La Uil F.P.L. di Milano ha agito contro il Comune di Milano lamentando un comportamento antisindacale ai sensi dell’articolo 28 dello statuto dei lavoratori perché non è stata invitata, come le altre organizzazioni sindacali, a trattare alcune questioni richiamate nella lettera dell’Assessore alla Sicurezza Urbana; a questa trattazione, invece, sono state invitate e hanno partecipato le altre organizzazioni sindacali. Il tribunale ha accolto il ricorso dell’organizzazione sindacale dichiarando antisindacale il comportamento tenuto dal Comune di Milano.
Il Comune di Milano ha avviato un tavolo tecnico con le organizzazioni sindacali per la sperimentazione del nuovo sistema informatico del personale di polizia locale. La Uil si è dichiarata contraria all’uso del badge e ha chiesto l’interruzione della sperimentazione in corso, abbandonando volontariamente il tavolo tecnico. Dopo quest’abbandono del tavolo tecnico il Comune ha ampliato gli argomenti trattati e discussi fin dall’origine con le organizzazioni sindacali che sono rimasti al tavolo della trattativa. La Uil, però, non è stata informata sulla trattazione di questi nuovi e diversi argomenti introdotti nel confronto e nelle trattative sindacali.
Il tribunale di Milano ha dichiarato antisindacale questo comportamento del Comune; la motivazione della decisione è la seguente “La circostanza dirimente che, in concreto, vi sia stata esclusione del sindacato resistente dal confronto su determinati argomenti non può non configurare “condotta antisindacale” la quale , per la più recente giurisprudenza di legittimità “individua il comportamento illegittimo non in base a caratteristiche strutturali, bensì alla sua idoneità a ledere i “beni” protetti. Ne consegue che il comportamento che leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali integra gli estremi della condotta antisindacale di cui all’art. 28 dello Statuto dei lavoratori, senza che sia necessario – né, comunque, sufficiente – uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro, poiché l’esigenza di una tutela della libertà sindacale può sorgere anche in relazione a un’errata valutazione del datore di lavoro circa la portata della sua condotta, così come l’intento lesivo del datore di lavoro non può di per sé far considerare antisindacale una condotta che non abbia rilievo obbiettivamente tale da limitare la libertà sindacale (cfr. Cass. 17.6.2014 n. 13726)” (v. Cassazione sez. lav. n. 1/2020).
Tribunale di Milano Sentenza n. 1020/2020 pubblicata il 27/08/2020.