Ci sono le lacrime, ci sono le rose, ci sono le canzoni che colpiscono al cuore. Ma c’è anche la caparbietà di Susanna Camusso, che nel suo discorso di saluto alla Cgil, malgrado la commozione, non rinuncia a tenere il punto. Ribadendo, ancora, che ‘’l’io e l’ego sono una malattia, in politica come nel sindacato. Quello che conta e’ il noi, non l’io’’. La stoccata, come evidente, è ancora una volta indirizzata a colui, a coloro, che hanno tentato di ostacolare l’ascesa del suo candidato, Maurizio Landini, alla segreteria generale.
Una seconda stoccata, ben più dolorosa, è invece per tutto il mondo sindacale, e per quello della Cgil in particolare. E riguarda quel maschilismo strisciante che malgrado le quote rosa, la (quasi) parità di genere nei gruppi dirigenti, e perfino una segretaria generale dopo un intero secolo di leader maschi, costringe ancora una sindacalista donna a dover ‘’dimostrare sempre qualcosa in più” per essere all’altezza del ruolo.
È qui che Susanna Camusso, quando parla di un ‘’bilancio in chiaroscuro’’ dei suoi otto anni a capo del più grande sindacato italiano, afferma di vedere il ‘’lato oscuro’’. La sua voce si fa tagliente quando dice alla platea del congresso, riunita per tributarle il saluto finale del suo mandato: ‘’non vorrei deludervi, ma vi avverto che il futuro è donna. È finito il tempo delle conquiste, ora è il tempo della cura. Una scommessa politica per la nostra organizzazione e per il mondo”.
Chissà se in questo chiaroscuro c’entra anche il fatto di non aver potuto portare alla massima carica della Cgil un’altra donna (la prima scelta di Camusso, si dice, era Serena Sorrentino, oggi a capo della Funzione Pubblica), se pesa il fatto di dover ‘’cedere’’, in qualche modo, la tanto faticosa conquista nuovamente a un uomo. Di Landini, Camusso dice: ‘’abbiamo parlato molto in questi mesi, e ricordo che in passato abbiamo litigato tante volte, fino a rischiare una lacerazione definitiva. Però siamo riusciti a ricucire. La tua elezione oggi è per me una grande gioia. Abbiamo ricostruito un senso di appartenenza comune e ne sono orgogliosa. Siamo parte di una straordinaria comunità, la Cgil”.
E del resto, Susanna Camusso non lascerà la Cgil, anzi. Malgrado le proposte ricevute per candidarsi in politica ha deciso di proseguire il suo mestiere nel sindacato. Con un ruolo diverso da quello ricoperto negli ultimi otto anni, certo, ma non meno importante. Maurizio Landini le ha già riservato ben due deleghe di peso: la prima, come ‘’ambasciatrice” della Cgil nel mondo, per proseguire il lavoro iniziato con la sfida per la presidenza del sindacato mondiale, persa per un soffio. La seconda, come responsabile della cultura di genere, per proseguire la battaglia femminista nella Cgil (e non solo) in nome di un’evoluzione culturale necessaria, che assuma le differenze come valore.
E forse sarà anche per via di questa ‘’differenza’’ che il saluto a Camusso trasforma il palco del congresso Cgil, tradizionalmente austero, in una sorta di allegra kermesse dove si alternano intrattenitori come Dario Vergassola e Neri Marcorè, gruppi musicali come i Modena City Ramblers, dove si mescolano discorsi e canzoni (Bella Ciao, Contessa, De Andre’), con la cerimonia dei regali ‘’a Susanna’’, da parte delle collaboratrici di questi anni, dei colleghi della segreteria, vecchia e nuova. Maurizio Landini le consegna un modellino di barca a vela da montare: ‘’ci aveva chiesto tre mesi di ferie, ma non possiamo concedergliele, c’è molto da fare’’. Eccolo, il destino delle donne, l’eterna difficoltà di conciliare vita e lavoro. Chissà se ne verremo mai fuori.
Nunzia Penelope