Il diritto ad andare in pensione di chi ha maturato 40 anni di contributi non è intangibile”. Ne è convinto il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino che in un’intervista a Repubblica sottolinea che l’Italia deve anche adeguarsi all’Europa.
“La questione dei 40 anni riguarda persone che hanno incominciato a lavorare all’età di 16 o 18, e che quindi aspira a ritirarsi a 56 o 58 anni. Qui i problemi sono due: il primo è di equità fra generazioni: stiamo lasciando ai nostri figli un sistema che consentirà loro di andare in pensione, se andrà bene, a 67 o 68 anni, con assegni nettamente inferiori rispetto ai nostri. Davvero vogliamo, oltre a questo, gravarli di un maggior debito pubblico per consentire ad alcuni di noi di ritirarsi prima dei 60 anni? Poi c’Š l’Europa”.
“In Germania – prosegue – e negli altri maggiori Paesi europei la possibilità di pensionamento senza requisiti di età anagrafica non è data a nessuno, eccetto lavori pesanti o usuranti. Non possiamo chiedere ai tedeschi di farsi carico della garanzia per il nostro debito pubblico finché‚ non abbiamo allineato i criteri del nostro welfare al loro”. (LF)