La Corte di Appello di Messina ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore dalla Ksm Spa, in esecuzione della procedura di mobilità avviata, ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge n. 223/1991, riguardante 516 dipendenti di qualifica infungibile di guardia particolare giurata privi dell’abilitazione Enac di addetto alla vigilanza aeroportuale e n. 8 impiegati amministrativi operanti nella Regione Sicilia, per omessa indicazione specifica dei lavoratori licenziandi nella lettera di comunicazione indirizzata agli uffici amministrativi competenti ed alle associazioni sindacali di categoria, in violazione dell’art. 4, nono comma della legge 223/1991.
In particolare, il vizio della procedura del licenziamento collettivo è stato individuato nel fatto che l’azienda abbia comunicato l’elenco dei lavoratori licenziati non con immediatezza e con unico atto ma con più lettere distanti nel tempo l’una dall’altra. Queste comunicazioni sono state eseguite il 7 agosto, il 14 settembre, il 9 ottobre e il 20 ottobre.
L’azienda ha impugnato la sentenza della Corte di Appello di Messina davanti alla Corte di cassazione; l’azienda ha lamentato che la corte di appello con la sua decisione aveva erroneamente ritenuto l’insufficienza, nella comunicazione finale agli uffici amministrativi competenti e alle associazioni sindacali di categoria, della graduatoria di tutti i dipendenti della società con l’indicazione dei punteggi attribuiti a ciascuno. La prima comunicazione del 7 agosto conteneva l’elenco dei lavoratori licenziati e da licenziare, mentre le successive comunicazioni contenevano delle mere rettifiche di errori nella redazione della prima comunicazione.
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso con la seguente motivazione: ” la comunicazione prevista dall’art. 4, nono comma della legge n. 223/1991 (il cui termine di sette giorni decorre dalla comunicazione del primo licenziamento, come risulta dal tenore letterale della disposizione, che fa espresso riferimento alla “comunicazione” dei recessi e non già alla data di loro ricezione), per assolvere alla funzione cui è normativamente preordinata, non possa essere parcellizzata in tante comunicazioni (ciascuna limitata ai lavoratori fino a quel momento licenziati ed effettuata entro sette giorni dai singoli licenziamenti), ma debba essere unica, così da esprimere l’assetto definitivo sull’elenco dei lavoratori da licenziare e sulle modalità di applicazione dei criteri di scelta (Cass. 26 settembre 2018, n 23034); sicché, la comunicazione del 7 agosto 2017 risulta inidonea, sotto i profili di trasparenza informativa, completezza contenutistica e di rispetto della rigida scansione procedimentale, a consentire un adeguato controllo alle parti sociali e alle amministrazioni interessate ed essendo data comunicazione dei recessi soltanto con le suindicate note successive, ben oltre il termine perentorio di sette giorni”.
La comunicazione inviata dall’azienda agli uffici amministrativi competenti e alle associazioni sindacale di categoria doveva indicare in modo specifico i nomi dei lavoratori da licenziare. Questa comunicazione non poteva essere “parcellizzata in tre momenti, laddove essa non può che essere unica, tale da esprimere l’assetto definitivo dell’elenco nominativo dei lavoratori da licenziare e le modalità di applicazione dei criteri di scelta”. (Cassazione Civile sezione lavoro n.. 32114 Anno 2022, data pubblicazione: 31/10/2022).
La società nel suo atto di impugnazione ha lamentato l’assenza di un qualsiasi danno da parte del lavoratore. Questa circostanza, però, dalla Corte di Cassazione è stata ritenuta del tutto irrilevante perché i tempi e le modalità della procedura di licenziamento collettivo sono assolutamente rigidi nelle forme e nelle cadenze temporali. La forma è sostanza.
Biagio Cartillone