Il momento della verità per la riforma del mercato del lavoro verrà nei prossimi giorni al Senato. Lì Renzi misurerà la portata della sua vittoria e si capirà cosa accadrà nei prossimi mesi, se dobbiamo abituarci alla prospettiva di elezioni nel prossimo inverno o se tutto riprenderà normalmente. In realtà, non sembra ci sia aria di rottura all’interno del Pd. Il dibattito in seno alla Direzione è stato molto aperto, il confronto duro, ma reale, non è stato un muro contro muro, o comunque non così aspro, tanto è vero che alla fine i risultati sono stati diversi da come potevano essere prospettati alla vigilia.
Ha aiutato che il premier abbia smussato gli angoli, aprendo sui licenziamenti disciplinari e dicendosi pronto a un confronto con i sindacati. Quest’ultimo fatto non deve comunque far credere che si torni alla concertazione come l’abbiamo conosciuta in altri tempi. Si apriranno le porte della Sala Verde ai vertici delle confederazioni, ma non è detto che si arrivi a un accordo. E’ difficile che Renzi di colpo si sia ricreduto, è più facile che il confronto ci sia, ma difficilmente sia alla fine poco più di una semplice consultazione.
Sarebbe diverso se i sindacati arrivassero compatti all’incontro, se potessero avanzare una loro proposta, che allora difficilmente il governo potrebbe non prendere in seria considerazione. Ma Cgil, Cisl e Uil sembrano abbastanza divise sugli argomenti che dovrebbero essere al centro dell’incontro. Se tutti sono contro l’idea di un salario minimo, che toglie spazio alla contrattazione, sulla legge per la rappresentanza ci sono due partiti, Cisl e Uil a favore di una legge, la Cgil contraria. E lo stesso per la contrattazione, Cisl e Uil accetterebbero un ridimensionamento dei contratti nazionali, la Cgil li difende fino all’ultimo uomo.
E’ più che presumibile che quindi anche questo vertice abbia più apparenza che realtà e che Renzi possa intanto andare avanti con il suo progetto. Che più che un progetto sembra un bel sogno. Perché cosa altro è pensare che in Italia un imprenditore possa licenziare un lavoratore quando non può più permettersi di mantenerlo, ma questi non perciò si trovi in mezzo a una strada. In questo sogno il lavoratore in esubero viene preso in carico dallo Stato, che gli assicura un congruo assegno, una formazione importante, l’aiuto di efficienti strutture pubbliche per trovare un nuovo lavoro.
Appunto, un sogno, che si chiama flexisecurity, è studiato e apprezzato in tutta Europa, ma applicato solo in pochi stati, per lo più molto ricchi. Perché gli assegni di mantenimento, Aspi o quant’altro, costano molto e non possono essere dati che per un periodo breve, non fosse che perché altrimenti diventano un disincentivo alla ricerca di un nuovo lavoro. Perché le strutture di formazione in Italia non hanno mai brillato per efficienza. E perché i Centri per l’impiego, abilitati ad attuare quella politica attiva del lavoro che dovrebbe risolvere i problemi, in realtà non sono che carrozzoni inefficienti.
Un bel sogno quindi, ma davvero tale, almeno per il momento. Provarci non costa niente, è vero, ma senza però illudere nessuno, perché svegliarsi da un bel sogno è sempre una brutta esperienza.
Massimo Mascini