Cercare conforto in Leopardi è un atto di masochismo. Non si può spegnere la tristezza innaffiandola con l’angoscia. E, in questi cupi giorni, il Maestro del pessimismo cosmico rischia di diventare uno specchio che riflette e amplifica le nostre inusitate ansie e paure. Ma il genius loci burlone che indefesso scombina la già disordinata libreria del faro e obbliga a impreviste letture, ha deciso che proprio l’aedo dell’umano tormento debba sedersi alla nostra tavola, senza bisogno di autocertificazione, e aiutarci a capire il senso di queste feste imbalsamate. Ed ecco che, oplà, le “Operette morali” scendono per incanto da un alto ripiano e si mettono in bella mostra, sussurrando “prendimi, prendimi”.
A Natale, d’altronde, le favole diventano realtà. Neanche il Covid può sconfiggere la fantasia. Nel dialogo tra Timandro, colui che stima gli uomini, ed Eleandro, colui che ne ha compassione, quest’ultimo invita a ridere dei nostri mali: “Dicono i poeti che la disperazione ha sempre nella bocca un sorriso”. Giriamo le pagine. Plotino cerca di convincere Porfirio che le “molestie e i mali della vita” e anche “gli infortuni e le calamità straordinarie” non sono “malagevoli da tollerare” se si è saggi e forti. E se si può contare sul reciproco conforto: “Sì, bene, attendiamo a tenerci compagnia l’un l’altro, e andiamoci incoraggiando, e dando mano e soccorso scambievolmente, per compiere nel miglior modo questa fatica della vita”.
Sta qui, nella frantumazione dell’individualità e nel suo ricomporsi come coscienza collettiva il superamento dell’afflizione. Sotto la maschera del nulla, Leopardi ci fa intravvedere questo bagliore di luce. È il suo anelito, ed a questo obiettivo che ci sospinge. E allora, scavando nelle sue parole, le orribili immagini del 2020 si stemperano con la forza del comune destino. Le file delle bare senza nome portate via da Bergamo. O la mamma ghanese che urla mentre Joseph, sei mesi, scompare nel sepolcro del Mediterraneo. L’inferno di Lesbo. “E quando la morte verrà, allora non ci dorremo: e anche in quest’ultimo tempo gli amici e i compagni ci conforteranno e ci rallegrerà il pensiero che, poi che ci saremo spenti, essi molte volte ci ricorderanno, e ci e ameranno ancora”.
L’umanesimo del non credente surroga la fede nell’aldilà. Siamo tutti sulla stessa barca, non si stanca di ripetere Papa Francesco. Anche quando dormiamo. La polifonia del sogno, la chiama lo psicanalista René Kaes, l’esperienza onirica comune e condivisa. Il grande di Recanati ha anticipato Freud e Jung in questa convinzione di un inconscio legame. Se ne fossimo davvero consapevoli, l’egoismo e la presunzione scomparirebbero. E svanirebbe il delirio di onnipotenza, quello che ci impedisce di rispettare il pianeta che ci ospita. La pandemia è la vendetta della natura violentata. Ha il volto della nostra presunzione.
Il cantore della Ginestra già nel marzo del 1824 aveva profetizzato una possibile autodistruzione. Dove sono gli uomini?, chiede lo Gnomo. Scomparsi, risponde il Folletto. “E la terra non sente che le manchi nulla, e i fiumi non sono stanchi di correre, e il mare non si vede che si rasciughi”. “E le stelle e i pianeti non mancano di nascere e di tramontare, e non hanno preso le gramaglie”.
E allora, come sarà il 2021? Tornerà la quiete dopo la tempesta? Gli agognati vaccini contrasteranno la variante del virus? Quanta incertezza. Nel dicembre del 2019, quando il morbo già ruggiva a Wuhan, le previsioni per i seguenti dodici mesi erano, al solito, entusiaste. Oggi, a chi credere?
“Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi”, pubblicizza il Venditore. Il Passeggero appare scettico. Ma poi i due concordano che bisogna guardare sempre avanti, perché solo la fanciullezza è l’età da rimpiangere. “Quella vita ch’ è una cosa bella, non è la vita che si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattare bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?”. “Speriamo”. “Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete”.
Grazie, caro Giacomo, per la tua istruttiva visita. Non avevamo capito che, in fondo in fondo, tu fossi un inguaribile ottimista.
Auguri a tutti.
Marco Cianca