Il paradosso di Epimenide è noto: “I cretesi sono sempre bugiardi”. Essendo lui stesso nato a Cnosso, e quindi un conclamato Pinocchio ante litteram, la frase può essere interpretata al contrario, rendendo vero ciò che è falso e viceversa. L’enigma del mentitore, difficile da sciogliere. Ma se il mitico filosofo confondeva ad arte verità e menzogna, più semplice interpretare un altro apparente paradosso. L’immaginifica e burlesca costituzione di Uzupis sancisce il diritto di tutti a non essere amati. Ma come si può non amare chi rivendica una tale libertà?
I simpatici abitanti del creativo quartiere di Vilnius, il 26 maggio, con gli altri lituani e come tutti i cittadini del Vecchio Continente, andranno alle urne per eleggere il nuovo parlamento europeo. Matteo Salvini ha definito questo voto “un referendum per la vita o per la morte”. L’uomo-ruspa, inconsapevole, fa propaganda contro se stesso: se davvero questo bagno di democrazia fosse una sorta di ordalia, allora proprio lui e i suoi alleati non andrebbero votati perché la bandiera nera con il teschio e le tibie incrociate è issata dai sovranisti (una parola di nuovo conio per mascherare il vecchio e bellicista nazionalismo) e non certo da chi propugna un’Unione più forte, più solidale, più umana. Vitale, appunto.
“La storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e di tutela, gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”, ammonisce Sergio Mattarella. L’ossessione securitaria, con relativi decreti, nutre la psicosi fobica collettiva e alimenta un’irrazionalità selvaggia. Facce feroci e tamburi di guerra contro, promette un manifesto della Lega, “burocrati, banchieri, buonisti e barconi”. A trionfare, per il momento, è la confusione.
In questo clima, fa piacere pensare che gli undici deputati che spettano alla Lituania portino a Strasburgo il fantastico testo degli uzupisiani. E che quando sentiranno parlare di limiti e di costrizioni declamino a voce alta, con tono stentoreo e non scherzoso, il lungo elenco di diritti. Vale la pena di ricordarli, sperando di non annoiare.
Tutti hanno diritto all’acqua calda, al riscaldamento d’inverno e a un tetto (lo sa bene l’elemosiniere del papa che ha riattivato la corrente in uno stabile occupato di Roma). Tutti hanno il diritto di morire ma non è un obbligo. Tutti hanno diritto di fare errori. Tutti hanno il diritto di essere unici. Tutti hanno il diritto di amare. Tutti hanno il diritto di non essere amati. Tutti hanno il diritto di essere mediocri e sconosciuti. Tutti hanno il diritto di oziare. Tutti hanno il diritto di amare un gatto e prendersi cura di lui. Tutti hanno il diritto di badare al cane fino a quando uno dei due muore. Il cane ha il diritto di essere un cane. Il gatto non è obbligato ad amare il suo padrone, ma deve essere di aiuto nei momenti di necessità. A volte si ha il diritto di essere inconsapevoli dei propri doveri. Tutti hanno diritto di essere felici. Tutti hanno il diritto di essere infelici. Tutti hanno il diritto di stare in silenzio. Tutti hanno il diritto di avere fede. Nessuno ha il diritto di usare violenza. Tutti hanno il diritto di apprezzare la propria scarsa importanza. Nessuno ha diritto di avere un progetto per l’eternità. Tutti hanno il diritto di comprendere. Tutti hanno il diritto di non capire. Tutti hanno il diritto di appartenere a qualunque nazionalità. Tutti hanno il diritto di dividere ciò che posseggono. Tutti possono essere indipendenti. Tutti sono responsabili della propria libertà. Tutti devono poter piangere. Tutti hanno il diritto di essere fraintesi. Nessuno ha il diritto di dichiarare colpevole il prossimo. Tutti hanno il diritto all’individualità. E ancora: avere dubbi, non deludere, non combattere, non cedere.
Previsto anche il diritto di non avere diritti. Ma è un altro paradosso, perché chi non ha alcun diritto non può nemmeno invocare quello di non averli. Epimenide sorriderebbe. Ha ragione il nostro presidente della Repubblica. La libertà, anche quella di inventarsi buffe costituzioni, è il bene più prezioso.
Marco Cianca