Si è svolto oggi al Ministero dello sviluppo economico un nuovo incontro dedicato alla trattativa per l’acquisto dell’Ilva da parte di AM Investco Italy. Incontro che, a pochi giorni di distanza dall’inizio vero e proprio di questa stessa trattativa, avutosi a Roma giovedì 9 novembre, ha segnato, a quanto si comprende, un rallentamento del percorso negoziale. Rallentamento dovuto, con ogni probabilità, ad un altro evento prodottosi nella settimana scorsa, ovvero all’annuncio, datato 8 novembre, chela Commisione Europea ha ufficialmente avviato un’indagine sul progettato acquisto del gruppo Ilva da parte di un soggetto – AM InvestCo, appunto – il cui socio maggioritario è il gruppo franco-indiano ArcelorMittal.
Il segno del rallentamento sta nel fatto che le principali notizie uscite al termine dell’incontro odierno non sono relative ai contenuti dell’incontro stesso, quanto piuttosto al delinearsi delle prossime tappe della trattativa, fissate, peraltro, in date non vicinissime a quella di oggi.
Gli incontri quadrangolari fra i sindacati, il Governo, i commissari straordinari e AM InvestCo Italy – la cordata formata dal colosso franco-indiano dell’acciaio ArcelorMittal e dal gruppo siderurgico italiano Marcegaglia allo scopo di acquisire il gruppo Ilva in amministrazione straordinaria -, riprenderanno infatti al Mise nella mattinata di martedì 28 novembre. Oggetto di questo prossimo appuntamento sarà un approfondimento del piano industriale illustrato nell’incontro del 9 novembre scorso. Nel pomeriggio dello stesso martedì 28, si terrà poi un secondo approfondimento dedicato, invece, al piano ambientale.
Peraltro il giorno prima, ovvero lunedì 27 novembre, i sindacati avranno un altro incontro, anch’esso in materia ambientale, ma limitato questa volta ai commissari straordinari che hanno tutt’ora delle competenze specifiche sui processi di ambientalizzazione relativi allo stabilimento di Taranto.
Ora, per il solito, quando al termine di un incontro sindacale la notizia principale è quella relativa alla definizione del calendario relativo alle tappe successive della trattativa in corso, i casi sono due. O siamo di fronte a un nuovo inizio, destinato, si spera, a fruttuosi sviluppi; oppure siamo di fronte al fatto che le parti, di fronte all’insorgere di una qualche significativa difficoltà, ma non volendo spezzare il filo di un discorso ormai avviato, si rifugiano nella fissazione di un calendario anche piuttosto diluito. Ebbene, quest’ultimo è, a quanto si comprende, il caso verificatosi oggi al Mise.
Occorre qui ribadire che la trattativa Ilva è una delle più complesse fra quelle che siano state ospitate dai saloni del Ministero dello sviluppo economico. Politica industriale, livelli occupazionali, trattamenti retributivi costituiscono la materia prima di cui sono costituite le crisi aziendali che approdano al dicastero che sorge in via Veneto, angolo via Molise. A queste problematiche, nel caso Ilva, si aggiungono, da un lato, le note questioni ambientali, relative allo stabilimento di Taranto, che, oltre a essere di per sé complesse, coinvolgono l’interessamento attivo di soggetti terzi rispetto alla proprietà, e cioè della Regione Puglia e del Comune di Taranto che hanno specifiche responsabilità in materia di salute pubblica; e, dall’altro, le forse meno note questioni industriali connesse allo stabilimento di Cornigliano per cui fu stipulato, all’inizio degli anni 2000, un accordo di programma che ha coinvolto, tra i suoi firmatari, Confindustria, Regione Liguria e Comune di Genova. Vi sono poi specifici aspetti giuridici derivanti dal fatto che il gruppo Ilva è stato posto, ormai da anni, in amministrazione straordinaria ed è quindi retto non da manager scelti dalla proprietà, ma da commissari di nomina governativa. Ebbene, a tutto questo si aggiungono i vincoli comunitari che hanno portatola Commissionedell’Unione europea a interessarsi da vicino a diversi aspetti della vicenda Ilva.
Già nel gennaio del 2016 Margrethe Vestager, la temuta Commissaria dell’Unione europea responsabile per la concorrenza, annunciò l’apertura di un’indagine volta ad appurare se il Governo italiano, rispetto all’Ilva, non avesse violato qualche aspetto della normativa europea volta a impedire gli aiuti di Stato. Adesso, ovvero mercoledì 8 novembre, la stessa Vestager ha annunciato l’apertura di un’altra indagine che si propone di esaminare se il progettato acquisto di Ilva da parte di una cordata di cui ArcelorMittal è magna pars non violi le regole europee in materia di fusioni aziendali.
Ora non si può certo dire che questo sia un fulmine a ciel sereno. Fin da quando, alla fine della primavera scorsa, aveva preso piede l’ipotesi che la cordata guidata da ArcelorMittal prevalesse su quella guidata da Tata, altro colosso indiano dell’acciaio, nella gara per l’aggiudicazione del gruppo Ilva, non era mancato chi, tra i commentatori di vicende siderurgiche, aveva fatto notare che ciò avrebbe potuto portare alla creazione di un supergruppo che rischiava di richiamare su di sé le attenzioni non benevole della commissaria Vestager. Infatti, era ben noto che ArcelorMittal, nato dalla fusione fra l’indiana Mittal e la francese Arcelor, era un gruppo dotato di una posizione già molto forte nell’ambito dell’Unione europea. Dopo di che non ci voleva molto a immaginare che il fatto che un gruppo già prevalente in Europa si proponesse di inglobare l’italiana Ilva, proprietaria tra l’altro, con lo stabilimento di Taranto, del più grande centro siderurgico integrato dell’Europa occidentale, sarebbe caduto sotto la lente di chi ha l’incarico di vigilare sulle condizioni della concorrenza nei diversi settori economici.
Non può dunque aver destato stupore il fatto che, in una sua dichiarazione, la commissaria Vestager abbia sottolineato che, “per essere competitive sui mercati globali”, le imprese europee “devono poter accedere” a forniture di acciaio vendute “a prezzi competitivi”; e che, per conseguenza,la Commissione“sottoporrà a un esame accurato l’impatto che i piani di ArcelorMittal relativi all’acquisizione dell’Ilva” potranno avere “sulla competizione che si sviluppa nel mercato dell’acciaio”.
Tuttavia, per quanto un evento sia prevedibile, la situazione cambia al momento in cui un dato evento non è più solo qualcosa di probabile ma diventa qualcosa che è già accaduto. Ora il punto, nel fatto accaduto, è chela Commissione, come è scritto nel suo comunicato dell’8 novembre, ha adesso davanti a sé, per compiere l’indagine di cui sopra, “90 giorni lavorativi”, ovvero un tempo che va dallo stesso 8 novembre al 23 marzo del 2018.
Questo tempo abbastanza prolungato getta indubbiamente un’ombra di incertezza sulle prospettive della trattativa Ilva. Infatti, basta pensare all’infausta ipotesi chela Commissionedovesse porre dei limiti quantitativi ai programmi produttivi progettati da AM InvestCo, con le ovvie ricadute di tali limiti sugli assetti occupazionali, per capire che qualsiasi accordo potesse essere raggiunto tra l’impresa aggiudicataria e i sindacati rischierebbe di essere poi sottoposto al giudizio di un’autorità esterna.
Nell’attesa di nuovi sviluppi, in questa settimana, e cioè giovedì 16, si terrà intanto, sempre al Mise, un altro incontro già fissato nei giorni scorsi. In tale occasione verrà infatti inaugurato un tavolo istituzionale che è stato ideato dal ministro Calenda per coinvolgere, nella gestione politica della vicenda Ilva, anche i Presidenti delle 5 Regioni variamente interessate alle sorti del gruppo Ilva (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria e Puglia) e i sindaci di numerosi Comuni, a partire da quelli di Genova e di Taranto.
@Fernando_Liuzzi