Il cielo oltre le polveri è il saggio inchiesta della giornalista Valentina Petrini, edito da Solferino nel 2022, che ricostruisce, indaga e riflette su storie, tragedie e menzogne sull’Ilva di Taranto, lo stabilimento siderurgico pilastro dell’economia italiana. Un libro non riducibile a 452 pagine divulgative di documenti, atti processuali, interviste e paper scientifici, ma è qualcosa di più e già il titolo ne riflette l’essenza intima: oltre il disastro ambientale e l’inaccettabile mancanza di livelli di sicurezza per gli operai che lavorano nella pancia di questo Mangiafuoco o in cima alle gru-cigno che danzano in bilico sulla baia; oltre il ricatto occupazionale; oltre la morte del piccolo Lorenzo Zaratta, di Francesco Zaccaria, di Claudio Marsella, di Alessandro Morricella, il dolore di parenti e amici; oltre l’omertà delle istituzioni, la cecità della politica, l’immobilismo dei sindacati; la paura dei residenti di quartieri Tamburi, Statte e Paolo VI di essere stati abbandonati a un ineluttabile destino, c’è la certezza che qualcosa deve cambiare.
Il taglio del racconto di Petrini è insieme quello della giornalista-giornalista, che scava nel profondo di questa vicenda umana e giudiziaria insieme, raggiungendo e interrogando tutti gli attori coinvolti, anche quelli che hanno posto un muro tra sé e la verità, e quello emotivo della tarantina, che tra i fumi e la paura dei Wind Days ci è cresciuta, allontanandosene per poi ritornare proprio per squarciare quel velo rosso di polveri che avvolge la città. Un punto di vista “privilegiato” che combina l’indagine al racconto emotivo senza mai perdere la lucidità in un percorso che, chiaramente, assurge come missione personale e collettiva. Quella che in genere sarebbe una considerazione a latere – il ruolo dell’autore all’interno di un racconto – è qui invece fondamentale per capire il senso profondo di un lavoro lungo anni, forse quanto la vita stessa dell’autrice, perché in ogni considerazione pura o spuria riportata nel libro, Petrini riversa un personale carico emotivo che è un plus nella comprensione profonda della vicenda: attraverso le testimonianze di genitori che perdono i figli per tumori, leucemie, mesoteliomi a causa delle emissioni e dell’inquinamento immesso nell’atmosfera, oppure divorati dalle fiamme dell’altoforno o ancora spazzati via da un tornado mentre si è a lavoro a 60 metri di altezza su una gru con i sistemi di bloccaggio d’emergenza manomessi, l’autrice esprime anche i timori personali per la sua incolumità dopo un’infanzia trascorsa nei quartieri a ridosso dello stabilimento Ilva, quella di suo figlio e della sua famiglia che ancora vive nel quartiere Paolo VI. Gli stessi timori che sono quelli di tutti gli abitanti di questa città vituperata. Impossibile restare indifferenti dinanzi a tragedie di questa portata e alla potenzialità che questi episodi possano riaccadere.
Ma colpire non è solo lo sconcerto per vite strappate a causa della negligenza altrui e degli interessi economici: è anche la rabbia impotente di cittadini, associazioni e collettivi che cercano a gran voce giustizia, che pretendono sicurezza, la frustrazione di operai schiacciati nella tenaglia del ricatto occupazionale – «È il tuo stato sociale, la tua condizione economica, la disponibilità o meno di una ricchezza accumulata o ereditata che ti rende libero, capace di poter scegliere veramente, di mollare tutto e cercare altro. In caso contrario dipendi da quel salario a qualsiasi prezzo, a qualsiasi costo. […] Se nasci a Taranto, città necessaria al Pil del nostro Paese, al processo di industrializzazione, alla competizione con la Cina, ecco se cresci qui e sei un poveraccio, non hai scelta. Torni in fabbrica anche se da lì hai portato a casa la pelle per miracolo» -, tra il diritto al lavoro e il fondamentale diritto alla salute. «Taranto non era un dramma locale – scrive Petrini -. L’emergenza di questa città industriale era il volto dell’Italia al bivio, del progresso alla sbarra, il campo di prova della tenuta delle istituzioni. Era la disfatta del sindacato e dei partiti, senza più alcuna credibilità e capacità di rappresentanza. Ma soprattutto era ed è la crisi profonda del diritto. Cosa può salvarsi della nostra Costituzione se passa il principio che tra diritto alla salute e quello al lavoro bisogna scegliere, e che quest’ultimo è un diritto di rango primario che può divorare il primo?». Una storia di rivendicazione di diritti, quindi, in cui a farne le spese sono sempre le fasce più deboli della popolazione, i più poveri, gli emarginati di cui non è possibile farsi carico fino in fondo perché se si blocca la produzione dell’Ilva il Paese cola a picco. «La narrazione dominante che ha la meglio anche negli organi di informazione resta quella che lega le sorti dell’ex Ilva, dell’acciaio e del nostro Pil», ma riprendendo le parole del premio Nobel Giorgio Parisi, «se il Pil rimarrà al centro dell’attenzione come adesso, il nostro futuro sarà ben triste». Taranto, in sintesi, «è una zona di guerra tra più classi sociali», in cui lo spettro dei licenziamenti «ha autorizzato ad accettare qualsiasi umiliazione del diritto. Aveva ragione Stefano Rodotà, ci sono momenti in cui i diritti sono un lusso e oggi il diritto alla salute è un lusso. Se ne misura la compatibilità con la logica dell’economia. Siccome non possiamo fare a meno dell’acciaio, accettiamo un certo numero di perdite umane?». Un atto di accusa a tutto tondo, da cui nessuno è escluso: i politici e gli imprenditori di ieri e di oggi, la macchina della giustizia lenta e farraginosa, lo Stato connivente.
Anche se l’autrice in più parti dichiara esplicitamente il suo pessimismo di fondo, la sua narrazione è percorsa da una sostanziale speranza che le cose possano cambiare: «Serve una partecipazione pubblica di ciascuno di noi al grande cambiamento. Servono senz’altro rinunce. Serve una presa di coscienza maggiore della rivoluzione globale da attuare». Insieme si può, e si può solo conoscendo fino in fondo cosa abbiamo letteralmente sotto il naso, attraverso la scienza, perché «conoscere è potere». Non solo i tarantini, ma tutte le persone devono conoscere per potersi riappropriare dei diritti vilipesi, dei diritti dei quali sono stati privati e sacrificati sull’altare del profitto capitalistico a discapito del bene comune, della salute, dell’ambiente. Ed è questo il sostanziale obiettivo di questo libro: far conoscere, divulgare, per far fronte comune alla riconquista di un futuro sostenibile per tutti.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Il cielo oltre le polveri. Storie, tragedie e menzogne sull’Ilva
Autore: Valentina Petrini
Editore: Solferino
Anno di pubblicazione: febbraio 2022
Pagine: 464 pp.
ISBN:978-88-282-0780-1
Prezzo: 18€