Nel 2018, lo studioso polacco Jan Zielonka scrisse un pamphlet, “Contro-rivoluzione”, per sancire il fallimento dell’Europa. In Italia, dopo le elezioni del 4 marzo, era nato il primo governo Conte. L’alleanza tra il Movimento 5 Stelle e la Lega stava inghiottendo in un gorgo le regole di convivenza civile e l’equilibrio delle istituzioni. In Ungheria trionfava l’illiberale Viktor Orban. A Varsavia, il partito Diritto e Giustizia di Jaroslaw Kaczynski aveva conquistato anche la Corte costituzionale, rendendo “una farsa la sovranità della legge”. Il vento della Brexit trascinava la Gran Bretagna lontano dal vecchio Continente. I gilet gialli facevano tremare la Francia. Le rivendicazioni autonomiste della Catalogna squassavano la Spagna.
Le forze anti-establishment erano entrate nella stanza dei bottoni. Benedette, in modo diverso ma convergente nella frantumazione dell’Unione europea, da Trump e da Putin (ricordate i pellegrinaggi di Steve Bannon e di Alexander Dugin?). La Cina, sorniona, si fregava le mani. Era l’apoteosi del populismo. La società aperta, il mercato, il movimento di persone, di capitali, di merci e di servizi, i diritti delle minoranze, il bilanciamento dei poteri, la democrazia rappresentativa: via tutto.
L’aumento scandaloso delle diseguaglianze, le ingiustizie, la corruzione, lo sfruttamento, il nepotismo, gli ingiustificati privilegi, le troppe tasse, il dilagare della povertà avevano fatto esplodere il rifiuto di un assetto identificato con la dittatura di élite non elette: plutocrati, banchieri centrali, giudici, agenzie di rating, e via cantando. Un lucido caos tenuto assieme dal rifiuto dei migranti e dalla paura del diverso. Con un costante connotato di antisemitismo. Il delirio al potere.
Poi è arrivato il Covid. Tutto, come per incanto, si è cristallizzato. L’Età dei Lumi ha fatto di nuovo capolino tra le tenebre dell’Irrazionalismo. L’Europa ha trovato la forza per reagire allentando i cordoni della borsa e capendo finalmente che il rigore dei bilanci non può essere garantito sulla pelle della gente. E anche in Italia, da sempre laboratorio politico, il ritorno al rispetto delle competenze e delle responsabilità ha mutato il clima complessivo. La rivolta dei no vax si è rivelata chiassoso fenomeno di minoranza e la gran parte della popolazione ha accettato convinta le misure di contenimento e di contrasto del contagio.
Sembrava ne stessimo uscendo, in nome di un rinnovato umanesimo, ma l’invasione dell’Ucraina ha trasformato il lento risveglio in un nuovo incubo. L’opinione pubblica appare vieppiù turbata e spaventata. La crisi energetica e alimentare, l’inflazione, i bassi salari, il timore per quello che può ancora accadere stanno riaccendendo i fuochi della protesta. E i sondaggi che rilevano una crescente opposizione all’invio di nuove armi sono il più eclatante sintomo di questo disagio. Assieme ad un nuovo turbine di ribellismo e di annunciato aumento dell’astensionismo.
Demonizzare tali tendenze, come fanno i commentatori dei principali giornali, significa che la lezione degli ultimi anni non è servita ad alcunché. Un errore esiziale. Il fuoco cova sotto la cenere. La rabbia e il rancore che i rapporti Censis registravano nel 2018 e nel 2019 sono sempre lì, in agguato. Vanno affrontati e combattuti a viso aperto, fornendo risposte e soluzioni condivise. Dare l’impressione che, comunque vadano i prossimi ricorsi alle urne, ci sarà sempre bisogno di una bacchetta magica alla Mario Draghi, rischia di provocare un’altra crisi di rigetto. Il populismo è sedato ma non domo. Pronto a scagliarsi contro una nuova congiura delle élite.
Per sconfiggere davvero la controrivoluzione, serve la politica, quella vera. A Morlupo, in provincia di Roma, viale Enrico Berlinguer incrocia viale Giorgio Almirante. Sembra uno scherzo, ma è nostalgia di altri tempi.
Ammoniva, nel suo libro, Jan Zielonka: “La democrazia non è sicura se solleviamo dubbi sulla assennatezza delle scelte elettorali. Non siamo fedeli al principio di uguaglianza se ci permettiamo di accusare la gente povera di essere stupida e facile da manipolare”. E ancora: “Mi viene detto che gli esperti hanno maggiori conoscenze per affrontare i complessi problemi di quelli che sono poveri e quindi non istruiti. Inutile dire che tutto ciò è vero, e difficilmente può essere messo in discussione. Ma io credo che non dobbiamo comportarci da bestie per sconfiggere le bestie. Credo che tutte le persone, non solo alcune, dovrebbero essere libere e uguali. Non penso che la democrazia consista solo nelle elezioni, ma senza elezioni difficilmente possiamo parlare di democrazia”.
E il suo maestro, Ralf Dahrendorf, ripeteva questa massima: “La fondamentale responsabilità degli intellettuali è di dubitare di tutta la sapienza ricevuta, interrogarsi su quello che è dato per scontato, mettere in discussione ogni autorità e porre tutte quelle domande che altrimenti nessun altro oserebbe porre”.
Bisogna sempre avere il coraggio di dire quando il re è nudo.
Marco Cianca