problematiche concernenti gli altri stabilimenti del gruppo Ilva, a partire da quello sito a Cornigliano, alla periferia di Genova.
@Fernando_Liuzzi