Alcune ore dopo l’interruzione della trattativa sull’Ilva, la Fiom Cgil ha reso noti nel dettaglio i punti di dissenso espressi dal sindacato. Il documento nella sostanza rappresenta la sintesi dei punti e delle condizioni che il governo ha negoziato con ArcelorMittal e che da ormai diversi incontri viene riproposto alle organizzazioni sindacali come possibile accordo.
Vengono riconfermati i 10.000 lavoratori che ArcelorMittal intenderebbe assumere sempre con il criterio della discontinuità formale e non sostanziale del rapporto di lavoro. “Unitariamente abbiamo ribadito che l’acquisizione di Ilva non può prescindere dai circa 14.000 lavoratori coinvolti e che ArcelorMittal deve farsi carico di tutti i lavoratori. Assunzione che deve essere effettuata in continuità del rapporto di lavoro. Viene data la possibilità per ArcelorMittal, a partire da subito e fino al giugno 2021, di esternalizzare una serie di attività da lei individuate affidate a una società di servizi di nuova costituzione con la presenza di Ilva e da Invitalia aperta alla partecipazione di altri soggetti pubblici e privati a cui sarebbe collegata un’operazione di esternalizzazione di 1.500 lavoratori”, spiega la nota.
Si tratta di “lavoratori che per un certo periodo ruoteranno anche in Cigs e che non passeranno ad ArcelorMittal. Questa operazione, da noi giudicata inaccettabile, consentirebbe ad ArcelorMittal di esternalizzare una serie di attività e di lavoratori in una prima fase alla ‘procedura’ e in un secondo tempo ad aziende terze che si occuperebbero di queste attività. ArcelorMittal inizierebbe da subito a esternalizzare le attività senza alcun vincolo e garanzia per i lavoratori coinvolti”.
“Per i rimanenti lavoratori vengono individuati una serie di strumenti per favorire esodi volontari, attraverso incentivi economici, outplacement, autoimprenditorialità e accompagnamento alla pensione. Per questi interventi il Governo mette a disposizione fino a 200 milioni di euro per garantire importanti piani di incentivazione all’esodo – aggiunge la Fiom –. Strumenti, che anche per alcuni di essi di carattere volontario, contrastano con la richiesta sindacale di garantire i livelli occupazionali”.
Sulla base di questi punti, “abbiamo ritenuto unitariamente non sottoscrivibile il testo consegnato dal Governo, e di conseguenza l’interruzione della trattativa fino a quando non interverranno novità rilevanti rispetto alle richieste avanzate unitariamente dai sindacati. Alla luce della situazione attuale è necessario continuare con le assemblee dei lavoratori sia per un aggiornamento della situazione sia anche per valutare l’avvio di una fase di mobilitazione sindacale”, conclude la Fiom. La bocciatura è condivisa dai metalmeccanici di Cisl e Uil, ma i rappresentanti dei lavoratori sperano comunque in una ripresa della trattativa. “Per noi è importante andare avanti – sottolinea Rocco Palombella della Uilm– ma non si può trattare con i diktat. Affidiamo alla responsabilità del governo, che per noi è ancora un valido interlocutore, di riconvocare ancora il tavolo”.
Duro anche il giudizio dal sindacato dei territori dove operano gli stabilimenti Ilva. “Il Governo, un minuto prima di andarsene, tenta di scaricare sul sindacato le sue responsabilità contenute nell’accordo segreto siglato con Mittal che un anno fa ha precostituito: esuberi, taglio del salario e aggiramento della legge dello Stato che prevede la continuità del rapporto di lavoro, possibilità di esternalizzare attività ora gestite in modo diretto e, per Genova, il non rispetto dell’Accordo di Programma. Scrivere, come ha fatto il governo che convocherà un tavolo per attuare gli impegni dell’Accordo di programma mentre si confermano 600 esuberi a Genova è una bella presa in giro, che la Fiom Cgil respinge al mittente”, si legge in una nota di Bruno Manganaro, segretario generale della Fiom di Genova.