Il nuovo Inail è una realtà. Non più solo un istituto pubblico che liquida il ristoro dei danni subiti sul lavoro e una rendita per compensare la riduzione della capacità dell’infortunato di produrre lavoro. Negli anni, grazie alle riforme introdotte dal legislatore e dall’accurata attuazione di questi principi, l’Inail si è dotato di articolate e competenti strutture sociosanitarie, di analoghe competenze tecniche, di poli di ricerca multidisciplinare, cambiando priorità, compiti e finalità. Adesso interviene con forza e competenza nella prevenzione degli infortuni, è diventato un polo di ricerca fondamentale, è attivo nella riabilitazione e nel reinserimento lavorativo, presta la dovuta attenzione all’equità delle prestazioni economiche, ha ampliato in maniera molto consistente l’entità degli investimenti. E’ soprattutto un istituto che funziona bene, forse benissimo, che vede una forte partecipazione dei diversi soggetti, istituzionali e sociali, che partecipano alla sua vita, senza quella litigiosità che caratterizza altri enti, primo tra gli altri certamente l’Inps.
E’ questo il quadro che emerge dalla relazione che ha presentato oggi il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inail Francesco Rampi nell’ambito di una manifestazione tesa a celebrare il passaggio alla seconda parte di questa consigliatura. Rampi si è soffermato su tutti i singoli punti del suo bilancio, spiegando come vada strutturandosi un cambiamento sostanziale dell’istituto, chiamato a più complessi compiti. Ma valgono su tutto le cifre che ha elencato alla fine della sua relazione, una vera e propria carta di identità dell’Inail, come ha detto lui stesso. Facendo un raffronto tra le cifre del 2010 e quelle dell’anno passato, emerge infatti un quadro preciso. In questi cinque anni il numero delle aziende assicurate è calato dell’1,5%, mentre gli assicurati sono anche essi diminuiti dell’8,0%, il segno della crisi che è passata nel nostro paese lasciando morti e feriti. Ma parallelamente, se è aumentato del 25% il numero delle denunce di malattie professionali (per lo più dovute a un ampliamento delle casistiche interessate), è diminuito di ben il 31,4% il numero degli infortuni denunciati, un vero successo anche se in parte da addebitare sempre alla crisi che abbiamo vissuto.
Ancora, dalle schede del presidente del Civ dell’Inail emerge che l’istituto ha visto contrarsi il gettito netto da premi e contributi del 15,8% e le prestazioni economiche del 7,2%, ma l’entità delle prestazioni riabilitative e di reinserimento è cresciuta del 57,7%, le spese per la prevenzione del 58,9%, la ricerca prevenzionale del 62,1%. Ancora, in questi cinque anni dal 2010 al 2015 il numero delle risorse umane occupate dall’istituto è calato del 14%, mentre la redditività del patrimonio è salita del 18,8%.
Un lungo elenco di cifre, che parlano però da sole, spiegando come l’istituto si è assunto nuovi compiti, ha saputo assolverli e guarda con fiducia al futuro. Sul futuro questa mattina si è soffermato soprattutto il presidente dell’istituto, Massimo De Felice, che ha indicato le tre leve sulle quali l’Inail ha potuto contare in questa sua azione e che saranno determinanti anche nel prossimo futuro: l’esistenza di una rete di alta tecnologia, i protocolli avanzati di ricerca, la riorganizzazione dell’istituto. Tre leve che sono state determinanti perché le strategie non divenissero “esercizio di vuota fantasia”, come lui stesso ha affermato. Ma anche queste leve a suo avviso non bastano. Avremmo bisogno, ha detto, di tre aiuti dall’esterno: una vera omogeneizzazione contrattuale che elimini recinti retaggi di altre epoche; il superamento dell’invecchiamento progressivo in atto delle forze di lavoro che impedisce o rallenta l’innovazione tecnologica; la possibilità per l’istituto di promuovere e partecipare a start up. Se quelle tre leve continuassero a funzionare come hanno fatto in passato e si potesse contare su quelle tre novità, la battaglia per il nuovo Inail sarebbe molto più facile.
Massimo Mascini