“A questo punto il dossier passa al nuovo Governo.” Queste parole del ministro Carlo Calenda offrono forse la sintesi più secca che sia possibile per riassumere l’esito di una giornata di passione. Una giornata che ha chiuso una lunga fase della vicenda Ilva, durata quasi per un anno intero.
La memoria dell’osservatore corre infatti al 30 maggio del 2017, ovvero al giorno in cui lo stesso Calenda aveva convocato al Ministero dello Sviluppo economico i sindacati dei metalmeccanici per un incontro preliminare alla trattativa che si sarebbe aperta di lì a poco in conseguenza della progettata vendita del gruppo Ilva in Amministrazione straordinaria. La settimana precedente a quel primo incontro, i Commissari straordinari avevano deciso che l’offerta di acquisto del gruppo presentata da AM InvestCo Italy, la cordata guidata dal colosso franco-indiano dell’acciaio ArcelorMittal, era preferibile rispetto a quella avanzata da Acciaitalia, la cordata concorrente capeggiata dal gruppo indiano Jindal.
Lo scopo di quell’incontro era meramente informativo, nel senso che il Ministro aveva l’intenzione di illustrare ai sindacati le offerte di acquisto presentate dalle due cordate, nonché di motivare la scelta effettuata. Ma già da quel primo appuntamento, le ricadute occupazionali dei piani formulati dalle due cordate vennero definite dai sindacati stessi come “inaccettabili”. Ebbene, pare oggi di poter dire che, in un anno di incontri, non è stata fatta molta strada. Infatti, la distanza fra il numero dei lavoratori oggi occupati nel gruppo Ilva, circa 14.000, e quelli che AM InvestCo Italy è disposta ad assumere, 10.000, costituisce il nodo principale che l’iniziativa negoziale del Governo non è ancora riuscito a sciogliere in termini giudicati come accettabili da parte dei sindacati.
Cosa è dunque accaduto oggi al Ministero che apre il suo portone principale all’angolo fra via Veneto e via Molise? Come si ricorderà, il 26 aprile scorso il fatto stesso che le parti non avessero ancora individuato un percorso che consentisse loro di superare quello che il viceministro Bellanova aveva definito come lo “scoglio dell’occupazione”, aveva portato a una sospensione della trattativa fra azienda acquirente e sindacati. Al termine dell’incontro svoltosi in quella giornata, non c’era dunque in calendario nessun nuovo appuntamento.
Ebbene, per superare lo stallo del negoziato su quel suo nodo principale, il ministro Calenda ha deciso di assumere una sua iniziativa che andasse oltre la pura azione di mediazione fra le parti. Infatti, nella giornata di mercoledì 9 maggio si è appreso che lo stesso Ministro aveva inaspettatatamente convocato azienda acquirente e sindacati per le ore 11:00 di giovedì 10.
Oggi, dunque, alla presenza dei Commissari straordinari, dei rappresentanti di AM InvestCo e dei sindacati Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uil-Uilm, il Ministro ha calato il suo asso. “Per sbloccare il negoziato – recita un comunicato emesso dal Mise nel primo pomeriggio – il Governo ha proposto uno schema di accordo tra le parti che assicura occupazione a tempo indeterminato per tutti i lavoratori attualmente in Amministrazione straordinaria alle stesse condizioni economiche e normative attuali.”
Secondo tale schema, AM InvestCo “assume da Ilva in Amministrazione straordinaria 10.000 lavoratori a tempo indeterminato”. Inoltre, uno “specifico vincolo contrattuale” esclude che AM InvestCo possa far ricorso a licenziamenti collettivi per un periodo di 5 anni.
Terzo punto: lo schema prevede la nascita di una nuova società di servizi, denominata “Società per Taranto”, costituita da Ilva e da Invitalia e “aperta alla partecipazione di altri soggetti pubblici e privati”. Questa società impiegherà “l’equivalente di non meno di 1.500 addetti a tempo pieno”. In pratica, su questa attività “saranno impegnati a rotazione i lavoratori di Ilva non trasferiti in AM InvestCo” e posti in Cassa integrazione guadagni straordinaria.
A ciò si aggiungono altri due punti di rilievo: per Ilva in Amministrazione straordinaria, la Cassa integrazione straordinaria “è assicurata per tutto il periodo di piano ambientale e industriale”. Inoltre, sempre in relazione ai lavoratori non riassunti da AM InvestCo, e rimasti quindi alle dipendnze di Ilva, vengono destinati fino a 200 milioni di euro allo scopo di finanziare incentivi al’uscita di diversa natura (outplacement, auto imprenditorialità, accompagnamento alla quiescenza).
Per quanto riguarda poi i problemi connessi alla cosiddetta discontinuità contrattuale, ovvero alle conseguenze del percorso contrattuale che va dal licenziamento concordato dei singoli lavoratori da parte di Ilva alla loro successiva riassunzione in AM InvestCo, lo schema precisa che “ai lavoratori assunti da AM InvestCo verrà riconosciuti quanto previsto dal Contratto nazionale dei metalmeccanici, nonché i diritti economici e normativi acquisiti”, con la sola eccezione della parte variabile del Premio di Risultato. In altre parole, così come già definito negli incontri precedenti alla sospensione del 26 aprile, AM InvestCo è disposta a riconoscere ai lavoratori riassunti le stesse condizioni normative e salariali esistenti in Ilva, comprese l’anzianità aziendale e i frutti della contrattazione salariale integrativa condotta nello stesso gruppo Ilva per ciò che riguarda la parte fissa del salario aziendale. L’azienda acquirente mantiene invece il proposito, fin qui non accettato dai sindacati, di rivedere i parametri che determinano la parte variabile dello stesso salario aziendale.
Lo schema prevede poi una serie di verifiche e garanzie volte a far sì che, a “fine piano”, tutti i lavoratori oggi in forza all’Ilva abbiano “garanzia di continuità occupazionale a tempo indeterminato”.
Quali sono o, per dir meglio, quali erano le principali novità dello schema di accordo tra Ilva in Amministrazione straordinaria, AM InvestCo e sindacati presentato dal ministro Calenda?
Primo: la costituzione della nuova società di servizi denominata Società per Taranto allo scopo di dar vita a un nuovo soggetto che concretamente deve provvedere a dare lavoro a una quantità di lavoratori “equivalente” a 1.500 dei dipendenti non riassunti da AM InvestCo. Secondo: la definizione della cifra (“fino a 200 milioni di euro”) stanziata per “la gestione di esodi volontari”. Terzo: l’impegno, posto in capo ad Invitalia, a individuare, “attraverso la Società per Taranto” e l’analoga “Società per Cornigliano” le “soluzioni in grado di dare prospettive occupazionali stabili e a tempo indeterminato ai lavoratori rimasti in carico alla Amministrazione straodinaria”.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che allo schema presentato da Calenda era allegato un secondo testo, intitolato “Azioni collaterali all’accodo sindacale” che conteneva la sintesi di un “Protocollo con il Comune di Taranto”, ovvero di un documento dettagliato in materia di ambiente e salute.
A un osservatore esterno, tutto questo non sembra poco. Fatto sta che i sindacati sono rimasti fedeli al modo in cui, fin dall’inizio, hanno impostato la trattativa. Ovvero all’idea che l’azienda acquirente dovesse farsi carico per intero delle esigenze occupazionali, normative e salariali prospettate dai rappresentanti dei lavoratori e che al Governo spettasse il compito di fare pressioni sull’acquirente affinché quest’ultimo si facesse carico di tali esigenze.
A tale impostazione l’acquirente ha specularmente risposto con una certa flessibilità per ciò che riguarda la parte normativa e salariale, ma anche con una evidente rigidità per ciò che riguarda gli aspetti occupazionali della trattativa.
Ciò, obiettivamente, ha lasciato al Governo – contrastato anche, e non poco, dall’aperta ostilità mostratagli dal Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano – spazi di manovra molto ristretti.
Spazi che, negli ultimi due mesi, sono poi risultati ulteriormente compressi dalla sconfitta elettorale che, nelle elezioni politiche del 4 marzo, è stata patita forse non tanto dal Governo stesso, ma dal principale partito della maggioranza che lo sosteneva, il Partito Democratico guidato da Matteo Renzi.
L’iniziativa di Calenda, ancorché sostanziosa dal punto di vista dei contenuti, non è riuscita a ricreare un clima di fiducia fra le parti, né un’empatia fra i sindacati e un Governo giunto ai suoi ultimi giorni di attività. “La proposta del Governo sulla vertenza #Ilva è irricevibile”, tuitta la Fiom-Cgil intorno alle due del pomeriggio. E poco dopo, la segretaria generale dell’organizzazione, Francesca Re David, motiva il perché di un giudizio così drastico: “La proposta presentata oggi è nel solco delle posizioni espresse dal Governo, mentre ArcelorMittal non ha per nulla modificato l’impianto iniziale. E’ su queste basi che avevamo già interrotto il negoziato”. Insomma, un dialogo fra sordi.
Questa impressione è indirettamente confermata da Rocco Palombella, segretario generale della Uilm-Uil: “Con rammarico prendiamo atto del fatto che le nostre richieste sono rimaste inascoltate”, dichiara. Specificando che “il Piano Industriale e quello Ambientale” presentati da AM InvestCo sono “incoerenti con i 4.000 esuberi”.
Parzialmente diversa la posizione espressa da Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, secondo cui in apertura dell’incontro odierno il ministro Calenda aveva “illustrato una bozza di accordo su cui ragionare”. “Come Fim-Cisl – ha proseguito Bentivogli – abbiamo detto che c’erano alcune cose qualificanti da modificare, tra cui i numeri.” Ricordando poi che per la Fim “le condizioni per un accordo sono sempre le stesse: zero licenziamenti” e “tutti i lavoratori devono avere un posto di lavoro a tempo indeterminato per tutta la durata del Piano”.
Qui però lo stesso Bentivogli, constatando l’esito negativo della giornata, ha aperto un doppio fronte polemico. Da un lato ha implicitamente criticato il comportamento negoziale del Ministro Calenda che, di fronte all’accoglienza a dir poco fredda riservata alle sue proposte, “ha deciso di non proseguire, interrompendo la trattativa”. Dall’altro lato ha lanciato accuse chiare nella sostanza, ma prive di un indirizzo esplicito: “Sul merito sindacale – ha detto – qualcuno pensa di avere più chanches in attesa di ‘Governi amici’ e ha sacrificato gli interessi della trattativa per impallinare il tentativo del Ministro”.
La polemica è poi proseguita in serata, trasferendosi dai comunicato contrapposti ai contrapposti tweet che hanno visto Calenda duellare con la Fiom e Bentivogli con lo stesso Calenda.
Insomma, una giornata che era cominciata con una proposta volta a sbloccare il negoziato fra AM InvestCo e sindacati è finita malamente, con le distanze che sono cresciute non solo fra azienda acquirente e sindacati, ma anche fra sindacati e Governo e fra gli stessi sindacati. Impossibile non ricollegare questa ondata di nervosismo che ha peggiorato il clima già pesante che avvolgeva la vertenza Ilva a ciò che stava accadendo poco lontano dal Ministero di via Veneto, ovvero a Montecitorio dove i leader della Lega, Salvini, e del Movimento 5 Stelle, Di Maio, si stanno dando da fare per formare un nuovo Governo assolutamente inedito: quello basato su un’alleanza che i cronisti politici chiamano ormai giallo-verde. Per questo futuro Governo, se riuscirà a nascere, la complessa vicenda dell’Ilva rappresenterà uno dei primi e più difficili banchi di prova.
@Fernando_Liuzzi