Il sindacato ha assunto recentemente atteggiamenti zigzaganti, densi di ambiguità nei comportamenti e nell’interpretazione di quanto stava accadendo. In particolare, ha preso posizioni anomale rispetto alla tradizione delle organizzazioni confederali. Ha seguito una tendenza ad attendere gli eventi invece di intervenire in modo attivo. Il governo ha avuto difficoltà a muoversi come avrebbe dovuto fare per la presenza nella maggioranza di forze diverse, ma proprio per questo il sindacato avrebbe dovuto scendere in campo mobilitando le proprie energie. E’ quanto afferma Mimmo Carrieri, professore di sociologia economica alla Sapienza di Roma, in una lunga intervista video che è possibile leggere su Il diario del lavoro. Interrogato da Massimo Mascini sull’interpretazione delle ultime prese di posizione del sindacato in merito alla questione dell’uso del green pass nel m ondo del lavoro, Carrieri ha espresso critiche sui comportamenti del sindacato, senza credere con questo che il movimento sindacale sia in difficoltà.
L’intervista parte dalle affermazioni di Dario Di Vico che in un importante intervento sul Corriere della sera nel mese di agosto ha criticato il comportamento del sindacato, specie quello del segretario generale della Cgil, spingendosi a dire che forse è così che comincia l’era postsindacale. Affermazione molto forte, che Carrieri non condivide. “Non siamo in questi frangenti, afferma, le organizzazioni sindacali italiane contano molto, sono molto radicate. Ma questo, aggiunge, non consegna loro il futuro, perché i sindacati sono importanti se affrontano con successo i grandi nodi relativi alle questioni di carattere generale. Fino a qualche mese fa i sindacati sono stati capaci di incarnare questo legame con l’interesse generale, adesso è tutto più sfumato”.
Carrieri ricorda le grandi battaglie del passato del sindacato, contro il terrorismo, per cambiare la scala mobile, per agevolare l’ingresso nell’euro e anche in questa pandemia, quando, afferma, nella primavera del 2020, sono stati raggiunti accordi che hanno portato a un “patto sociale implicito” che ha assicurato la tenuta del sistema. Dopo, però, crede Carrieri, “il sindacato ha assunto comportamenti zigzaganti, con ambiguità nei comportamenti e nelle interpretazioni dei fatti”. Responsabilità che il sindacato divide con gli ultimi due governi, che a suo avviso non hanno saputo o voluto sviluppare e dare maggior respiro a quanto era stato fatto, e con la Confindustria che si è sottratta a un ampliamento degli accordi raggiunti precedentemente.
Carrieri vede nel comportamento del sindacato aspetti poco convincenti, nel metodo e nel merito. Nel metodo perché le confederazioni chiedono al governo una legge, mentre storicamente hanno sempre avuto diffidenza verso lo strumento della legge, preferendo la contrattazione. Nel merito perché la richiesta di una legge parte da una tendenza ad attendere piuttosto che ad intervenire in modo attivo. Il sindacato ha incontrato al proprio interno difficoltà a muoversi con più decisione, afferma Carrieri, ma questo avrebbe dovuto spingere il sindacato a scendere in campo mobilitando la sua forza e la sua capacità di persuasione.
Carrieri riconosce che il sindacato si muove in una realtà più insidiosa e complessa che nel passato, e per questo è giusto agire con cautela, ma, aggiunge, il sindacato oggi ha accanto più competitori sul versante degli interessi generali e della loro rappresentanza e non deve dimenticare la sua forza non consiste nell’occuparsi solo di problemi più generali, ma nel saper combinare questi interessi generali con quelli più particolari in un equilibrio efficace e convincente.
Massimo Mascini