La grande manifestazione unitaria sul Pubblico impiego che ha visto sfilare a Roma 100 mila dipendenti pubblici dimostra quanto grande sia il disagio all’interno del comparto. Un mondo variegato di lavoratori che assomma al suo interno soggetti con profili professionali diversi (dai vigili del fuoco ai medici, dagli infermieri al personale amministrativo) ma accomunati dallo svolgere attività fondamentali per la tutela della salute e la sicurezza pubblica. Lavoratori che tuttavia continuano a non essere ritenuti degni di attenzione da un governo, che nonostante il suo autoreferenziale nuovismo continua a ripetere vecchi refrains sulla pubblica amministrazione a partire dalla pletora dei suoi dipendenti e della loro scarsa produttività.
Una visione sostanzialmente falsa, ( anche se è sicuramente da migliorare la performance complessiva della P.A), che viene sostenuto con particolare verve da due categorie di soggetti ( politici e imprenditori) che di tale supposta inefficienza sono rispettivamente responsabili e corresponsabili.
I primi perché da loro dipende la nomina dei principali menager pubblici che dovrebbero essere selezionati in base alle loro capacità per garantire una conduzione gestionale efficiente, e che invece non fanno nulla contro sprechi ed inefficienze; i secondi ( dalla grandi industrie coma la FIAT alle banche passando per Alitalia etc.) perché hanno potuto sopravvivere alla durezza del mercato solo grazie agli aiuti di stato, ovvero sia grazie alle tasse dei contribuenti onesti di cui la stragrande maggioranza appartiene proprio al comparto dei pubblici dipendenti.
La realtà è invece ben diversa. ed è grave che il governo la ignori perché a raccontarla non è il sindacato ma il nostro organo di controllo più importante la Corte dei Conti che nella sua relazione del 2012 sul “Costo del lavoro pubblico”effettua una comparazione con il resto d’Europa. Ed ecco cosa si evince dalla lettura del testo.
Dal punto di vista della consistenza degli organici l’analisi comparativa evidenzia, per l’Italia, valori non dissimili da quelli degli altri grandi paesi europei (ad eccezione della Germania), con parametri particolarmente virtuosi per alcuni rapporti. In particolare, negli ultimi quattro anni, il numero dei dipendenti pubblici ha subito una decisa riduzione evidenziata anche dall’andamento dei dipendenti pubblici sul totale degli occupati.
Roberto Polillo