Potrebbe essere il congresso della riconciliazione. Tra le diverse anime della confederazione, per prima cosa. Ma anche tra le diverse confederazioni sindacali. L’assise della Cgil, in programma da mercoledì a sabato a Rimini, potrebbe davvero rappresentare una svolta per tutto il mondo del lavoro. Perché i tempi sembrano essere maturi per una generale riconsiderazione delle politiche e delle strategie e perché gli stessi protagonisti hanno mandato segnali precisi che potrebbero appunto significare la disponibilità a una revisione delle divisioni.
Ciò vale innanzitutto per la Cgil. La fase congressuale che si è svolta in questi mesi è stata molto dura, ma ha chiarito parecchie cose. La vittoria di Guglielmo Epifani su coloro che gli si opponevano, e che hanno presentato una mozione diversa da quella del segretario generale, è stata netta. Epifani ha raccolto l’83% dei consensi, gli altri solo il 17%. Questi inoltre hanno pagato pesantemente la sconfitta perché due delle tre categorie che si erano coalizzate per “un’altra Cgil”, come recitava il loro slogan, non sono riuscite nemmeno a vincere i loro congressi e due leader, Domenico Moccia dei bancari e Carlo Podda della funzione pubblica, hanno dovuto abbandonare le loro cariche. Diversa la sorte dei metalmeccanici, perché Gianni Rinaldini ha vinto il congresso della Fiom, ma è risultato abbastanza evidente come le sue idee non abbiano sfondato nella confederazione.
C’è da ricordare, ed è stato sottolineato più volte, che il fronte degli oppositori del segretario generale era molto composito, perché riuniva quelli che volevano che Epifani innovasse di più la sua politica e quelli che volevano che la innovasse molto di meno. E’ difficile mettere sullo stesso piano Nicoletta Rocchi e Giorgio Cremaschi: la prima è da sempre per un’apertura più decisa della confederazione, per più iniziativa verso il resto del mondo sindacale, il secondo si è sempre opposto anche al poco che il leader della Cgil era disposto a fare. Ed è stato questo con tutta probabilità il motivo di fondo per cui quella cordata non ha raccolto più del 17% dei consensi.
Adesso però le cose potrebbero cambiare. Epifani, parlando al congresso della Fiom, ha mostrato la volontà di modificare la sua strategia sul tema più controverso, quello della contrattazione, chiarendo che un sindacato è tale in quanto contratta e dicendosi pronto a una revisione dell’accordo sulla struttura contrattuale. Si è attirato gli strali dei metalmeccanici, ma forse ha fatto una breccia nel cuore di altri suoi oppositori. Se questa apertura trovasse più spazio nel congresso, se la relazione del segretario generale e il dibattito mostrassero una disponibilità decisa al cambiamento, allora davvero potremmo assistere a modifiche sensibili della geografia politica del sindacato.
Perché se la Cgil assumesse una strategia diversa in tema di contrattazione, come è sembrato possibile dalle parole di Epifani, se si avvicinassero le strategie di Cgil, Cisl e Uil, allora forse potrebbe attenuarsi o venire meno la divisione del sindacato che l’ha fatta da padrone in questi ultimi sedici mesi.
Epifani ha quindi lo spazio politico per cambiare le carte in tavola. Per lui potrebbe essere molto importante, perché tra qualche mese dovrà lasciare la segreteria generale della Cgil e non ha alcun interesse a lasciarsi alle spalle una Cgil lontana dal resto del mondo del lavoro, isolata e certamente più debole di quanto non gliela abbia lasciata Sergio Cofferati. Il congresso rappresenta in pratica per lui non certo l’ultima spiaggia, ma indubbiamente un’ottima occasione per mostrarsi vero leader della Cgil e del movimento sindacale. Farsi sfuggire questa opportunità sarebbe un peccato prima che un errore.
Massimo Mascini