Estate 1992, Santa Margherita Ligure, convegno annuale dei Giovani di Confindustria: ospite d’onore e’ Antonio Di Pietro, star nascente della procura di Milano e di quel pool Mani Pulite destinato a entrare nei libri di storia. La Confindustria era all’epoca fortemente coinvolta nei fatti di corruzione scoperchiati da Tangentopoli, o quanto meno lo era una parte importante del gruppo dirigente. E proprio per questo, il grosso dell’associazione ci teneva a dare un segnale di ‘’differenza’’, invitando all’appuntamento piu’ importante dell’anno il magistrato che in quelle settimane stava mettendo sotto torchio i grandi nomi del capitalismo nazionale; magistrato che, tra l’altro, all’ingresso in sala verrò accolto come un’eroe, con tanto di ovazione da parte della platea.
Qualcosa di simile e’ accaduto mercoledì 17 dicembre scorso, in occasione dell’ultimo appuntamento del 2014 con il rapporto del Centro studi di Viale dell’Astronomia: in prima fila, nella sala giunta di Confindustria, come ospiti d’onore, accolti da lunghi applausi, sedevano infatti Giuseppe Pignatone, procuratore capo a Roma, e Michele Prestipino, suo braccio destro nell’inchiesta ‘’Mafia Capitale’’, l’ultimo grande scandalo nazionale. Una presenza molto significativa per entrambi i fronti: per quello confindustriale, naturalmente, che invitando i due procuratori ha dimostrato ‘’da che parte sta’’; ma anche per quello della magistratura, che accettando l’invito a sua volta ha in qualche modo conferito una patente di legalità all’associazione. Ma e’ significativo anche per un altro e piu’ generale motivo. Tra l’episodio del 1992 e quello del 2014, infatti, corrono un paio di decenni in cui la Confindustria non solo ha fatto piu’ o meno il pesce in barile, tralasciando di prendere posizione sui pur numerosi episodi di malaffare che di volta in volta hanno coinvolto politici e/o imprese; ma, soprattutto, ha sempre accuratamente evitato di indicare nella criminalita’ economica – corruzione, evasione, ecc- il primo e vero motivo di declino del nostro paese. Per la prima volta, invece, il Rapporto del centro studi e’ stato dedicato interamente ai costi della corruzione e al loro peso sull’economia, fin dal titolo inequivocabile: ‘’La corruzione zavorra per lo sviluppo’’.
Nei mesi prossimi si capira’ se si e’ trattato solo di una mossa dettata dall’opportunita’ (e cioe’ prendere le distanze dal colossale scandalo romano e nel contempo assecondare il sentiment del paese, molto duro verso i corrotti), o se si tratta di un vero primo passo in una direzione precisa: quella di ripristinare il concetto di legalita’ nell’economia nazionale, prendendo in considerazione non solo i corrotti, cioe’ i politici, ma anche i corruttori, cioe’ le imprese stesse. Tra qualche settimana dovrebbe vedere finalmente la luce il nuovo Codice etico di Confindustria, a cui si sta lavorando da tempo. Antonello Montante, il vicepresidente che ha la delega per la legalita’, in settembre lo aveva annunciato come cosa fatta. Ma serviva evidentemente ancora qualche limatura, perche’ arrivati a dicembre ancora non si e’ visto. Proprio dal contenuto del Codice sara’ possibile capire il vero senso di Confindustria per la legalita’: se i corrotti verranno effettivamente espulsi, come oggi avviene con quegli imprenditori che pagano il pizzo alla mafia; e se gli evasori, a loro volta, verranno elencati tra i ‘’non graditi’’ a Viale dell’Astronomia. Ma intanto, oggi, la presenza di Pignatone e Prestipino, seduti sugli stessi banchi occupati un tempo dai grandi indagati di Tangentopoli, una indicazione di principio gia’ la fornisce.
Nunzia Penelope