“Vescovo, so volare. Guarda come si fa”, annunciò il sarto. E con arnesi che parevano ali, salì sopra la grande, grande cattedrale. “Non sono che bugie, l’uomo non è un uccello, mai volerà”, asserì il vescovo. “Il sarto è morto – annunciò la gente – Era proprio pazzia. Le ali si sono rotte e lui sta là, schiantato, sui duri, duri selci del sagrato”. Tutti in coro: “Che le campane suonino. Erano solo bugie. Non è un uccello, l’uomo. Mai l’uomo volerà”.
Per il suo apologo, Bertolt Brecht si ispirò alla figura di Albrecht Ludwig Berlinger, sarto e meccanico di Ulm, che il 30 maggio 1811 precipitò nel Danubio mentre tentava di sorvolarlo con un velivolo da lui inventato. Non morì, ma fu deriso dai suoi concittadini e finì in miseria. Il drammaturgo spostò la vicenda nel 1592, dandogli un finale tragico. Ma la morale è la stessa: chi anticipa il domani non viene quasi mai compreso dai contemporanei ma nulla può fermare il corso del progresso.
Walter Benjamin, anch’egli impastato di utopia marxista come l’amico Brecht, in pieno incubo nazista mise in dubbio lo sviluppo positivo dell’umano percorso. Nel 1940, qualche mese prima di suicidarsi per non cadere nelle mani delle SS, scrisse 18 brevi tesi sulla filosofia della storia. La nona è la più famosa. Fa riferimento ad un quadro di Paul Klee, l’Angelus Novus, che raffigura un angelo il quale “sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo”. “Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. Il viso rivolto al passato”.
In quella che a noi appare come una catena di eventi, “egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine”. Vorrebbe trattenersi, “destare i morti e ricomporre l’infranto”. Ma una tempesta lo spinge irresistibilmente in avanti, nel futuro, mentre il cumulo delle rovine sale. Lapidaria la conclusione: “Ciò che chiamiamo il progresso è questa tempesta”.
L’inventore e l’angelo. Chi le ali cerca di costruirle e chi non riesce ad usarle. L’illusione e il rammarico. L’immagine dell’artigiano fu usata da Pietro Ingrao dopo il cambio di nome del Pci per rispondere ad un compagno che gli chiedeva se l’obiettivo del comunismo fosse ancora possibile. L’anziano leader voleva significare che un giorno ci sarebbero arrivati. Lucio Magri, che pur dopo tante sconfitte intendeva tenere accesa la fiammella della fiducia, ricordò l’episodio nel suo libro intitolato proprio “Il sarto di Ulm”.
La caduta del muro di Berlino aveva aperto in ogni caso la prospettiva di un mondo più libero, fraterno, uguale. Non è andata così. Pensavamo di avviarci verso una società davvero aperta e invece siamo caduti nel fiume dell’incertezza. A Kiev la statua dell’operaio russo che al fianco di quello ucraino raffigurava l’amicizia tra i popoli è stata decapitata. Il sogno dell’internazionalismo si è infranto contro l’intangibilità dei confini. Forse definitivamente. I cannoni uccidono la gente e distruggono le idee. Tamburi di guerra. Corsa al riarmo. Non c’è tempo per pensare. Taci, il nemico ti ascolta.
La sciagurata intervista fatta da Rete 4 a Sergej Lavrov, il ministro per gli Affari Esteri di Mosca, aumenta lo sconcerto. I riferimenti alle origini ebraiche di Hitler e di Zelensky hanno provocato l’indignazione di Israele, che finora sembrava disponibile ad una mediazione. E anche la Turchia vede sempre più stretto il corridoio diplomatico. Che succederà se Putin non ferma l’invasione? Per sconfiggerlo, fino a che punto sono disposti ad arrivare gli Stati Uniti e la Nato? Sergio Mattarella è costretto a difendere la cultura russa, messa all’indice dal manicheismo imperante.
“Mi sono smarrito, non mi oriento più”: per uscire dal labirinto, ragionava Ludwig Wittgenstein, non serve una mappa tracciata a priori ma bisogna avere la capacità di vedere i passaggi che si aprono in un continuo movimento.
Il sarto e l’angelo, il coraggio visionario e la memoria ammonitrice. Brecht era ottimista sul cammino della pace e della terrestre redenzione. Ma Benjamin avvertiva: “E’ solo a favore dei disperati che ci è data la speranza”.
Marco Cianca