Che il movimento Cinquestelle abbia perduto la sua anima, o identità che dir si voglia, è evidente a tutti. Su questo punto ha perfettamente ragione Beppe Grillo, anche se l’ex attore comico – nonché fondatore insieme a Gianroberto Casaleggio dei pentastellati – non indica una strada credibile per ritrovare quello spirito delle origini che fu la fortuna politico-elettorale del M5S. Quello spirito, ovvero la furia anti-casta, la rabbia verso tutto il sistema dei partiti, ha funzionato dieci e più anni fa. Poi, via via, si è esaurito, per una ragione fondamentale: se vuoi fare politica prima o poi ti devi sporcare le mani, devi entrare nella battaglia quotidiana fatta anche di compromessi e mediazioni con coloro che fino al giorno prima consideravi il peggio del peggio e avevi trattato come il “male assoluto” del nostro Paese (vi ricordate Di Maio e il Pd definito “partito di Bibbiano”?). Ecco, quel male tuttavia non è scomparso, non si è sciolto come neve al sole, ma tra mille giravolte è sempre qui che governa o sta all’opposizione, in ogni caso sta nel pieno del gioco politico, in Parlamento e negli enti locali, partecipa alle elezioni, vince o perde ma comunque gestisce il potere. Se non partecipi, sei fuori e non conti più nulla. Al massimo puoi continuare a strillare in piazze sempre più vuote, puoi perseverare nel tuo Vaffa, ma alla fine non riesci a cambiare il gioco. E per quante cose giuste possa dire Grillo, se non stai nel gioco con le regole che ci sono diventi rapidamente ininfluente. Non a caso, i Cinquestelle a un certo punto hanno dovuto accettare di entrare al governo, prima con Matteo Salvini, poi con Nicola Zingaretti, infine addirittura con Mario Draghi definito un grillino proprio da Grillo. Ovviamente hanno sacrificato sull’altare della politica compatibile parecchi voti, perdendo molti di quegli elettori che avevano visto nel Movimento una speranza di rottura del sistema, una sorta di rivoluzione incruenta ma egualmente efficace. Peccato che le rivoluzioni vere o sono cruente oppure non sono, infatti questa dei Cinquestelle non è stata.
Quindi, malgrado il suo sogno recitato l’altro giorno da un carro funebre (un’immagine per dimostrare che il Movimento è morto), malgrado il suo progetto di fondare una nuova formazione politica sulle orme delle origini, cioè né di destra né di sinistra, non è difficile prevedere che il sogno resterà nel cassetto, o al massimo produrrà un piccolo partitino totalmente inutile, che non sarà in grado nemmeno di recuperare la gran parte di ex elettori che si sono astenuti perché non hanno più trovato chi li rappresentasse.
La politica ormai marcia su altri binari, paralleli ma non convergenti. Uno è quello dove viaggia la destra, oggi vittoriosa al governo ma domani chissà. L’altro è quello che porta il treno dell’opposizione, composto da vagoni troppo diversi uno dall’altro, che a volte – anzi spesso – deragliano costringendo il convoglio a fermarsi per cercare di recuperare i dispersi e riparare i danni.
All’interno di uno di questi vagoni, quello che deraglia più di frequente, viaggiano gli ex grillini guidati da Giuseppe Conte. Il quale ancora non si è capito cosa voglia fare da grande: si definisce progressista alternativo ma nessuno sa a cosa sia alternativo: alla destra, alla sinistra, a entrambe, a tutto e tutti, di nuovo al sistema dei partiti? Più che altro sembra un modo per distinguersi, della serie “mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente…, vengo, vengo e mi metto così vicino a una finestra, di profilo, in controluce…,” (Nanni Moretti in Ecce Bombo). Purtroppo però non stiamo parlando di un film, peraltro del 1978, quindi piuttosto datato, bensì del governo dell’Italia, quello di oggi e soprattutto quello di domani. Appunto, quale sarà il domani di Conte e del suo partito, una volta eliminato Grillo dalla scena? Verrà, non verrà, si metterà in un angolo per farsi notare di più oppure la smetterà con questi giochini piuttosto patetici e deciderà di impegnare il suo partito nella battaglia politica ed elettorale? Mentre lui ci pensa, il fronte di centrosinistra, ossia l’ex Campo largo, aspetta con pazienza di sapere su chi potrà contare per avere qualche possibilità di sconfiggere la destra alle future elezioni politiche. Ma, come diceva Totò, ogni limite ha una pazienza.
Riccardo Barenghi