Non c’è dubbio che questa pandemia ha fatto conoscere un tema ai più sconosciuto, lo Smart Working. Siamo passati da un’ignoranza stratosferica ad un uso ed abuso del termine che viene incollato a qualsiasi attività “particolare, strana”. Speriamo di non rovinare uno strumento interessante e moderno che in determinate circostanze può e deve essere usato con successo.
Possiamo comunque dire, che ciò che è accaduto durante il lockdown, è più Telelavoro che SW. Anche se nella scarsa conoscenza generale si è trattato più di un “fai da te”. Telelavoro e SW hanno in comune solo il fatto che la prestazione lavorativa viene svolta da remoto, cioè non nei normali locali aziendali. Per il resto hanno poco in comune. Il Telelavoro è normato da un accordo interconfederale mentre lo SW da una legge. Il Telelavoro è una prestazione effettuata in modo continuativo, da casa. La casa diventa il luogo di lavoro del Telelavorista, tant’è che le aziende quando lo attuano, provvedono ad ispezionare il locale e ad acquisire la documentazione che certifica l’idoneità degli impianti. Nel telelavoro la contrattazione sindacale cerca di garantire al telelavorista, un collegamento continuo con il resto della comunità aziendale (Assemblee, elezioni rappresentanza sindacale, formazione, rientri brevi ma periodici). Non c’è un tempo minimo di durata, ma di solito, al netto della sperimentazione iniziale, non dura meno di un anno, eventualmente prorogabile, alla sola condizione che ci sia condivisione tra le due parti.
Lo Smart Working è un’altra cosa.
Effettuare la prestazione da qualsiasi altro posto: da casa, dalla casa al mare o in montagna, da un’altra sede aziendale, dalla casa di un parente, di un amico, dal parco. In alcune realtà, le sedi devono essere indicate, in altre non è richiesto, purché in tutti i casi, si garantisca la sicurezza propria, dei dati e dei beni aziendali. Lo S.W. viene utilizzato in alcuni giorni precisi già condivisi con il “capo”, possono cambiare su richiesta di entrambe le parti, ma l’ultima parola spetta all’azienda. Di solito sono dai 4 ai 6 giorni al mese. Nello SW la contrattazione sindacale si concentra dalla difesa del buono pasto, all’aumento dei giorni e delle aree professionali abilitate. Entrambi gli strumenti non modificano il rapporto di lavoro subordinato, il rapporto gerarchico, gli aspetti economici, l’orario di lavoro, i diritti sindacali, le ferie e i permessi. Quanto al diritto alla disconnessione, gli accordi sindacali lo prevedono, definendo precisamente l’orario di lavoro, questo non impedisce, come del resto accade nelle sedi aziendali per i livelli apicali e i quadri, di andare oltre l’orario di lavoro, pur sapendo che non viene economicamente riconosciuto. Queste modalità di prestazione, sono rese possibili dalle tecnologie per attività digitali, per attività rese in modalità di comunicazione remota, non tutti potranno farlo, anche se in prospettiva, queste attività tenderanno a crescere. A chi giova??? A tutti! Alle aziende che riducono gli spazi, i “costi per Mtq”; ai lavoratori, che guadagnano in qualità della vita già solo evitando il “viaggio A/R casa/lavoro”, alla vivibilità generale che vede ridursi il traffico, l’affollamento dei mezzi pubblici in determinate ore. Non vanno sottovalutati i risultati di queste prestazioni che registrano buone performance (probabilmente per dimostrare che non si sta in ferie). Insomma sono strumenti interessanti che per troppo tempo sono stati rallentati per la diffidenza sindacale che teme la sottrazione del contatto, la dispersione e la frantumazione del sentirsi dentro una comunità ma soprattutto per le paure del management che vede sottrarsi teste da coordinare, svuotare uffici di cui si è responsabili. Il covid ha dato un bel colpo a queste preoccupazioni e paure, questi strumenti, senza enfatizzazioni, debbono entrare nell’arena della contrattazione tra le parti, nei contratti nazionali.
Fabrizio Tola