Dopo l’annuncio shock di Eni di mettere in discussione l’impianto strategico dell’industria chimica e della raffinazione in Italia, i sindacati chiedono un immediato incontro a Renzi. “Il gruppo non può lasciare il paese”
Martedì 29 luglio sarà sciopero per l’intera giornata dei lavoratori di tutte le aziende del Gruppo Eni (impianti di raffinazione, produzione e perforazione, impianti chimici e petrolchimici, sedi direzionali, depositi, uffici commerciali e amministrativi, aziende territoriali), oltre allo sciopero di due ore, da definire a livello locale, di tutti gli impianti di raffinazione sul territorio nazionale. Nella stessa giornata dello sciopero prevista una manifestazione nazionale a Roma (ore 15,00) davanti Montecitorio.
Queste le decisioni del coordinamento nazionale unitario Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil del gruppo Eni, riunitosi oggi a Roma alla presenza dei segretari generali Emilio Miceli, Sergio Gigli, Paolo Pirani, che motivano così la propria scelta: “L’annuncio shock dell’Eni di mettere in discussione l’intero impianto strategico della chimica e della raffinazione in Italia, comporta pesanti ricadute sull’intero sistema industriale e occupazionale nel nostro paese, facendo terra bruciata sull’industria italiana. Questo il Governo lo deve sapere, in primis il Presidente del Consiglio”.
“È evidente, proseguono Miceli, Gigli e Pirani, la profonda crisi in atto nel sistema della raffinazione italiana. Oltre alla chiusura di tre raffinerie, infatti, c’è la drammatica situazione di Gela, dove rischiano il lavoro più di 3500 persone tra dipendenti diretti e indotto, alla quale si aggiungono le posizioni recentemente rese note da Eni sul blocco di investimenti e sul ridimensionamento degli assetti industriali, occupazionali”
“Colpi di spugna – insistono i tre leader sindacali – su accordi e investimenti Eni già sottoscritti (Marghera, Gela, ecc.) sono inammissibili. Al governo – ricordano – abbiamo chiesto l’immediata convocazione di un tavolo negoziale: se – come sostengono al ministero dello Sviluppo Economico – la politica industriale richiede anche di rivalutare l’intervento pubblico nell’economia, allora il governo chiarisca se l’Eni risponde solo al mercato e alla Borsa o deve dar conto delle decisioni anche all’azionista di riferimento”.
“Se è vero, come è vero, che l’Italia ha bisogno degli investimenti e della presenza industriale di Eni, non possiamo assistere inerti – concludono i tre segretari generali – ad un grande gruppo che rischia di uscire dall’industria. Ci batteremo con tutte le nostre forze affinché ciò non avvenga: è per questo che abbiamo l’obbligo di tenere uniti tutti i lavoratori del gruppo”.