“Vadi, presidente Draghi”. Forse l’emozione, forse il caldo, fatto sta che quando la senatrice Rosa Silvana Abate, di bianco vestita, si fa appassionata portavoce di “agricoltori e pescatori” il congiuntivo, nonostante sia un’avvocatessa adusa alle arringhe, la tradisce. Sostiene che il popolo italiano, sfiancato dalla pandemia e dalla guerra e “da impietose e devastanti speculazioni della mera e oscura finanza”, è contrario all’invio di altre armi in Ucraina, definisce “anomala e discutibile” l’attuale maggioranza”, accusandola di aggiustare le cose “nelle segrete stanze del potere” e di non rappresentare “il volere della nazione”. E a nome del “tessuto produttivo vero, non quello delle banche e delle lobby”, esige che il capo del governo si presenti al consiglio europeo per chiedere “in modo forte e chiaro” di calmierare il prezzo del gas e del petrolio. Vadi, vadi.
Siamo alla vigilia della maturità ma il clima, più che da notte prima degli esami, sembra quello di “io speriamo che me la cavo”. In quest’aula del Senato, Fantozzi e Totò sarebbero dei giganti. Il comandante Gregorio De Falco, quello che con perentoria determinazione disse a Francesco Schettino di tornare a bordo della Concordia, stronca lo “spettacolo indecoroso”. Fa anche lui parte di questa armata Brancaleone mandata in Parlamento nel marzo del 2018. Era nei Cinque Stelle, come la collega Abate. Entrambi espulsi, anche se in tempi diversi.
“Parlano di interessi della gente ma ognuno sta pensando a sé – accusa impietoso – Sembra un teatrino, ma è una tragedia”. Non si riferisce solo al destino della democrazia rappresentativa ma anche alle sorti di quei disgraziati lasciati sui barconi in mare. Rifiuta il concetto di “umanità differenziata”, in base al quale accogliamo, giustamente, 130 mila profughi ucraini, e respingiamo, ingiustamente, qualche centinaio di immigrati in fuga dai lager libici. E sì che di Mediterraneo lui se ne intende.
La legislatura va avanti. Non potrebbe essere altrimenti, figuriamoci. L’unica alternativa, in questo momento, sarebbe il caos. La mozione che approva e sostiene l’operato dell’esecutivo sembra scritta, in puro stile lapalissiano, da Massimo Catalano, ma risulta ozioso pretendere di più. E poi, quanti documenti servono non per il loro contenuto ma come prova ontologica dell’esistenza di chi li scrive?
Luigi Di Maio fonda “Insieme per il futuro”. Verrebbe da dire, meglio “Soli per il passato”. Ma la memoria è un optional, come il congiuntivo, e le battute lasciano il tempo che trovano.
Massimo Cacciari si dichiara desolato da quel che vede e sente. Il filosofo, ormai maestro di scetticismo, invita a smetterla con “la balla” del nuovo rinascimento italiano perché in verità siamo nel pieno di “un processo di decadenza”.
La bomba dell’antipolitica, trent’anni dopo Mani Pulite, è ancora pronta ad esplodere. E ha sempre più connotati reazionari. Ora è il volto di Giorgia Meloni ad essere portato in giro come un’icona salvatrice. “Già si profila l’onda dei patrioti di sani e cristiani principi che purificherà questo Paese dai drogati e dai fautori dell’eutanasia”, ha scritto di recente Piero Ignazi in un editoriale del quotidiano “Domani”.
A far paura è l’enorme e nebulosa massa dell’astensione. Un buco nero capace di inghiottire ogni previsione e di generare mostri mai visti. Un fenomeno non solo di casa nostra, come dimostrano i risultati in Francia, dove diverso è il sistema di voto e ben variegata l’offerta elettorale. La verità è che, stritolato da complottismi, populismo e mancanza di grandi ideali, si è rotto quasi ovunque il rapporto di fiducia tra elettori ed eletti e questo è il grande male del terzo Millennio.
Che fare? “La risposta è dentro di te, ma è sbagliata”, scherzerebbe Corrado Guzzanti.
Intanto, comunque, continuiamo a difendere il congiuntivo. È il tempo verbale del dubbio, della tolleranza, della gentilezza.
Marco Cianca