“Ilva, la gestione dei Commissari prorogata fino al 15 settembre”: così titola oggi, a pag. 11, il Sole 24 Ore, rendendo lineare e comprensibile il dettato, invero piuttosto criptico, di una nota emessa nella tarda serata di martedì 26 giugno dal Ministero dello Sviluppo Economico. Infatti, quasi come in una celebre canzone di Battisti e Mogol, erano da poco passate le 20:40 di ieri quando uno dei due dicasteri guidati da Luigi Di Maio ha messo in rete un comunicato stampa con un titolo un po’ furbesco, e un pò barocco. Eccolo qua: “Ilva. Di Maio: “Prendo atto della volontà dei Commissari di far slittare al 15 settembre 2018 la scadenza senza costi per lo Stato”.
Perché accusiamo di barocchismo il giovane ministro vessillifero del cosiddetto “Governo del Cambiamento”? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima chiarire di cosa stiamo parlando.
La situazione, a ieri, era questa. Agli inizi di giugno del 2017, il Governo rese noto che la gara internazionale per l’aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo Ilva in Amministrazione straordinaria era stata vinta da AM InvestCo, la cordata creata su iniziativa di ArcelorMittal, il colosso siderurgico franco-indiano.
Sempre nel giugno 2017, il Governo diede incarico ai Commissari straordinari di negoziare con ArcelorMittal un contratto di vendita che migliorasse almeno alcuni aspetti dei piani presentati originariamente dal gruppo stesso. E il frutto principale di tale negoziazione fu che AM InvestCo si impegnò a far salire da8.500 a 10.000 il numero dei lavoratori in forza al gruppo Ilva che sarebbero stati riassunti nella nuova gestione.
Dopodiché, nel luglio del 2017, prese avvio il negoziato fra sindacati e azienda acquirente che si è trascinato per lunghi mesi, dando luogo a qualche risultato in materia salariale e normativa, ma senza significativi spostamenti per ciò che riguarda le prospettive occupazionali degli attuali 14.000 dipendenti.
D’altra parte, bisogna tenere presente che, così come ricordato più volte nei mesi scorsi dall’allora responsabile del ministero dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, la disponibilità di cassa con cui i Commissari straordinari hanno gestito in questi anni il gruppo Ilva era destinata a esaurirsi con la fine del corrente mese di giugno.
Nelle settimane scorse, avevano quindi cominciato a girare, fra gli addetti ai lavori, due ipotesi. La prima, quella più moderata, immaginava che la gestione commissariale potesse essere prorogata di tre mesi, ovvero fino al 30 settembre, stanziando nuove risorse ad hoc. L’altra, quella più estrema, ipotizzava invece che l’azienda acquirente potesse subentrare alla gestione commissariale già a partire dal 1° luglio; e ciò anche nel caso di un mancato raggiungimento di ogni e qualsiasi accordo con i sindacati.
Tra le due ipotesi ha prevalso una terza soluzione, per certi aspetti più vicina alla prima che alla seconda: una proroga della gestione commissariale di due mesi e mezzo, ovvero dal 30 giugno al 15 settembre. In pratica, secondo una classica pratica sindacale, viene creato uno spazio temporale in cui si spera di riuscire a fare quello che ancora non è stato fatto: la definizione di un accordo accettabile da tutte le parti.
Fin qui, dunque, sembrerebbe di poter dire: tutto bene. Anche perché, come scrive Carmine Fotina nel citato articolo del “Sole 24 Ore”, sembra che l’idea della proroga della gestione commissariale sia stata valutata positivamente anche da ArcelorMittal.
Cosa c’è allora che non va nel comunicato emesso nella serata del 26 giugno dal Mise? Orario a parte, che in termini editoriali danneggia le testate minori, quello che salta agli occhi è il percorso involuto prescelto dal Ministro per dare questa notizia. Di Maio, infatti, non ha scelto di dire qualcosa del tipo “abbiamo deciso che”, eccetera. No. Si è espresso così: “Mi compiaccio della responsabilità espressa dai Commissari dell’Ilva e prendo atto della loro volontà di avvalersi della proroga siglata nel contratto che porta al 15 settembre ogni scadenza senza ulteriori costi economici per lo Stato”.
In parole povere, par di capire che il Ministro abbia scelto di nascondersi dietro ai Commissari che, peraltro, sono figure nominate dal Governo. Il quale Governo, oltre a sceglierli, affida loro compiti precisi.
Non solo. Il Ministro non spiega cosa voglia dire “senza ulteriori costi economici per lo Stato”. Forse perché, stando a quel che si dice negli ambienti sindacali, la provvista di risorse finanziarie che consentiranno alla gestione commissariale di andare avanti fino a metà settembre, senza bisogno di ulteriori stanziamenti pubblici, è stata accantonata negli ultimi mesi in cui il ministero dello Sviluppo Economico è stato guidato dal Carlo Calenda, a nome della maggioranza uscente di centrosinistra.
Ma non basta. Perche il giovane ministro Di Maio, oltre a nascondersi dietro ai Commissari per non assumersi in proprio le responsabilità di una decisione che non può che essere sua; oltre a non attribuire al suo predecessore i giusti meriti che gli spettano; ha anche fatto un richiamo elettoralistico che stona in bocca a un Ministro della Repubblica.
Negli anni della cosiddetta prima Repubblica, era infatti diffusa l’idea che i detentori di cariche apicali all’interno delle Istituzioni democratiche, dal Sindaco al Capo del Governo, fossero al servizio della collettività e non di un gruppo di elettori. Ebbene, rompendo questa tradizione pluridecennale, ieri il biministro – nonché Vicepresidente del Governo del Cambiamento – non si è peritato di ricordare, nel suo comunicato, che “il MoVimento 5 Stelle ha raggiunto a Taranto risultati straordinari con circa il 50% delle preferenze”. E, a quanto pare, è solo in grazia di questi risultati, che lo stesso movimento “intende onorare”, che il biministro si concede graziosamente all’idea che “i tarantini hanno il diritto di respirare” e che, quindi, il Governo ha il “dovere di esaminare” ognuna delle 23.000 pagine che sono state consegnate al Governo stesso in merito alla vicenda Ilva.
Tornando alla cronaca, va detto che oggi, a margine di una conferenza stampa sulle prospettive degli stabilimenti italiani di Fca e Cnhi, la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, si è espressa positivamente sull’idea del rinvio, specificando poi che “il mese di luglio va utilizzato per cercare soluzioni ai gravi problemi ancora aperti” e che, quindi, “Mittal deve cambiare le sue posizioni”.
@Fernando_Liuzzi