Il rovescio della medaglia è che l’installazione di rinnovabili sta crescendo ad un ritmo superiore del 76 per cento rispetto a quanto si prevedeva solo due anni fa, registra la Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia, che monitora i paesi industrializzati. E che i relativi progetti sui tavoli dei ministeri italiani valgono un aumento del 50 per cento della potenza rinnovabile installata finora. Insomma, dal confronto con Putin usciremo probabilmente migliori. Ma a pezzi, congelati, distrutti? Non pare. Il Generale Inverno, stavolta, non si è messo dalla parte dei russi e la guerra del gas, scatenata da Putin, grazie alle temperature miti, dovrebbe vincerla l’Europa. Anche un brusco calo di temperature nei prossimi due mesi dovrebbe essere assorbito da stoccaggi di metano ancora colmi. E, però, non questo, ma il prossimo inverno? Qui l’Iea lancia l’allarme: senza il metano russo, nell’inverno 2023-2024 agli europei mancheranno 27 miliardi di metri cubi di gas. Sembrano tanti, ma corrispondono, però, solo al 7 per cento dei consumi del continente. Non sembra, dunque, impossibile riuscire a farne a meno, vista la capacità di risparmio dimostrata in questi mesi. Non tanto dalle famiglie, favorite da temperature effettivamente fuori stagione, quanto dalle industrie, che sarebbero dovute sprofondare sotto il peso delle bollette e, invece, hanno grosso modo tenuto la produzione, pur consumando il 2o per cento di gas in meno.
Il rientro da mesi di allarmismo si riassume nella discesa del prezzo del gas sui mercati e fa respirare un po’ i governi europei – quello italiano in testa – che hanno affrontato, in questi mesi, una crisi con pochi precedenti. Il Fondo monetario internazionale calcola che, nell’estate 2022, quel terribile agosto, il prezzo del gas sia arrivato ad un livello 7,5 volte superiore all’inizio del 2021. Per le famiglie questo boom si è tradotto in un aumento del costo della vita del 7 per cento. Ma in Italia, che dal gas dipende più di altri paesi, il costo della vita ha subito una spinta del 12 per cento. Per tamponare la crisi, i governi hanno reagito con una pioggia di sussidi, spendendo cifre enormi, fino all’1,8 per cento del Pil nazionale.
Questo momento di respiro che si intravede nella crisi è l’occasione per ripensare e rimodulare la massa di sussidi, messa insieme nella fretta. L’Fmi sottolinea che l’obiettivo dei sussidi deve essere “alleviare l’impatto degli aumenti sulle famiglie più vulnerabili, ma il resto dell’economia deve imparare a vivere con prezzi più alti, anche diventando più efficiente”. E’ la stessa cosa che dice Christine Lagarde, la presidente della Bce, quando chiede che i sussidi distribuiti dai governi siano “temporanei, mirati, tagliati su misura”. Perché tutti questi scrupoli? Perché il gas disponibile fuori dalla Russia è quello che è. Se la domanda complessiva, foraggiata dai sussidi, non scende, il prezzo a livello globale aumenta e aumentano anche il costo dei sussidi e i disavanzi dei governi.
Ecco perché la Lagarde insiste sui sussidi tagliati su misura. L’Fmi valuta che se gli aiuti si concentrassero nel compensare interamente l’aumento delle bollette per il 40 per cento delle famiglie più bisognose il costo, per lo Stato, sarebbe pari allo 0,9 per cento del Pil nel 2022 e all’1,2 per cento nel 2023. Ovvero, la metà del costo attuale. In alternativa a concentrare i sussidi in base al reddito, si potrebbe scontare il costo della bolletta per una frazione dei consumi recenti, sufficiente ad assicurare un livello base.
Quale sia la strada scelta, la sollecitazione è di evitare gli aiuti a tutti, tanto più nel momento in cui il peso generale delle bollette sembra destinato ad alleggerirsi. Vale soprattutto per l’Italia. Degli 8 miliardi di euro di sussidi alle famiglie previsti nella recente manovra economica solo per i primi tre mesi del 2023, 6,3 miliardi sono a pioggia.
Maurizio Ricci