Dopo dodici mesi di stasi, alla vigilia dell’assemblea annuale il presidente di Confindustria si ricorda improvvisamente che c’era in ballo un accordo sulle relazioni industriali. E corre ai ripari con una letterina a Cgil, Cisl e Uil…
Ma alla fine, onestamente: perché gliene dovrebbe fregare qualcosa, alla Confindustria, di fare un accordo con i sindacati sulla riforma dei contratti? Perché mai Vincenzo Boccia dovrebbe impelagarsi in una trattativa che finirebbe inevitabilmente per dividere (ancora di piu’) la Confindustria, allargando la mai rimarginata frattura che si era consumata sulla sua elezione lo scorso anno? E infatti, non gliene frega granché di riformare i contratti. Quello che a Confindustria preme e’ solo salvaguardare una sorta di diritto di primogenitura sulla contrattazione stessa. Della quale, sostanzialmente, vorrebbe l’esclusiva.
Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio.
Il principio e’ che per circa dodici mesi Cgil Cisl e Uil hanno cercato di trascinare la Confindustria al tavolo di confronto, ma non si e’ smosso mai nulla di concreto. Solo qualche chiacchiera a tempo perso, qualche tazza di caffè e poi ok, ci si sente ragazzi, alla prossima. Eppure, lo stesso Boccia, esattamente un anno fa, al momento del suo insediamento alla presidenza di Viale dell’Astronomia, aveva giurato di voler condurre in porto rapidamente una intesa a tutto campo sulle relazioni industriali: anche per evitare che il governo (Renzi) desse prima o poi seguito alle ripetute minacce di intervenire per via legislativa. Per la verita’, sia pure in modo alquanto ondivago, il filo del rapporto con Cgil Cisl e Uil non si e’ mai interrotto: gli sherpa dei due fronti, quello sindacale e quello imprenditoriale, hanno lavorato alacremente. Ma un confronto vero, stringente, che andasse oltre gli incontri tecnici, non si e’ mai riuscito a fare.
Nel frattempo, però, il mondo ha continuato a girare lo stesso: pur in mancanza di nuove regole condivise, si sono rinnovati tutti i contratti nazionali; compreso quello, difficilissimo, dei metalmeccanici, che per la prima volta dopo diversi lustri ha avuto anche l’adesione convinta della Fiom. Tutti contratti passati ”sopra la testa” di Confindustria: cioè senza la sua attiva collaborazione. Visto lo stato di catalessi della casa madre, le diverse categorie hanno fatto da sole. E per il meglio: mai si e’ vista una stagione contrattuale così produttiva, con così pochi scioperi e con tanti buoni risultati. Lasciate libere di seguire le proprie esigenze, senza dover rispondere di linee politiche precostituite a monte, tutte le categorie dell’industria, anche le più riottose, alla fine hanno trovato l’intesa con i sindacati. Con reciproca soddisfazione. Salvo che, a questo punto, le imprese potrebbero chiedersi ”a che serve Confindustria”. Ed e’ a questo punto, infatti, arriva una specie di svolta. Una specie, appunto. Perché, ancora una volta, siamo nell’ambito dello storytelling, non della realtà.
Ecco come e’ andata. All’inizio di maggio, le tre confederazioni decidono di stanare la Confindustria, metterla di fronte alle proprie responsabilita’ nel fallimento della trattativa. Producono percio’ un comunicato stampa, che sostanzialmente afferma: ”dopo un tot di incontri, noi siamo pronti a sederci al tavolo per fare un accordo sulle nuove relazioni industriali e la riforma dei contratti. Confindustria, se c’e’, batta un colpo”. Da Viale dell’Astronomia non arriva nessuna risposta ufficiale. Il comunicato cade nel vuoto pneumatico.
Sottotraccia, invece, si tengono alcuni incontri tecnici. Nel corso dei quali emerge che Confindustria e’ interessata, in realtà, a una sola questione: quella che, tecnicamente, si chiama ”perimetrazione contrattuale”, e che, spiegata ai comuni mortali, significa rimettere ”al loro posto” le altre associazioni di impresa: come artigiani e commercianti, per esempio, che forti di ottime relazioni industriali e di accordi importanti sottoscritti con i sindacati, si stanno un po’ troppo ”allargando” oltre il loro settore di definizione, conquistando terreno a scapito della stessa Confindustria.
Dunque, questo e’ il campo di gioco che Boccia chiede per avviare il negoziato con i sindacati. I quali, a loro volta, rispondono sostanzialmente così: “siamo d’accordo nel riordinare il settore dei contratti, ma non intendiamo concedere a Confindustria nessuna esclusiva rispetto alle altre associazioni, tanto meno a priori e senza nulla in cambio. Confindustria accetti che sia verificato il suo reale peso di rappresentanza, e poi ne riparliamo”. Ma Confindustria ovviamente non ci pensa proprio a farsi ”pesare”. E infatti si intana nuovamente.
Intanto, si avvicina l’assemblea annuale. Ovvio che, con l’occasione, Boccia dovrà dire qualcosa su questa trattativa fantasma: la sua platea, come minimo, dopo un anno se lo aspetta. Ma che dire, visto che in un anno non si e’ fatto assolutamente nulla? Ed ecco l’idea geniale per salvare capra e cavoli: il 17 maggio, da viale dell’Astronomia parte una lettera urgente indirizzata a Susanna Camusso, Anna Maria Furlan e Carmelo Barbagallo. Nel testo, Boccia si rivolge ai ”Gentili Segretari Generali”, ricordando che ”nel nostro primo incontro, abbiamo convenuto di affrontare come primo passo di una piu’ ampia collaborazione quattro argomenti: la rappresentanza e i suoi perimetri, le politiche per il lavoro, il welfare e la bilateralità, e, infine, la regolazione degli assetti della contrattazione collettiva per la definizione di quello che siamo soliti definire un modello per la contrattazione”.
“Purtroppo”, scrive ancora Boccia, non si e’ riusciti a superare ”un punto di criticita”’, che e’ per l’appunto quello legato al famoso perimetro contrattuale: ”Ne avevamo gia’ discusso nel nostro incontro di dicembre scorso. Sciogliere questo nodo e’ un presupposto necessario per consentire allo strumento principe della nostra relazione, il contratto nazionale di categoria, di continuare a svolgere la sua importante funzione regolativa”. Poi, certo, le altre questioni: ma su quelle, suvvia, ci si mette d’accordo…. Quel che davvero conta, e’ che Confindustria ottenga, in sostanza, l’agognata ”esclusiva” della rappresentanza contrattuale, mettendo fuori gioco i pericolosi rivali dell’artigianato e del commercio.
Infine, Boccia piazza un colpo da pokerista di classe: ”abbiamo stilato un documento riassuntivo di tutti gli argomento che vorremmo sottoporre alla vostra attenzione per discuterne insieme – scrive ai sindacati- Vi proponiamo quindi di definire una data per un nostro prossimo incontro, in modo da individuare le possibili successive tappe di un confronto”. Non e’ esattamente così: documenti condivisi non ce ne sono, Confindustria ha mille anime, e tutte chiedono qualcosa di diverso. Metterle d’accordo e’ praticamente impossibile. E quanto a fissare date per il confronto, da mo’ che i sindacati lo chiedono. Ma quel che conta e’ prendere tempo. E con questa lettera, il presidente, in assemblea, potrà serenamente affermare di aver fatto la sua parte, e di essere ora in attesa della risposta dei sindacati.
I sindacati, intanto, ricevuta la missiva, restano alquanto spiazzati: ma come, dopo mesi che sollecitavano un incontro, ora gli tocca la parte di quelli che devono essere sollecitati? Sia come sia, rispondono a stretto giro: ”Gentilissimo presidente, in riferimento alla Sua, eccetera eccetera, intendiamo rassicurarla che l’esigenza di dare seguito agli incontri tecnici di questi mesi e’ da noi condivisa. Infatti, anche noi abbiamo preparato (da tempo …) un documento di sintesi, che le alleghiamo. In attesa di concordare le date con la sua segreteria, distinti saluti, eccetera eccetera”.
Nel documento, ancora una volta, Cgil, Cisl e Uil si dicono disposte ad avviare una discussione sul famoso “perimetro”, ma anche loro piazzano un colpo da pokeristi: il confronto, affermano, dovra’ essere aperto ”a tutte le associazioni di rappresentanza dell’impresa”, certo non alla sola Confindustria; alla quale, peraltro, i sindacati ricordano che se davvero si vuole un “intervento efficace” su questa materia, e’ ”indispensabile” passare anche al vaglio la “rappresentanza e rappresentatività dei soggetti negoziali”. Pertanto, propongono a Boccia ”un confronto sulla misurazione della rappresentanza anche delle associazioni datoriali”, per valutare ”la legittimità delle stesse quali soggetti contrattuali”.
Ora la palla ri-passa quindi a Confindustria: accetterà di farsi pesare sulla “bilancia” proposta dai sindacati, o sfuggirà (ancora) a una valutazione dalla quale potrebbero uscire sorprese? O, ancora, Boccia fingerà di nulla, e accuserà a sua volta i sindacati di sottrarsi al confronto? Si vedrà. Il presidente degli industriali, come gia’ detto, si gioca le carte che ha, anche quando sono scartine: tanto che, questo pomeriggio, nell’assemblea privata che precede quella, aperta di mercoledi mattina, non ha esitato a intestarsi il successo di una stagione contrattuale alla quale, invece, Confindustria e’ rimasta sostanzialmente estranea: “Abbiamo concorso al rinnovo di 20 contratti nazionali, dal metalmeccanico al cartario, dall’energia al petrolio e al calzaturiero per citarne alcuni – ha affermato Boccia- Nelle fabbriche abbiamo inaugurato una nuova stagione di confronto col sindacato per modernizzare le nostre relazioni industriali”. Nelle fabbriche, appunto; a Viale dell’Astronomia un po’ meno. Anzi, forse per niente.
@nunziapenelope