Il giovane capitano Salvatore Margherito venne arrestato il 24 agosto 1976 e rinchiuso nella caserma di Peschiera del Garda. Faceva parte del secondo reparto celere di stanza a Padova. Le accuse: attività sediziosa, violata consegna e diffamazione aggravata nei confronti delle istituzioni militari. Aveva denunciato abusi, soprusi, violenze.
Davanti al tribunale militare, fu difeso da Mauro Mellini e da Alberto Malagugini. Il processo ebbe ampio risalto, soprattutto per l’impegno dei radicali. “Questa è un’esecuzione pubblica”, gridò Marco Pannella facendo irruzione in aula il 29 settembre. A sera, la sentenza.: un anno, due mesi e venti giorni di reclusione. In aggiunta la sospensione dal servizio e dal grado. Margherito rientrerà nei ranghi grazie all’amnistia del 1979, fino a diventare questore di Modena nel 2008.
Lo stesso anno rilascia un’intervista al Corriere della Sera: “I mass media, la televisione, i giornali…chi mi presentava come eroe, chi un pazzo. Io non ero un eroe, né un esaltato. Ero stordito, avevo 25 anni…Fui un po’ uno strumento, divenni protagonista di eventi che all’inizio non volevo”. Gli eventi furono quelli che portarono alla riforma del 1° aprile 1981, che smilitarizzò la Polizia scelbiana trasformandola in “un’amministrazione civile a ordinamento speciale”. Niente più gerarchie oppressive, basta con la cieca obbedienza e le vessazioni, via i regolamenti medievali. E ingresso delle donne nei ruoli operativi.
Margherito, in realtà, aveva rappresentato solo una tappa di un lungo processo, segnato da proteste, ammutinamenti, contestazioni, verso la democratizzazione del corpo. E la nascita del primo sindacato, il Siulp, al quale aderì anche il capitano, diede una spinta decisiva a questa piccola rivoluzione.
Tutto bene? No, perché qualcosa continua a non andare. I manganelli usati a Firenze contro gli studenti riportano alla mente proprio le testimonianze rese durante il processo del 1976. Raccontò l’imputato: “Mi ricordo che stavamo al palazzo dello sport, all’Eur, per il congresso della Dc. Tutto il palazzo era circondato da ingenti forze di polizia con elicotteri che sorvolavano la zona; squadra politica; staffette della polizia stradale; c’era addirittura la Guardia di finanza e nonostante tutto un gruppo di extraparlamentari, così definiti, si incanala e si avvicina verso l’ingresso principale. Venne il funzionario e mi ricordo che disse: “per favore, tenente, appronti gli uomini che forse ci sarà un intervento”. Io appronto gli uomini come prescritto da consegna, lasciando un’aliquota per difendere i mezzi. Appena questi manifestanti hanno accennato a uno slogan si avvicina un signore in borghese e grida: “caricate, caricate, stronzi!”. “Ma lei chi è?”. “Non si preoccupi. Carichi, carichi! Li ammazzi di botte!”. Sono rimasto esterrefatto. Si qualifichi. Chi è?”. Ah, io sono il vicequestore tal dei tali…”. E carica fu: “Li massacrarono”.
Ancora. Rapporti “amichevoli con ambienti dell’estrema destra”, tondini o sbarre di ferro inserite negli sfollagente, calotte di plastica tolte ai lacrimogeni per dargli maggiore efficacia penetrante. Margherito smaschera uno dei testimoni usati contro di lui (dicevano tutti le stesse cose, come le avessero mandate a memoria): “C’ero io. Spaccò la testa ad un fotografo con una legnata. E quello: “Un giornalista può essere un estremista!”.
Al dibattimento, si parlò anche di un’enciclopedia della polizia, usata come testo di cultura generale. Tra l’altro, vi era scritto: “Vi sono casi di delinquenza che suscitano un turbamento assai profondo nello spirito dei cittadini o, anche quando trattasi di delitti comuni, a cagione della loro atrocità, rivelano un’indole così profondamente malvagia nei delinquenti da togliere alla società qualsiasi speranza che si possa con la pena restrittiva porre un freno ai loro istinti perversi. In questi casi è necessaria la più grave pena intimidatrice, la pena di morte”. Alla voce comunismo: “Il carattere sostanziale costitutivo di esso è distruggere l’umana personalità”. La masturbazione: “Vizio funesto che ha tanta nefasta influenza nel fisico e nel morale e che talvolta conduce precocemente alla morte”.
Oggi, nei corsi di formazione delle forze dell’ordine, quali sono gli insegnamenti? Quali i codici deontologici? Tra i docenti ci sono ammiratori di Vannacci? Perché un carabiniere dice ad un’anziana dimostrante che Mattarella non è il suo presidente?
Forse c’è bisogno di un nuovo bagno democratico.
Marco Cianca