“Perché non hai la mascherina?”. “Mettitela tu che sei uno sfigato e ti ammali”. L’adolescente ghigna. Beffardo, aggressivo. I suoi amici, tre o quattro, tra loro una ragazza, lo spalleggiano, un sorriso ebete e insolente. Dialogo impossibile. Come comportarsi? Litigare, chiamare i vigili urbani, fare finta di niente? Nemmeno il tempo di riflettere sul comportamento più giusto da tenere che, ecco, il piccolo branco si è già allontanato, avvolto nella propria incosciente baldanza. Resta un senso di sconforto, di tristezza. E di impotenza.
Un episodio come tanti. Storie di ordinaria intolleranza che vedono protagonisti non solo i più giovani ma anche persone mature e di tutte le classi sociali, dal frettoloso trasportatore al protervo professionista. L’insofferenza per le misure di prevenzione si trasforma in un rifiuto e in una sfida. Diventa un atto di malsano fatalismo, un’ostentazione di orgoglioso vitalismo. Se non fossimo in presenza di un’abissale ignoranza, si potrebbe parlare di cascami del più deteriore dannunzianesimo o di echi, più o meno consapevoli, del mussoliniano “me ne frego”. Sarebbe però uno stucchevole e sterile esercizio culturale perché il fenomeno non riguarda solo gli italici contorcimenti ma rappresenta uno degli aspetti deteriori della globalizzazione.
Donald Trump è il campione di questa delirante onnipotenza. Appena uscito dall’ospedale, ha detto di sentirsi meglio di venti anni fa, come se il Covid-19 fosse un ricostituente. Non sono da meno i suoi epigoni Boris Johnson e Jair Bolsonaro. Tornando nei nostri confini, Matteo Salvini ostenta un evidente scetticismo, quando non sconfina in una pericolosa inosservanza delle regole. Forse è anche lui un teorico dell’immunità di gregge. Ogni occasione è buona per delegittimare le decisioni del governo, anche quelle che dovrebbero essere condivise in un virtuoso sforzo di corresponsabilità.
L’uso della mascherina all’aperto, la distanza di almeno un metro, il divieto di assembramento, la frequente pulizia delle mani. Come si può parlare di sanitocrazia e di violazione della libertà quando tutti gli esperti raccomandano questi comportamenti come unico baluardo in attesa del vaccino?
Il punto è che il complottismo d’accatto continua a scavare come una talpa. I sostenitori del negazionismo, in tutte le sue sfaccettature, parlano di terrorismo mediatico, si dicono convinti che la situazione non sia davvero grave, che i morti siano molti di meno e che si attribuiscano al Coronavirus decessi dovuti a ben altre cause: si cita persino il caso di un affogato che sarebbe stato computato come vittima della pandemia.
In sostanza, si starebbe facendo suonare l’allarme al fine di imporre un nuovo lockdown. A che pro? Per restare al potere, per coprire i loschi affari con le grandi multinazionali, a partire da quelle farmaceutiche, per istaurare una dittatura tecnocratica, replicano gli irriducibili del sospetto. E in rete imperversano senza sosta gli assatanati propalatori di fole, come quelle ricorrenti che il virus sia stato creato apposta in laboratorio dai cinesi per appestare e dominare il mondo o che una cricca di pedofili e di trafficanti di bambini, da Hillary Clinton a Bill Gates, ha messo in piedi tutto questo casino perché stavano per scattare clamorosi arresti. E le mascherine obbligatorie? Non servono e anzi fanno male. Solo un enorme business. Indossarle rappresenta una perdita di identità e un segno di sottomissione.
Viaggia su Internet persino un video che mostrerebbe una fantomatica troupe televisiva italiana girare in Olanda un finto servizio, con attori muniti di mascherina, per dimostrare che lì tutti si coprono naso e bocca, mentre intorno gli ignari cittadini vanno in giro allegramente a volto scoperto. Non ci sono prove che sia davvero così ma tutto fa brodo in questa funesta campagna destabilizzante. E allora perché stupirsi di chi, uscito da un quadro di Bosch, ghigna con tracotanza?
Poi incombe la realtà. Fatta di contagi che aumentano, di autobus e metro strapieni, scuole con il patema, luoghi di lavoro a rischio, tamponi troppo lenti nelle risposte, l’influenza che arriva, fibrillazioni nella maggioranza, contrasti tra sindaci e governatori, scarsi controlli, pochi soldi e tanta disoccupazione.
Mettiamoci la mascherina.
Marco Cianca