Doveva accadere ed è accaduto. Marco Bentivogli lascia la segreteria generale della Fim, il grande sindacato dei metalmeccanici della Cisl, quello che una volta dirigeva Pierre Carniti, fucina di grandi sindacalisti. Non si sa ancora dove approderà, quali saranno i suoi compiti futuri, gli interrogativi sono destinati per il momento a rimanere senza risposta, fino a quando non deciderà lui di fare chiarezza. Resta l’amaro in bocca a chi ama il sindacato.
Perché Marco Bentivogli era davvero un cavallo di razza. Figlio d’arte, perché suo padre, Franco, era stato a sua volta negli anni ottanta, proprio dopo Carniti, alla guida della Fim. E aveva cominciato a lavorare nel sindacato ancora ragazzo. Lo ricordo a una manifestazione Fim, non mi ricordo con quale personaggio allora famoso, forse un politico: lui stava cercando disperatamente di infilarsi nel crocchio che, a fine manifestazione, si accalcava attorno a questo personaggio. Marco era il segretario dei Giovani Fim e voleva regalare una maglietta che riportava con una vignetta la frase che esaltava la spinta dal basso. Si vedeva un ometto piccolo piccolo che spingeva, appunto dal basso, un omone alto alto. Gli dissi di darla a me, che ci avrei corso una maratonina, allora ne facevo una la settimana. Lui mi guardò un po’ dubbioso, poi si convinse e me la regalò. Ce l’ho ancora e non la do via per nulla. Poi, dopo quella esperienza volle seguire tutto il cursus honorum del sindacalista cislino, le scuole sindacali, la vita di trincea, che scelse di fare nelle Marche, poi il ritorno alla Fim, scalando via via le posizioni, fino al vertice.
Nel suo sindacato ha avuto vita difficile. Non perché non fosse bravo, forse perché lo era troppo e non rinunciava mai ad affrontare le situazioni difficili, anche a costo di farsi nemici. Ma era un combattente ed era giusto che facesse così. Perché portava avanti le sue idee con forza e non accettava compromessi, a meno che non fosse al tavolo negoziale, dove è un dovere essere duttili perché gli accordi si raggiungono proprio rinunciando a qualcosa dei propri principi e delle proprie posizioni per cercare la via di mezzo che conduce all’intesa.
Il sindacato perde un campione e questo non è un bene. Perché anche il sindacato, come tutto l’occidente, pena per il deteriorarsi della classe dirigente. Le persone brave difettano e sostituirle non è facile. Saprà la confederazione trovare altre persone capaci e lui stesso lascia alla Fim un vivaio di giovani in gamba, capaci e agguerriti, anche se mancherà loro adesso un capo che guardi così lontano.
Con Il diario del lavoro Marco è sempre stato generoso, ci ha aiutati quando poteva ed è stato ricambiato nella stima. L’augurio è che possa fare altrettanto bene nel lido dove approderà, ma questo è certo, perché la scuola è stata dura e non può non dare i suoi frutti rigogliosi.
Massimo Mascini