Il capitolo, corposo, del dibattito su forza o debolezza del sindacato andrebbe arricchito da un approfondimento sulla realtà dei delegati, che rappresentano la prima linea del sindacato, la più esposta, a strettissimo contatto con i lavoratori. Sono loro che spesso determinano la scelta dei lavoratori se iscriversi e quale sindacato scegliere. La fine dei rapporti con i partiti politici e delle ideologie ha dato loro ancora più importanza.
E si tratta di un approfondimento necessario perché i delegati non stanno vivendo una stagione felice. Ce ne ha parlato con grande passione in un’intervista al nostro giornale Rosario Iaccarino, che è il responsabile della formazione della Fim, il sindacato dei metalmeccanici della Cisl. L’aver messo la persona al centro dell’attenzione delle scelte del sindacato ha portato infatti a una moltiplicazione delle richieste dei lavoratori, che arrivano in prima istanza appunto ai delegati. Le persone sono tutte differenti tra loro, hanno obiettivi, quindi richieste, molto diverse. Il compito del delegato prima e delle strutture sindacali più elevate poi è quello di comporre queste richieste e farle diventare parti della strategia del sindacato.
Fino a quando le richieste che venivano dalla base dei lavoratori erano grosso modo analoghe, il compito era facile, si trattava di scegliere quelle tra loro compatibili e di non sovraccaricare la piattaforma rivendicativa, perché altrimenti a scegliere il terreno del confronto sarebbe stata la parte datoriale. Le difficoltà sono arrivate quando le richieste si sono diversificate. Perché non è possibile limitarsi a compiere una cernita, è necessario comunque rispondere positivamente a tali indicazioni. Il rapporto tra sindacato e lavoratore non è fideistico, è basato su cosa il lavoratore può ottenere dalla propria iscrizione. Se un lavoratore avanza una richiesta e questa non viene presa in considerazione, se non gli si dà seguito, il rapporto si allenta e presto o tardi il lavoratore non rinnoverà la tessera.
Tutto è poi diventato più complesso da quando i lavoratori, specie quelli più giovani, hanno avanzato richieste non solo materiali, ma anche, se non soprattutto, immateriali. Salario, orario e organizzazione del lavoro rimangono temi rilevanti, ma adesso sono cresciute in maniera molto significativa nuove richieste, legate al rapporto e alla condizione di lavoro. I lavoratori chiedono con forza un ambiente di lavoro sostenibile, più friendly, un rapporto chiaro dei termini del contratto da firmare, una maggiore attenzione alla conciliazione tra vita e lavoro. Tutte cose che non erano prese in considerazione fino a poco tempo fa, ma che adesso sono diventate centrali, al punto che se il lavoratore non riceve risposte soddisfacenti, non esita più di tanto a cambiare lavoro e azienda.
Questo le imprese lo sanno bene, perché è sempre più difficile trovare manodopera che risponda alle esigenze di produzione e, soprattutto, mantenerla. Sempre più spesso, nei colloqui mirati all’assunzione, è il lavoratore ad avanzare precise richieste. Il fenomeno delle great resignation rappresenta ormai un dato di fatto che interessa oltre la metà delle imprese. Ed è fenomeno molto temibile perché mette a repentaglio la realtà e la qualità del personale da utilizzare nella produzione. Temibile perché spesso l’alternativa alle dimissioni è il quiet quitting, l’abbandono silenzioso, la rinuncia a qualsiasi protagonismo, ma anche alla partecipazione da parte del lavoratore che non ha ricevuto risposte adeguate alle proprie richieste e non ha la forza o i mezzi per lasciare il lavoro.
Quando questa realtà si sia determinata è difficile affermarlo, l’unica certezza è che con la pandemia e l’uso moltiplicato dello smart working le esigenze sono cambiate, il lavoratore, specie se giovane, ha avanzato richieste nuove, pronto a tutto pur di soddisfarle. E il delegato, e più avanti il sindacalista, si sono trovati nella necessità di rispondere a queste richieste. Compito non facile, che mette a rischio la prosecuzione dell’impegno. Per questo è opportuno, come Iaccarino ci ha confermato, che il delegato sia dotato di strumenti più raffinati di una volta, che sia messo in grado di selezionare le richieste della base dei lavoratori e di comporle, tutte, materiali e immateriali, in un unico alveo, fino alla presentazione della piattaforma, nella quale tutti i lavoratori possano ritrovarsi per dare forza a chi li rappresenterà al tavolo di negoziato. L’alternativa è lasciare i delegati senza i sostegni necessari, che può essere l’anticamera dell’indebolimento del sindacato, della sua rappresentanza e rappresentatività.
Massimo Mascini