La Cgil ha fatto un passo sostanziale per la costruzione di un modello contrattuale che superi le divisioni sindacali cercando allo stesso momento di attenuare, se non certo risolvere, il gap di produttività, quindi di competitività che abbiamo con i nostri maggiori competitors. Un modello ancora abbozzato e per questo apprezzabile, perché presentare un pacchetto già confezionato nei particolari, e quindi (specie dopo l’avallo del direttivo della Cgil) non suscettibile delle modifiche che non può non imporre un vero confronto con le altre confederazioni sindacali e con quelle datoriali, sarebbe stato come porre le basi per il fallimento dell’operazione.
Una griglia a larghissime maglie, come è quella che emerge dal testo messo a punto dalla segreteria della Cgil, che riportiamo in documentazione, consente invece di procedere per questa strada, difficile certo, ma ineludibile se si vuole tornare a relazioni industriali degne di questo nome.
La Cgil esce o può adesso uscire dal cono d’ombra nel quale l’hanno messa le difficoltà degli ultimi tempi, dalla rottura con Cisl e Uil sul modello contrattuale a quelle della Fiom con Fim e Uil per il rinnovo del contratto e poi con la vertenza Fiat.
Si tratta adesso di procedere con calma nei diversi passi che attendono la segreteria, prima nel confronto interno alla confederazione, dove l’ala dissidente cercherà certamente di mettere bastoni tra le ruote di un carro che non approvano a prescindere, poi in quello con gli altri attori sindacali e imprenditoriali. Ci saranno trabocchetti, contrasti, anche rifiuti, e dunque si tratta di andare avanti speditamente senza fermarsi, senza farsi intimidire. La partita più difficile, è difficile crederlo, ma questa è la situazione, sarà combattuta dentro la confederazione, ma i rapporti di forza sanciti dal congresso non dovrebbero mettere in pensiero nessuno.
La lettura del documento della segreteria dà poche indicazioni del modello contrattuale che dovrebbe uscire da questo lungo confronto, ma sufficienti a indicare alcuni pilastri di fondo. Del resto, come indicano le prime parti del documento, si parte da alcuni punti fermi precisi, soprattutto dall’opportunità di un modello contrattuale condiviso che aiuti il sistema paese a recuperare più elevati traguardi di produttività e competitività. In questi mesi le relazioni industriali non sono state ferme, sono andate avanti, ma in modo frammentario ed episodico, per cui un modello unico serve proprio a riportare a unità questa serie di esperienze, utili certamente, ma talmente disunite da rischiare di creare alla lunga troppa confusione. E naturalmente, perché si tratti di un modello compiuto, questo deve indicare, come chiede il documento Cgil, oltre ai canoni base della contrattazione, anche regole precise per la rappresentanza e la democrazia sindacale.
Quali altre indicazioni fornisce il documento? Alcune sono generiche, come la riduzione del numero dei contratti e l’estensione della contrattazione decentrata, che, questo è più rilevante, si svilupperà con accordi aziendali, di gruppo, territoriali, di filiera o di distretto. Come anche la volontà di evitare accordi separati e l’esclusione di organizzazioni sindacali dall’esercizio delle proprie funzioni.
Altre sono più precise. La cadenza triennale dei contratti (non è scontata, la Fiom si prepara a presentare la sua piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto nazionale del 2008, che pure è stato superato dal nuovo contratto del 2009 e che la Federmeccanica ha disdettato), nonché l’ estensione di tutte le protezioni ai lavoratori atipici. I contratti nazionali avranno il compito di garantire il potere di acquisto dei salari, aggiornare le classificazioni, fissare gli orari di lavoro massimi, mentre quelli decentrati dovranno organizzare i fattori della produzione nel modo più efficace per ottenere incrementi di produttività, ma anche di redditività, fissando così un rapporto stretto tra la crescita della retribuzione e l’aumento delle performance dell’azienda.
Generiche le indicazioni per la partecipazione, del tutto assenti quelle sulla democrazia sindacale, che verranno lasciate al confronto. Difficile dire se queste indicazioni saranno sufficienti a riaprire il dialogo intersindacale. Si può però affermare che la vicinanza tra i contenuti di questo accordo e di quello che Cgil, Cisl e Uil raggiunsero nel 2008, forse può consentire almeno la partenza del dialogo. Poi ciascuno dovrà metterci del suo, e comunque non sarà facile.
Massimo Mascini