I calendari sono esposti in buona evidenza all’esterno dell’edicola. Il faccione del Duce, elmetto in testa, mascella dura e occhi spiritati, emerge volitivo tra le riviste di storia, di scienza e di hobbistica. Per l’anno prossimo, centenario della marcia su Roma, i nostalgici hanno già pronti i propri gadget. “Ma lo sa che questa roba non dovrebbe essere venduta?”, chiede l’ingenuo acquirente di quotidiani. “E perché? – risponde serafico il commerciante- È memoria, e i ricordi non possono essere vietati”. Inutile citare la Costituzione, le leggi, i valori della Resistenza.
Ma come sono dodici mesi cadenzati dalle foto del prode Benito? La curiosità, se più forte dell’indignazione, può essere soddisfatta al costo di 9 euro e 90 centesimi per ognuno dei due diversi almanacchi, distinti nella grafica e nelle didascalie ma simili nell’osannante culto della personalità. In allegato anche un DVD con sedici “Inni fascisti”, da “Giovinezza” a “Me ne Frego” passando per “Vincere… vincere…vincere”. Le musiche e i cori hanno il suono di una danza stregonesca, un macabro rito evocativo.
“Una nuova era spunta per il mio Paese”, annuncia profetico il Nostro. Una tronfia iconografia illustra la sua vita e le erculee fatiche. C’è anche l’immagine in ospedale, con le stampelle, dopo essere stato ferito sul Carso, nel febbraio 1917.
Un allucinante giudizio dell’arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster dà il senso complessivo: “In Italia sorse l’Uomo Provvidenziale, il Genio, il quale salvò lo Stato, fondò l’Impero e diede alle coscienze italiane la più perfetta unità nazionale in grazia della Pace Religiosa”. L’esaltazione prosegue in un crescendo delirante. Gli esordi, il giornalista, la famiglia, il pensiero, l’intellettuale, il mito. Un eroe indomito. Un percorso trionfale. “Il Duce, dopo il successo della Marcia su Roma e forte dell’ampio sostegno popolare, venne incaricato di ristabilire l’ordine”.
“Successivamente furono molteplici i provvedimenti presi verso l’infanzia abbandonata, i poveri, i malati, ma anche verso le industrie e in materia di espansionismo”. Nulla poteva fermarlo in questo glorioso cammino: “Neanche la secessione dell’Aventino, in seguito all’omicidio Matteotti, intaccò il grande potere del Duce, che anzi rafforzò la propria immagine assumendosi ogni responsabilità storica, politica e morale”. Il brutale assassinio, appena accennato, poco conta di fronte alla statura del dittatore!
Ecco, in una scheda, che vale la pena di citare integralmente, la sintesi del Regime: “Durante il ventennio, Mussolini operò una vasta serie di riforme sociali, politiche ed economiche, volte a modernizzare il paese e a creare un impero. Nel giugno 1925 venne lanciata la celebre battaglia del grano, per ridare all’Italia la propria autosufficienza; tra il 1922 e il 1932 vennero attuate fondamentali bonifiche agrarie e costruite numerose nuove città; fu poi dichiarata guerra alla malaria e ad altre gravi malattie. Nel 1926 nacque l’Opera nazionale balilla, per la riorganizzazione della gioventù; nel 1928 fu la volta dell’Eiar, ente italiano audizioni radiofoniche (la futura Rai). Si pose poi fine alla questione romana con la stesura dei patti lateranensi (11 febbraio 1929). Nel 1934 ci fu la guerra d’Etiopia e il primo avvicinamento alla Germania nazionalsocialista. E ancora, nel 1937 venne inaugurata Cinecittà, la città italiana della cinematografia. L’intervento del Duce sulla vita sociopolitica del paese fu vasto e profondo”.
Insomma, il meglio che si potesse fare. Nessun cenno alle violenze, alla soppressione della democrazia, alla tirannide, alla corruzione, alle menzogne, alle pagliacciate, alla miseria, agli scempi, alle leggi razziali, al bellicismo, alla tragedia del secondo conflitto mondiale. Che anzi viene presentata come un incidente di percorso. Quello del Gran Consiglio e del re fu naturalmente “un tradimento: “Con un inganno egli venne arrestato e portato in esilio”. La Repubblica di Salò, che “con i famosi 18 punti di Verona aveva come perno la socializzazione delle imprese nonché i diritti e la tutela dei lavoratori”, rappresentò “l’ultima trincea” dell’indomito combattente. Le stragi, le fucilazioni, il carcere, la fame, i bombardamenti, le deportazioni? Perché parlarne? Nessun cenno nemmeno alla fuga travestito da tedesco. I partigiani, cattivoni, lo uccidono, così, senza un perché, insieme con l’intrepida e innamorata Claretta Petacci. Vittime innocenti, senza macchia né paura. “I loro corpi furono esposti a testa in giù, a Milano, in piazzale Loreto, e gettati poi in pasto alla folla”. Ma “il Duce riposa oggi nella cappella di famiglia a Predappio”. Pronto a risorgere?
Vengono i brividi.
Marco Cianca