Il diario del lavoro compie 20 anni. Non abbiamo voluto far passare sotto silenzio questo anniversario perché vent’anni sono davvero una bella età. Soprattutto per un giornale che vive sul web, e tutto compreso è un’invenzione abbastanza recente. Mi ricordo quando siamo partiti con questa avventura: i giornali online erano mosche bianche, io andavo a trovare gli amici che avevano posizioni importanti, nel sindacato e nelle aziende, per chiedere loro di sottoscrivere un abbonamento al nuovo giornale, che ci permettesse di vivere. Molti di loro non avevano nemmeno il computer sulla scrivania, ma non importava: ci conoscevano, si fidavano del nostro progetto all’epoca così ”rivoluzionario”, spiegavano che andava bene anche ”senza carta”: poi la loro segretaria avrebbe avuto modo di leggere quello che scrivevamo e di stampare gli articoli, per far loro avere delle copie stampate, che potessero leggere facilmente. Sembra assurdo, oggi che non si stampa più nulla: ma era il 2001, e le cose andavano così.
Il diario del lavoro comunque non nasceva dal nulla. Gino Giugni, il nostro grande maestro, nel 1982 aveva fondato Lavoro informazione, un quindicinale, cartaceo naturalmente, edito da Franco Angeli, e dopo poco mi chiamò a dirigerlo. Andammo avanti per tanto tempo, con difficoltà crescenti però. I tempi della realizzazione del prodotto, soprattutto, erano insopportabili, sempre troppo lunghi. Franco Angeli, con grande anticipazione, aveva cominciato a metà degli anni novanta a dirci che dovevamo passare su Internet. E’ quello il futuro, diceva, sbrigatevi. Ma non era facile, era davvero un salto nel vuoto, e infatti aspettammo ancora qualche anno. Nel 2000 capimmo che non c’era più tempo e ci decidemmo. Così, alla fine del gennaio 2001, debuttammo sulla Rete col Diario del Lavoro. Il figlio ”moderno” di quella bella testata fondata da Giugni.
Era una piccolissima redazione, con me – a mezzo servizio perché lavoravo ancora a Il sole 24 ore – c’erano Poldo Meneghelli, un vero grande personaggio delle relazioni industriali, fortunato chi lo ha conosciuto, e Giorgia Fattinnanzi, che ci ha seguito per tanti anni prima di proseguire la sua carriera nel sindacato. Ma potevamo contare su un patrimonio prezioso, i nostri tanti collaboratori: alcuni con la responsabilità di una rubrica, altri che scrivevano per noi articoli, analisi, approfondimenti. Cercammo di mettere insieme tutti coloro che guardavano al futuro delle relazioni industriali, per cercare di anticipare i tempi. E siamo cresciuti negli anni, ci siamo irrobustiti, il web ha preso sempre più spazio nelle nostre abitudini, e Il diario del lavoro è diventato sempre più protagonista. Nella nostra piccola redazione sono passati tanti ragazzi, tanti giovani, poi diventati giornalisti: e si, al Diario abbiamo assunto, abbiamo fatto i praticantati, abbiamo creato dei professionisti iscritti all’Ordine, e ne siamo orgogliosi. Poi è arrivato l’Annuario del lavoro, forse per una certa nostalgia della carta: la prima edizione è del 2008 e siamo ormai al numero tredici, con l’Annuario pubblicato a dicembre 2020. Infine, un’altra nostra “creatura”, è la Scuola di relazioni industriali, condotta con Mimmo Carrieri, avviata con l’ambizione di preparare le prossime classi dirigenti del mondo del lavoro. Un’iniziativa importante e anche utile per migliorare le relazioni industriali perché abbiamo sempre fatto formazione congiunta, mettendo assieme giovani che venivano dalle aziende e dal sindacato. All’inizio si guardavano un po’ sospettosi, senza concedere nulla, poi, stando assieme in aula, ai tavoli dove mangiavamo, nei giardini di Villa Piccolomini, il ”campus” dove li ospitavamo, imparavano a fidarsi gli uni degli altri, si accorgevano che erano tutti giovani che facevano lo stesso lavoro, e arrivava l’amicizia. Prodromica magari di futuri importanti accordi tra loro negli anni. Alcuni dei nostri studenti hanno già fatto carriera, sia come responsabili delle risorse umane, in diverse aziende, sia come dirigenti nei vari sindacati. E anche di questo siamo orgogliosi.
Una bella avventura, insomma, portata avanti con allegria, sperando sempre di dare un bel prodotto ai nostri amici, che stanno crescendo negli anni. Anche per questo, per farci e fare loro un regalo, abbiamo deciso di festeggiare questi primi vent’anni cambiando la veste grafica del giornale. Con qualche fastidio, forse, per chi in questa settimana ha cercato di leggere il giornale e non sempre ci è riuscito, perché i lavori del nuovo sito erano ancora in corso. La speranza è che il prodotto sia all’altezza delle aspettative, e siamo pronti ad accogliere qualsiasi suggerimento vi venga in mente. Ci farà piacere se ci scriverete, per dirci cosa pensate della nuova veste del Diario, cosa apprezzate, o cosa non vi convince.
L’obiettivo è quello di seguire il fluire delle relazioni industriali con crescente attenzione, per capire cosa si prepara, per anticipare a volte gli avvenimenti, magari per influenzarli, se possibile. Certo in questi venti anni le relazioni industriali sono molto cambiate, hanno attraversato momenti molto diversi tra loro e spesso assai difficili. Basti pensare a quello che accadeva nei primi anni duemila, con la rottura tra le parti sociali, e anche all’interno del mondo del lavoro, con gli accordi separati che si succedevano; poi con la disintermediazione che dal governo Renzi in poi ha cercato di far sparire dalla scena il confronto sociale. Con poca fortuna, però, perché le relazioni industriali sono indispensabili e il confronto con le parti sociali uno strumento ineludibile per governare senza troppi conflitti e per assicurare la coesione sociale, base degli equilibri della democrazia. Ed è con favore che abbiamo salutato le prime parole di Mario Draghi che, nell’accingersi a mettere insieme il nuovo prossimo governo, ha sottolineato la sua volontà di cercare il confronto con i partiti politici e le forze sociali, depennando con un sol tratto gli anni del silenzio verso il mondo del lavoro e della produzione. Il nostro lavoro, comunque sia, proseguirà: come si dice, nella buona e nella cattiva sorte. Confidiamo che voi lettori ci resterete vicini, come avete sempre fatto, anche per i prossimi vent’anni. Grazie, da tutti noi.
Massimo Mascini