I sindacati americani sono decisamente entusiasti del nuovo ticket presidenziale democratico. E se già avevano ben accolto la sostituzione di Biden (che pure è sempre stato un loro beniamino) con Kamala Harris, sono andati letteralmente in estasi di fronte alla scelta di quest’ultima di indicare Tim Walz come suo vice. “Il governatore Walz non è solo un alleato del lavoro: è il nostro fratello sindacale, profondamente impegnato per un programma a favore dei lavoratori. E dunque il mondo del lavoro è unito nel sostenere il ticket Harris-Walz, pronto a guidare lo sforzo per sconfiggere Trump, Vance e il loro programma”, è il commento più diffuso.
Quello composto da Harris e Walz è un ‘’ticket storico’’, ha dichiarato Liz Shuler, presidente del potente sindacato AFL CIO, applaudendo per la scelta di un ‘’alleato del movimento operaio, un campione del lavoro che difenderà i lavoratori e rafforzerà questa presidenza’’. L’AFL CIO, vale la pena di ricordarlo, è una federazione di 60 diversi sindacati statunitensi che rappresenta circa 12 milioni e mezzo di lavoratori, e che oggi si dichiara ‘’orgogliosa’’ di avere ‘’uno dei nostri” come candidato. “Tim Walz sarà un vicepresidente che conosce in prima persona le sfide che i lavoratori americani e le nostre famiglie devono affrontare, e di cosa abbiamo bisogno per migliorare la nostra vita”, sottolinea Shuler nel comunicato ufficiale col quale annuncia l’endorsement del suo sindacato per Harris-Walz.
Anche il sindacato dei metalmeccanici, Uaw, si è schierato immediatamente a favore del ticket più di sinistra che gli Usa abbiano mai avuto: “Tim Walz non si limita a parlare, ma agisce. Dal suo impegno per la classe operaia americana, allo schierarsi con l’UAW sul nostro picchetto l’anno scorso, sappiamo da che parte sta”, ha commentato Shawn Fain, presidente del Uaw. I picchetti a cui si riferisce Fain sono quelli che nel settembre dello scorso anno avevano accompagnato la lotta dei lavoratori dell’auto. Una vertenza che nel Michigan aveva bloccato a lungo la produzione delle tre big americane, Gm, Ford e Stellantis, e che si era conclusa con la vittoria del sindacato. Ai picchetti tra l’altro, aveva preso parte anche Joe Biden, immortalato con il megafono in mano accanto alle tute blu, e perfino Donald Trump aveva voluto dare il suo appoggio: non particolarmente apprezzato dagli operai, va detto, che lo avevano accusato di opportunismo elettorale. Mentre il sostegno ai sindacati è stato un tratto distintivo di tutta la presidenza di Biden, e proprio l’appoggio dello Uaw, nelle presidenziali del 2020, aveva contribuito a fargli strappare il Michigan a Trump.
Anche questa volta le speranze di Trump di vincere le elezioni nel prossimo novembre si basano in gran parte sulla conquista del voto degli operai negli stati del Michigan, della Pennsylvania e del Wisconsin, ma l’endorsement dei sindacati per Walz rende l’impresa del repubblicano più complicata: a riprova di quanto pesino nella vita politica statunitense le organizzazioni dei lavoratori. Meno numerose come iscritti rispetto alle nostre (Cgil, Cisl e Uil, per dire, contano assieme circa 10 milioni di iscritti, ma su una popolazione complessiva che è cinque o sei volte inferiore a quella americana), e tuttavia ben più potenti politicamente, spesso decisive nell’orientare il voto. Il UAW, del resto – fondato nel 1935, quando da noi i sindacati erano fuori legge a causa del fascismo -ha avuto da sempre un ruolo di primo piano come corrente di sinistra del partito democratico americano, mettendo a segno conquiste fondamentali sulle pensioni e sui salari dei dipendenti dell’auto. Oggi conta 390 mila iscritti attivi e 600 mila pensionati, suddivisi in oltre 750 associazioni locali, che negoziano ben 2500 contratti collettivi in 1700 aziende industriali.
Ovviamente, gli entusiasmi più spinti per Walz arrivano dai sindacati del Minnesota, che con lui hanno avuto a che fare direttamente e che oggi affermano: “Il resto del paese sta per scoprire ciò che i lavoratori del Minnesota sanno da anni: Tim Walz è uno di noi, uno che combatte per i lavoratori come noi ogni singolo giorno”. Afl Cio e Uaw ricordano che “negli ultimi due anni, il governatore Walz ha collaborato con il movimento operaio del Minnesota per emanare uno dei programmi legislativi più pro-labor nella storia dello stato”.
“Grazie al nostro lavoro condiviso -spiegano i sindacati- gli abitanti del Minnesota hanno uno dei programmi di congedo familiare e medico retribuiti più progressivi della nazione, luoghi di lavoro più sicuri, più protezioni salariali, decine di migliaia di nuovi lavori di costruzione, libertà riproduttiva protetta dalla legge, scuole e servizi pubblici completamente finanziati, pasti scolastici nutrienti gratuiti per i bambini del nostro stato e, soprattutto, maggiore libertà di organizzare i sindacati nei loro luoghi di lavoro”.
Effettivamente, Walz si è dato molto da fare per rendere il Minnesota uno stato realmente “amico” dei lavoratori, emanando pacchetti legislativi tra i più progressisti di qualunque altro stato americano: dai congedi retribuiti per malattia al rafforzamento delle protezioni per gli addetti all’industria delle carni e per i dipendenti di Amazon, al rafforzamento della contrattazione collettiva dei sindacati degli insegnanti, al miglioramento delle condizioni di chi lavora nella sanità. Ma ha anche raggiunto uno storico accordo con Uber e Lyft (un’altra azienda simile di trasporto privato), con un aumento del 20% delle retribuzioni dei conducenti, sfidando la minaccia delle due aziende di abbandonare il Minnesota e ottenendo da loro l’ok a un accordo che adesso rappresenta un riferimento per questo tipo di servizi in tutto lo stato.
Walz ha, insomma, creato una sorta di ‘’gold standard’’ valido per tutti i governi che mirano a fare il bene dei lavoratori, osservano i sindacati, dimostrando nel contempo che una agenda ‘’pro -worker’’ può essere una agenda vincente, decisiva per battere Trump. Ma se sarà effettivamente così, lo scopriremo solo il 5 novembre.
Nunzia Penelope