Anno Domini 2021, il secondo dell’era Covid. Settembre, mese della campanella. La dovrebbe suonare il bidello. Ma non c’è, non ha il green pass. Anzi, manifesta davanti al ministero e inveisce contro virologi e giornalisti. La ripresa, dopo le effimere vacanze, indossa il manto della confusione, del dubbio, dell’incertezza.
La prospettiva della terza dose prende sempre più corpo mentre mancano ancora in tanti all’appuntamento della seconda. Si discute se rendere obbligatorio il vaccino. La verità è che la situazione è tutt’altro che sotto controllo. L’incubo di una ripresa dei contagi costringe a tenere alta la guardia. L’emergenza è diventata la normalità.
E poi la tragedia dell’Afghanistan, la questione profughi, il caos climatico. Il quadro complessivo è pieno di incognite e di timori. Eppure, siamo ancora qui a parlare di fascismo. Sembrerebbe un’incongruenza ma rappresenta una necessità. Il caso del sottosegretario Claudio Durigon che voleva intitolare ad Arnaldo Mussolini il parco di Latina dedicato a Falcone e Borsellino, gli anatemi contro Tomaso Montanari che ha osato contestualizzare l’orrore delle foibe, la scelta di equivoci personaggi per importanti posti di responsabilità non si esauriscono nelle polemiche agostane.
Sì, bisogna parlarne perché grande è l’insidia. Il male antico si insinua nel discredito della democrazia e approfitta della pandemia per tornare sotto mutate sembianze. Quando Giorgia Meloni e Viktor Orban dicono no ai corridoi umanitari, vengono i brividi. E quando Matteo Salvini minaccia di mettere i Tir davanti ai caselli autostradali al solo sentir parlare di pensioni e di un ritorno alla legge Fornero, c’è poco da meravigliarsi se poi i negazionisti alzano la voce e le mani. Nuova destra, vecchio squadrismo.
Il fenomeno è inquietante. E meraviglia che il sindacato abbia una posizione ambigua. Il fatto che molti iscritti votino Lega con la tessera Cgil in tasca non può offuscare una tradizione di coerenza e di fermezza. Guido Rossa non aveva dubbi e pagò con il sangue il suo coraggio. Anni diversi, certo, ma le pulsioni eversive vanno contrastate subito, in fabbrica e nella società. Non si può aspettare che sia lo Stato ad intervenire o delegare tutte le scelte alla politica. Con questa logica Bruno Trentin, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto non avrebbero sfilato, sotto la minaccia delle bombe e dei fucili, lungo le strade di Reggio Calabria in rivolta.
Certo, c’è stato un abuso della retorica antifascista. L’appello contro il pericolo nero è stata l’ultima spiaggia per una sinistra in crisi di identità e di progetto. Pierluigi Battista sostiene che è stato usato “come una clava per fermare l’avversario che guadagnava consensi e voti”. “Oggi – aggiunge – si dà del fascista a Salvini o alla Meloni come nel 1994 ci fu una mobilitazione generale contro Berlusconi. Direi che c’è la stessa isteria di allora”.
Il flop dell’assalto alle stazioni sembra dargli ragione. Un eccesso di allarme per nascondere errori e incongruenze. Eppure, il tamburo della protesta non smette di rullare. Sono una minoranza, certo, ma il richiamo alla piazza potrebbe segnare altre tappe. I tam-tam già parlano di nuovi blitz. Se poi la stessa Lega si esprime contro il green pass, ecco che il cerchio si chiude. Partito di lotta e di governo. Fausto Bertinotti, con la sua irresponsabilità, ha fatto scuola. I no vax hanno la loro rappresentanza politica.
Ma che c’entra con il fascismo? Il punto vero non è la nostalgia per il Ventennio ma il costante e sempre più accettato uso di categorie e di analisi proprie di quel periodo. Dall’immigrato dipinto come un nemico al discredito del parlamentarismo passando per lo scetticismo antieuropeo. Una vocazione serpeggiante ha scritto tempo addietro lo storico Francesco Germinario, “negli atteggiamenti populistici e protestatari”. E i contestatori del certificato verde sono una fetta di questo mondo impastato di contraddizioni. Gridano “libertà, libertà” e magari hanno in casa il busto del Duce.
La diffusione del Covid e le conseguenti restrizioni hanno accentuato tutte le forme di rabbioso ribellismo già in essere. Alimentate da chi, con spregiudicata propaganda che ricorda gli albori del mussolinismo, vuole lucrare consensi a buon mercato.
Il virus, nelle sue tante mutazioni, può indossare anche l’orbace.
Marco Cianca