Sostenibilità è una parola chiave del nostro presente per il nostro futuro. Ma questa parola/concetto come può essere esplicitata in termini valoriali e/o programmatici?
Sostenibilità significa, in primis, rispetto reciproco, significa richiamarsi a quel concetto di comunità che è alla base di ogni impresa e società sana. Sostenibilità è consapevolezza della complessità in cui si è immersi, consapevolezza della esistenza di fattori portatori di diseguaglianze crescenti da contrastare. Sostenibilità è assunzione di responsabilità e capacità di interpretare correttamente ed eticamente il momento storico e politico in cui viviamo ed operiamo. Sostenibilità è innovazione tecnologica e sociale.
Ma perchè tutto questo ed altro ancora possa esprimersi c’è bisogno di contesti di confronto ed implementazione; e questo contesto, a nostro avviso non può che essere un dialogo sociale fondato su partecipazione e condivisione. Un dialogo sociale che veda protagoniste le parti migliori della nostra società, che punti alla ricerca di un linguaggio comune, esalti lo spirito critico, la competenza, la ricerca continua del bene comune.
Oggi, nel nostro Paese, questo contesto manca o, quanto meno, non è incoraggiato, è in atto un processo di disintermediazione che solo in parte trova giustificazione nelle difficoltà dei corpi sociali intermedi.
Dobbiamo fare di tutto per rilanciarlo e questo chiama alle loro responsabilità le classi dirigenti del Paese: ad esse si chiede una rilettura profonda del loro ruolo. Si chiede, anzi, si impone, una riflessione seria sui criteri di selezione e formazione di dette classi dirigenti a cui si chiedono approcci nuovi sul piano professionale e sociale. Il management aziendale non si chiama fuori da un processo di autoanalisi anche critico ed è pronto ad un confronto sui grandi temi che fanno il futuro del Paese.