A un mese e mezzo dal precedente appuntamento, i rappresentanti dei sindacati dei metalmeccanici e delle associazioni imprenditoriali aderenti a Confindustria sono tornati oggi a incontrarsi. Oggetto della riunione, l’atteso rinnovo del contratto della categoria. In mezzo fra oggi e il 24 marzo, data dell’ultimo incontro, due avvenimenti importanti, che si pensava potessero avere un influsso su una trattativa ormai stagnante. Il 31 marzo, il consiglio generale di Confindustria che ha eletto Vincenzo Boccia quale successore di Giorgio Squinzi. E il 20 aprile, il primo sciopero nazionale organizzato unitariamente dai sindacati dei metalmeccanici dopo otto anni di contrasti e divisioni fra le tre organizzazioni.
Tuttavia, a quel che pare, nessuno di questi due avvenimenti ha avuto il potere di dare un nuovo indirizzo, o quanto meno un nuovo ritmo, a un negoziato che rimane molto difficile. Secondo i sindacati, infatti, lo sciopero del 20 aprile è andato bene, ma, a quel che pare, non ha inciso granché sulle posizioni di Federmeccanica. E neanche lo scioglimento dell’interrogativo su chi sarebbe stato il successore di Squinzi, con l’elezione al vertice di viale dell’Astronomia di un “moderato” come Boccia, sembra aver contribuito, almeno per adesso, a migliorare il clima della trattativa dei metalmeccanici.
Partiamo dunque dalle notizie di giornata, che sono, peraltro, piuttosto magre. Intorno alle ore 11:00, le delegazioni ristrette di Fim, Fiom e Uilm, da una parte, e di Federmeccanica e Assistal, dall’altra, si sono ritrovate in uno degli stanzoni posti al primo piano della palazzina che fiancheggia la sede nazionale della Confindustria, nel quartiere romano dell’Eur. Qui si è svolto un incontro abbastanza rapido. Un’ora e mezza, dedicata essenzialmente alla stesura di un calendario per le prossime due settimane. Un comunicato sindacale unitario – emesso da Fim, Fiom e Uilm nel primo pomeriggio – riporta dunque che “il negoziato proseguirà in sede tecnica sui singoli argomenti nelle giornate del 10, 11, 16 e 17 maggio”. Il che significa che in questi quattro appuntamenti saranno affrontati quei temi – quali il welfare contrattuale, la formazione professionale, il sistema degli orari, la partecipazione e le relazioni industriali – che sono già stati oggetto di primi approfondimenti nella seconda fase del negoziato, quella svoltasi tra febbraio e marzo di quest’anno. Il 25 maggio invece, sempre in sede tecnica, proseguirà il lavoro dell’apposita commissione incaricata di esaminare la questione della revisione dell’inquadramento professionale.
Ma, come tutti sanno, il vero problema di questa trattativa è un altro. O, per dire meglio, sono altri due, peraltro strettamente intrecciati fra loro. Da un lato, quello del rapporto tra contrattazione nazionale e contrattazione decentrata; dall’altro, quella del rapporto fra contratto nazionale e crescita del potere d’acquisto delle retribuzioni. Ed è qui che il negoziato non sembra aver ancora fatto progressi rispetto all’ultimo precedente incontro.
Quel giorno, il 24 marzo, i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm, ovvero Bentivogli, Landini e Palombella, furono ricevuti, su richiesta, dai Presidenti di Federmeccanica, Storchi, e di Assistal, Carlini. Un tentativo estremo dei sindacati di evitare una prima iniziativa di lotta. Fallito, come era peraltro prevedibile, l’incontro, non restava, per i sindacati, che passare dalle parole ai fatti, ovvero allo sciopero nazionale di 4 ore per turno che si è poi svolto il 20 aprile.
E oggi? Oggi, secondo Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, “Federmeccanica ha ribadito l’obiettivo dello schema del salario di garanzia presentato il 22 dicembre, che esclude il 95% dei lavoratori metalmeccanici, dando solo una disponibilità a ‘costruire una gradualità temporale’ dentro la vigenza della durata del contratto”. In pratica, Federmeccanica ha proposto che il nuovo schema retributivo, denominato “salario minimo di garanzia”, non cominci a produrre i suoi effetti (comunque minimi, a detta dei sindacati) a partire dal 2017, ma, come si dice in gergo sindacale, “a regime”, ovvero entro la vigenza del rinnovando contratto. Cioè, con ogni probabilità, entro la fine del 2018.
Ai sindacati, però, la proposta non è piaciuta. Infatti, il citato comunicato recita così: “Abbiamo unitariamente esplicitato il nostro disaccordo e ribadito la nostra volontà di giungere ad un accordo che preveda un incremento salariale per tutti i lavoratori”. Par di capire, insomma, che, di fronte a una proposta percepita come deludente, i sindacati abbiano preferito, per oggi, non approfondirla, puntando le loro carte sulla ripresa degli incontri tematici che si svolgeranno nelle quattro date sopra citate. La questione del salario sarà invece, forse, ripresa in un quinto incontro, che si terra a valle dei quattro appena ricordati, e cioè il 18 o 19 maggio.
La conseguenza, minore, di questo mancato approfondimento odierno, è che non si è capito cosa, secondo Federmeccanica, dovrebbe accadere rispetto alle buste paga dei metalmeccanici di qui al 2018. Il direttore generale di Federmeccanica, Stefano Franchi, si è limitato quindi a dichiarare che, per l’associazione delle imprese, “si tratta di trovare insieme ai sindacati delle soluzioni che, con gradualità, consentano di realizzare, nell’arco del triennio” di vigenza del prossimo, auspicato accordo, “un nuovo modello di contratto nazionale”.
Per Bentivogli, invece, “è necessario andare oltre gli enunciati generici di Federmeccanica”. Bisogna quindi “riaprire il negoziato con una impostazione e un passo diversi”. Per Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, “è positivo che si ricominci a discutere”. Anche lui nota, però, che “oggi non abbiamo registrato alcuna apertura sugli aumenti salariali”. Infine Landini, segretario generale della Fiom-Cgil, secondo cui quella compiuta oggi da Federmeccanica è “una leggera modifica, ma non un’apertura.” Ne segue che se “alla fine del nuovo tratto di percorso oggi avviato, ci ritroveremo ancora senza una mediazione accettabile, dovremo valutare tutti assieme quali iniziative mettere in campo”.
Insomma, siamo sempre lì. Nessuna delle controparti vuole assumersi la responsabilità di una rottura. Ma non si intravede ancora un percorso che possa portare a un accordo.
@Fernando_Liuzzi