Forse la tragica sparizione di Federico Caffè, il grande economista scomparso venti anni fa senza lasciare nessuna traccia, poteva essere evitata. E poteva essere il sindacato ad aiutarlo a superare quel momento di grande difficoltà che lo spinse a un gesto forse estremo. Caffè infatti era docente, oltre che alla Sapienza, anche alla scuola di formazione della Fim Cisl ad Amelia, il Romitorio. Un bel casale immerso nel verde e nel silenzio. Caffè aveva accettato con grande entusiasmo, quello che gli era solito, l’invito a insegnare ai giovani sindacalisti. Potrei anch’io imparare qualcosa, aveva detto quando Fausto Tortora, che di quella scuola era il direttore, glielo aveva chiesto. E quel casale gli piaceva tanto. Al punto che qualche tempo, poco, prima di sparire, chiese a Tortora se per caso lui non avesse potuto fermarsi lì per qualche tempo. Anche lungo, aggiunse. Tortora gli disse che sì, era certamente possibile. Poi non se ne fece nulla per banali motivi e quando Tortora voleva tornare a rinnovargli l’invito gli allievi di Caffè gli dissero di rinviare, che il maestro non stava bene, era turbato.
Chissà, poteva essere la via di uscita da quel turbamento, forse nella pace di Amelia e del Romitorio poteva ritrovare quella serenità che soprattutto la fine della carriera gli aveva tolto. Il rimpianto certo c’è ancora ed è venuto tutto fuori mercoledì in una bella serata che la Fim ha organizzato al Romitorio per ricordare Caffè in occasione della fine dell’ultimo corso, uno di quelli ai quali Caffè partecipava.
C’erano due suoi allievi, Roberto Schiattarella e Maurizio Benetti, c’era Fausto Tortora, c’era Ermanno Rea, l’autore del bel libro su Caffè, , che Einaudi ha deciso di rieditare adesso con una postfazione dello stesso Rea. E c’erano tutti i ragazzi di questo ultimo corso, il ventunesimo della serie, iniziata nel 1982. Caffè è stato al centro di tanti ricordi, nei particolari intimi e in quelli attinenti al suo grande insegnamento. Franco Bentiviogli, che era segretario generale Fim in quegli anni lontani, ha ricordato come Caffè fosse cattolico praticante. .
Ma soprattutto si è parlato della straordinaria attualità dell’insegnamento di Caffè, riformista estremo, anzi, come ha detto Rea, riformista rivoluzionario, ossimoro che detta con grande precisione l’idea di questo economista che non era mai allineato perché teneva sopra ogni altra cosa a mettersi dalla parte dei più deboli, dei perdenti. Al centro della sua attenzione c’era sempre l’uomo, la persona e quando doveva prendere una decisione cercava di capire cosa avrebbe pensato una persona umile in quel frangente, quali sarebbero state le sue pene e le sue aspirazioni.
Un’idea di politica economica che lo avrebbe fatto trovare in grande disagio in questi giorni difficili, dove gli interessi hanno sempre la meglio anche sui diritti, dove le esigenze e le necessità delle persone non vengono mai prese in considerazioni se non come qualcosa da sacrificare. Eppure, hanno assicurato i suoi allievi, anche in questo momento non avrebbe mai fatto mancare il suo appoggio, per quanto avrebbe potuto.
Non era un sognatore, ha ricordato Rea, era immerso nella storia, ma senza chiusure. Emblematico il suo atteggiamento in occasione della vicenda della scala mobile in quei turbolenti anni ottanta. La politica d’anticipo, alla base della manovra, era stata formulata da Ezio Tarantelli, suo caro allievo, ma non lo aveva convinto e lo diceva apertamente allo stesso Tarantelli, con il quale discuteva sempre animatamente. Ma al di là dell’idea scientifica, lui era contrario alla manovra sulla scala mobile perché vedeva che il sindacato si divideva su questo e sapeva che era un male per i lavoratori. Quando poi si trattò di votare a chi gli chiedeva come avrebbe votato lui senza esitazioni rispondeva che avrebbe votato per il sì, ma aggiungeva che questo non doveva far credere che le ragioni del no non erano valide, anzi diceva, forse lo sono ancora di più. Insomma, nella sua grande umanità cercava sempre di non dimenticare le ragioni degli altri.
Una bella serata che onora la Fim e la sua scuola. Più che giustificato il grazie di tutti al direttore del Romitorio Rosario Iaccarino.
7 marzo 2008
Massimo Mascini