Ogni uomo è filosofo, ma non tutti gli uomini sono scienziati
Nei quaderni del carcere Antonio Gramsci, studiando la funzione sociale dell’intellettuale ha ribaltato la concezione tradizionale che vedeva nel “letterato” il portatore di un sapere essoterico e inaccessibile a chi svolgesse attività materiale in cui fosse prevalente uno sforzo muscolare-nervoso.
“Non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo sapiens. Ogni uomo infine, all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare.
Ogni uomo dunque è filosofo perché ognuno di noi è portatore di una personale visione del mondo e di valori riconducibili al campo dell’etica (la ben nota legge morale dentro di noi di cui parlava Kant) ma tale regola non si applica nei confronti della scienza perché in tale campo non contano le opinioni personali ma i dati accettati come “veri” (seppure falsificabili) dalla comunità scientifica; un sapere a cui non si può accedere per via intuitiva ma solo dopo uno studio accurato delle materie che costituiscono i diversi ambiti disciplinari.
Si può essere dunque filosofo ma non si può essere scienziato, virologo e in misura ancora minore immunologo perché tali saperi implicano lunghi anni di studio e di training; trattasi infatti di un sapere non esoterico (accessibile a chiunque) ma essoterico (limitato dunque ai cultori della materia) per seguire l’antichissima dicotomia aristotelica sulla diversa fruibilità delle conoscenze
L’incursione dei filosofi nelle materie della scienza
Il grande paradosso dei filosofi neo-foucaltiani (come sono stati definiti Cacciari e Agamben da Giacomo Marramao su Huffington post) è che Michel Foucault , il cui maestro era stato Georges Canguilhem a cui si deve un testo fondamentale per l’antropologia medica “Il normale e il patologico” era uno straordinario conoscitore e studioso erudito della medicina come dimostrano le sue opere “Storia della follia nell’età classica” e soprattutto “La nascita della clinica un ‘archeologia dello sguardo clinico”; la stessa cosa invece non si può dire per Giorgio Agamben, la cui formazione è prevalentemente giuridica con un particolare debito intellettuale verso Karl Schmitt, e quella di Cacciari in parte marxista e in parte orientata al pensiero negativo di Nietzsche.
Con una differenza sostanziale tra i due, perché mentre le incursioni nella scienza di Agamben non si sono viste quelle di Cacciari sono frequenti e francamente imbarazzanti per chiunque abbia un minimo di conoscenza della materia.
Non è mio interesse aprire una polemica a distanza ma prendere spunto dalle numerose imprecisioni dette nei vari talk show (non solo da Cacciari ovviamente) per cercare di fare chiarezza su alcuni temi che purtroppo sono stati distorti e amplificati da una televisione poco o pochissimo attenta a dare informazioni valide dal punto di vista scientifico.
Sostanzialmente tre sono le tesi sostenute da quanti ritengono inutili e pericolose per la democrazia le politiche messe in campo per il controllo della pandemia.
La pandemia come occasione per l’esercizio del biopotere su scala planetaria
Il concetto del biopotere, ovvero sia il controllo esercitato non più sul singolo individuo con il meccanismo del disciplinamento ma su scala di popolazione attraverso l’interferenza sul bios e sui meccanismi di riproduzione del vivente, ha accompagnato l’intero percorso intellettuale di M. Foucault. Questo tema è ora uno dei più richiamati dagli oppositori al green pass dagli scettici sull’efficacia vaccino e dai no-vax convinti e acculturati. Le prescrizioni messe in atto dai governi per limitare il contagio sarebbero in realtà i meccanismi con cui il potere cerca di imporre le sue misure di controllo sociale e da qui l’opposizione a quei provvedimenti in nome della libertà. In realtà l’epidemia da Sars Cov 2 è la dimostrazione del contrario; è la prova che il potere dell’uomo sul vivente ha un limite e che se i mondi vitali segregati vengono violati come avvenuto invadendo e violentando le riserve naturali dei pipistrelli dove quelle specie animali coabitavano con i corona-virus, si innescano dei meccanismi evolutivi delle specie sottoposte a pressione che travolgono gli equilibri con le altre specie e in primis con l’uomo. Un conflitto che si risolverà solo dopo che sarà raggiunto un nuovo e finora inedito equilibrio in cui entrambe le specie avranno uno proprio spazio riservato compatibile con le proprie necessità biologiche.
Covid 19 è dunque la testimonianza di quanto sia illusoria la pretesa dell’uomo di estendere il suo signoraggio sulla natura e quanto limitato il suo potere di interferire unilateralmente con i meccanismi della vita.
Il rischio che i vaccini a mRNA possano interferire con il patrimonio genetico del ricevente
Il secondo aspetto da chiarie riguarda la capacità dei vaccini a mRNA di interferire con il patrimonio genetico umano. Tesi bizzarra, sia perché il patrimonio genetico nell’uomo è costituito da DNA e non da RNA e sia perché la capacità di penetrare nelle cellule umane è una caratteristica peculiare del Virus SARS COV 2 ma non del vaccino a mRNA, che agisce con un meccanismo completamente diverso. Vediamo nel dettaglio
- Il virus può essere rappresentato come una catena ininterrotta di RNA costituita dalla combinazione di quattro tipi di diversi monomeri chiamati nucleotidi; tale insieme è quello che costituisce il genoma virale
- l’RNA virale è avvolto da una capsula di protezione rivestita a sua volta da particolari proteine a punta chiamate spike
Le proteine spike son indispensabili per fare fondere la membrana del virus con quella cellulare e, una volta avvenuta la fusione, per fare penetrare l’intero genoma del virus all’interno della cellula
Una volta penetrato, l’RNA del virus si lega all’apparato di produzione cellulare (i ribosomi) blocca l’attività fisiologica inducendone altre rivolte a rendere diffusibile il virus. Tali azioni sono:
- Sintesi di proteine che bloccano il sistema difensivo cellulare e la produzione di interferoni
- Duplicazione dell’intero RNA in milioni di esemplari (con possibilità di piccoli errori in grado talvolta di generare i ceppi mutanti, ultimo dei quali è la variante omicron)
- Produzione delle proteine di rivestimento e protezione del virus di cui spike è solo un costituente
A questo punto le particelle virali vengono assemblate in modo completo e fuoriescono dalle cellule per invadere i tessuti circostanti
- Il vaccino a mRNA è costituito invece da un piccolo frammento di RNA virale circondato da una pellicola di glicoli (un prodotto utilizzato anche come antigelo). Le vescicole non hanno alcuna capacità di infettare le cellule umane perché prive della proteina spike.
Una volta iniettate, le vescicole contenute nel vaccino vengono captate da cellule specializzate nel fagocitare materiale estraneo, le cellule dendritiche diffuse ampiamente in tutti i tessuti. All’interno di tali cellule l’RNA induce la produzione della proteina spike che viene successivamente localizzata sulla membrana delle stesse cellule in apposite strutture di supporto. Le cellule dendritiche migrano nel linfonodo di competenza e lì vengono in contatto con i linfociti che sono le cellule responsabili dell’immunità. Sono i linfociti che riconoscendo spike come estraneo all’organismo danno avvio alla risposta immune con la produzione di anticorpi proteggenti e la formazione di cellule in grado di uccidere le altre cellule infettate dal virus
Il vaccino dunque non interferisce in nessun modo con il materiale genetico del ricevente ma innesca una risposta che avverrebbe con qualsiasi altro materiale estraneo per la cellula e considerato potenzialmente infettivo
Il falso assunto che il vaccino non funzioni perché la metà dei ricoverati in terapia intensiva sono vaccinati
L’affermazione che il vaccino è inefficace perché la metà dei pazienti in terapia intensiva è un falso clamoroso che dimostra un’assoluta ignoranza della statistica.
Il parametro da utilizzare è invece quello del tasso per 100.000 abitanti che dimostra in modo incontrovertibile gli effetti positivi del vaccino; tra i non vaccinati infatti, come ben spiega il rapporto dell’Istituto superiore di sanità del 1dicembre c.a. il tasso per 100.000 è pari 13,2 mentre pe i vaccinati oscilla tra 2,2 e 1,4; lo stesso per quanto riguarda il rischio relativo che per i primi è 9 volte superiore rispetto a vaccinati.
Conclusioni
Nei confronti del gren pass e dell’obbligo vaccinale è sicuramente lecito avere idee e posizioni discordanti. È lecito sostenere con forza la propria posizione e mobilitare chi condivide tale posizioni; non è tuttavia accettabile che illustri professori universitari mistifichino i dati della realtà sostenendo tesi che di scientifico non hanno assolutamente nulla. Ci si indigna per gli spazi di libertà negati, ma si dimentica che l’epidemia è in realtà una sindemia che colpisce duramente secondo uno forte gradiente di classe: a livello di sistema mondo tra paesi ricchi e poveri; a livello del singolo paese tra le diverse classi sociali e tra singoli individui in funzione degli svantaggi sociali accumulasti nel corso della loro vita. Il vaccino può incidere su questi fattori impedendo che siano sempre i peggio collocati nella scala sociale a pagare il prezzo più alto della malattia Questa dimensione sociale dell’epidemia sfugge totalmente a questi illustri intellettuali che, in nome di un diritto astratto, mostrano una totale indifferenza per il destino delle persone reali.
Roberto Polillo